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VILLA GAMBA E PARCO DEL NETO

Una scoperta tra storia e natura

Facciata della villa vista dal parco.

Villa Gamba e l’adiacente Parco del Neto sono luoghi spesso sconosciuti per chi non abita a Sesto Fiorentino o a Calenzano e (ho il sospetto) anche alla maggioranza dei locali. Per me che vivo a Firenze è stata necessaria una passeggiata organizzata dalla Pro Loco di Sesto per scoprirli e sono rimasta sorpresa dalla storia che è passata in questi luoghi (basti pensare a Byron e al suo intreccio con la famiglia Gamba, a me del tutto ignota). Si tratta di due posti caratteristici: occorrono un po’ di informazioni in più per poterli davvero apprezzare e ammirare; bisogna dedicarvi qualche tempo e qualche ricerca per goderne appieno. Il parco appare come uno tra tanti e la villa, privata, passa quasi inosservata… E invece…

Ecco quindi alcune mie scoperte, che possono aiutare a valorizzarli.

Facciata di Villa Gamba: pietre e intonaco bianco; davanti un giardino all'italiana.

VILLA GAMBA

Per conoscere questa magnifica e particolare residenza, occorre in primo luogo parlare di una grande protagonista della storia della famiglia: Teresa Gamba Ghiselli. Nata a cavallo tra ’700 e ‘800 a Ravenna, ebbe un’educazione “forte”, molto simile a quella degli uomini del tempo; nessun dubbio che fu proprio questa istruzione elevata a condizionarne il carattere e le scelte di vita… Nel 1818 Teresa sposò il conte Alessandro Guiccioli, ricco libertino ultrasessantenne, con cui trascorse l’inverno 1818-19 a Venezia. Fu qui che incontrò per la prima volta Byron, poeta già di gran fama: i due furono presentati nel salotto della contessa Marina Querini Benzone e per entrambi fu un vero colpo di fulmine.

[Byron si legò inoltre al fratello di Teresa, Pietro Gamba; fu lui, insieme con la contessa, ad avvicinarlