STORIA (2)
Venerdì 10 novembre 2023
XII lezione, a cura di Silvia Nencetti
Come abbiamo visto nella scorsa lezione, gli Etruschi si svilupparono nel corso di un millennio, il primo a.C., dal I millennio a.C. fino all’89 a.C., nella zona tra l’Arno e il Tevere.
La Toscana etrusca non era esattamente uguale alla regione che conosciamo oggi: la copertura boschiva era maggiore (sia in pianura sia sui rilievi) e in parte le coste avevano un aspetto diverso.
Ad esempio, la Riserva naturale Diaccia Botrona in Maremma e in generale tutta la piana di Grosseto erano occupate da un lago durante l’età etrusca e romana: il bacino era aperto sul mare, era salmastro e piuttosto profondo, con alcuni isolotti (tra cui l’Isola Clodia, dove fu eretta una villa rustica romana), ed era formato dalla bocca dell’Ombrone, che determinò la sua sparizione depositando detriti e impaludando l’area (che è stata successivamente bonificata). Il lago, chiamato Prile, era oggetto delle mire incrociate delle due città etrusche di Vetulonia e Roselle, che si contendevano lo sfruttamento delle risorse naturali.
Un altro esempio è fornito dal promontorio di Piombino e dal Golfo di Baratti, dove si ergeva Populonia con la sua doppia cinta muraria; dietro di essa si estendeva un lago costiero, che forniva numerose risorse. Qui troviamo una necropoli etrusca di grande importanza: la Necropoli di San Cerbone (sopra, invece, vi è il sito della Necropoli delle Grotte) del VII sec. a.C. (periodo orientalizzante). Populonia è l’unica città etrusca ad essere stata costruita direttamente sul mare, mentre le altre sono arretrate nell’entroterra e hanno una piccola città satellite sulla costa; questo fu possibile perché la morfologia consentiva alla città di essere perfettamente protetta.
Un ultimo esempio è fornito dal Lago degli Idoli, sotto al Monte Falterona. Questo laghetto è stato protagonista di una clamorosa scoperta archeologica a metà dell’Ottocento: qui si trovava un santuario perché sono ritrovate centinaia di statuette, ma non era stata eretta alcuna architettura importante: il santuario era una semplice zona a cielo aperto, con un piccolo altare e un recinto, era un’area che gli etruschi consideravano sacra e dove svolgevano dei rituali. Le statuine di bronzo qui ritrovate erano doni votivi: gli etruschi li lasciavano nella zona sacra, di solito seppellendoli, per ringraziare per l’aiuto divino o per chiederlo. Per questo il lago è noto con il nome di Lago degli Idoli.
Il ritrovamento è avvenuto in modo completamente casuale: una pastorella portava le bestie nella zona, dove si trovava il lago, chiamato al tempo Ciliegeta; un giorno vi trovò una statuina che le pare strana e la portò al prete del paese vicino: essendo istruito, il parroco riconobbe che doveva essere un reperto archeologico perché raffigurava un Ercole… Così accorsero i ricercatori, che prosciugarono il lago e fecero scavi tutto intorno, trovando centinaia di statuette di epoche diverse, che non erano state lanciate dentro al lago, ma seppellite sulle rive. Tante statuette furono vendute a istituzioni estere, mentre quelle rimaste le troviamo al Museo Archeologico del Casentino. Di recente, una quindicina di anni fa, è stata realizzata una nuova campagna di scavo e i reperti trovati sono esposti al Museo di Dicomano.
Risorse naturali dell’Etruria
L’Etruria godeva di un territorio molto fertile e con altre pregevoli caratteristiche, con numerose risorse da sfruttare:
- Per l’agricoltura, il terreno era ottimo per la facilità di coltivare alcuni prodotti, in primo luogo vite e olivo, il cui olio era usato anche per lampade e profumi, oltre a cereali come il farro;
- Numerosi erano i giacimenti minerali (bronzo, rame, ferro): l’Elba e le colline metallifere hanno le risorse più importanti nel nord, mentre a sud si estendono i Monti della Tolfa, nel Lazio, sfruttati in particolare da Tarquinia e Cerveteri;
- Fiorente era il commercio di minerali e prodotti agricoli, soprattutto il vino.
Le famiglie etrusche più importanti erano quelle che possedevano la terra, che potevano sfruttare sia per l’agricoltura sia per le risorse minerarie. In particolare, nel V sec. a.C., quando vi fu una crisi dei commerci e, di conseguenza, della borghesia di mercanti e artigiani, queste famiglie riemersero come le più importanti e in effetti, dopo la crisi, l’Etruria ebbe un nuovo sviluppo.
Le grandi ricchezze finivano, però, sempre nelle tombe! Gli studiosi sono concordi nell’affermare che alcuni dei motivi sono da rintracciare nel rito religioso e nella volontà di mostrare lo status sociale del defunto, ma un’altra ragione era che seppellire le ricchezze era un modo per tesorizzare: gli etruschi non investivano, ma depositavano nelle tombe. Perciò, secondo alcuni studiosi questa è una delle ragioni della crisi della civiltà etrusca, che conservava rigidamente i propri tesori.
Nel VI secolo a.C. il Mar Tirreno era così frequentato dalle navi etrusche che gli autori antichi parlano di una vera e propria talassocrazia da parte degli etruschi, anche se il loro popolo non ha mai avuto alcuna velleità espansiva.
Altre testimonianze molto interessanti sono fornite dall’archeologia subacquea, tra cui importanti e famosi reperti sono stati rinvenuti nel Golfo del Leone in Provenza. Alcuni dei relitti ci mostrano un quadro diverso da quello raccontato dagli autori antichi: forse la ciurma poteva essere composta da vettori di civiltà diverse: ad esempio, una nave aveva un carico di vasi etruschi, ma utilizzava lucerne fenice per l’arredamento.
Insieme al vino e all’olio, gli etruschi esportavano le ceramiche per il loro uso; in particolare erano molto richiesti alcuni vasi, chiamati kantharos (coppa da vino) in bucchero, tipica ceramica etrusca di colore nero intenso. Il loro ritrovamento su tutte le coste del Mar Mediterraneo ci indica che gli etruschi erano arrivati ovunque!
In Italia la viticoltura fu introdotta dagli Etruschi, i quali a loro volta l’avevano imparata dai Greci, e, infatti, da loro importarono i vitigni domestici. Solo successivamente cominciarono una domesticazione di vitigni locali, che erano più resistenti ma meno buoni perché quelli greci erano già selezionati. Analizzando il DNA dei vitigni (es. il Sangiovese) è emersa un’affinità genetica con altri, ad esempio quelli del sud Italia, della Magna Grecia. Sarebbe puramente autoctono un vitigno chiamato Bonamico, oggi coltivato sulle colline pisane e nel Chianti.
Come coltivavano gli Etruschi? Attraverso la vite maritata: la vite cresceva su un altro alberello, quindi su un sostegno vivo. Ciò garantisce alcuni vantaggi: in un piccolo appezzamento viene coltivato sia un albero (anche da frutto o per il foraggio o il legno) sia la vite; inoltre, l’uva è alzata da terra e gli animali possono pascolare sotto; infine, la vite sarebbe più resistente alle gelate. Al contrario, il vantaggio del filare, su sostegno morto, risiede soprattutto nella maggiore produzione e in una raccolta più agevole. I romani inizialmente coltivarono la vite come gli etruschi, ma poi preferirono il metodo più produttivo; invece, in Grecia la vite è sempre stata coltivata su sostegno morto. Ancora oggi abbiamo alcuni esempi di vite maritata, soprattutto in Padania e in Campania, che infatti erano colonie etrusche.
Nel vino aggiungevano l’acqua: il cratere è il tipico vaso dei banchetti, dalla forma ampia per mescere il vino. Cosa altro aggiungevano? Ad esempio, la ricetta del kykeiòn, menzionato da Omero nell’Iliade, prevedeva che il vino fosse arricchito con farina bianca e formaggio di capra. Non a caso, nei corredi funebri troviamo una parte dedicata al vino, con tanto di grattugia e colino!
La diversa morfologia dell’Etruria ha determinato anche una differenza nelle tombe: a nord esse sono tutte costruite, mentre a sud tendono ad essere scolpite, perché la roccia tufacea, molto presente in queste zone, è facile da scavare. Perciò, il medesimo tipo di architettura funeraria, come le tombe a edicola, è costruito a San Cerbone ed è scolpito a Sovana. Qui si estende, inoltre, il cosiddetto Distretto delle vie cave, che sono un’infrastruttura etrusca tipica del territorio tufaceo. Esse servivano per raggiungere con il minor dislivello possibile la sommità dei pianori, dove spesso si trovavano le città. Le vie cave furono sempre utilizzate nel corso dei secoli: il loro livello di calpestio si è pian piano abbassato, perché i carri scavavano solchi che dovevano essere livellati. Se adesso le visitiamo, infatti, troviamo le tome etrusche piuttosto in alto! La regione delle necropoli rupestri è parte del Parco Archeologico Città del Tufo.
In una tomba di Sovana sono state rinvenute due statue di 3 secoli più recenti: si tratta di due statue in piombo molto particolari, perché di solito non sono parte di un corredo funebre. Quindi perché si trovavano lì? Alcuni etruschi hanno aperto la tomba tre secoli dopo la sua chiusura e ve le hanno introdotte. Osservando le due figure notiamo che hanno le mani dietro: sono due prigionieri! I loro nomi ci indicano che erano due aristocratici, un uomo e una donna. Il piombo ha una valenza spirituale: è associato alle divinità dell’oltretomba e alle maledizioni. Probabilmente siamo di fronte ad un esempio di una pratica di magia nera contro due personaggi ben identificabili, che sono stati puniti simbolicamente. Ovviamente la tomba è un buon posto per fare un maleficio… Adesso le due statue sono conservate nel Museo di Sovana.
IMMAGINI
- https://maremma-toscana.com/natura/riserva-naturale-diaccia-botrona/
- https://artsupp.com/it/artisti/anonimo/kantharos-in-bucchero-etrusco
- https://atlas.landscapefor.eu/category/museo-natura/poi/12333-ecomuseo-terra-felix/8425-vite-maritata-al-pioppo-o-alberata-aversana/
- https://www.guadoalmelo.it/gli-etruschi-e-il-vino-iv-il-vino-nella-vita-sociale-e-religiosa/
- https://www.tuttomaremma.com/viecave.htm
LEGGI ANCHE …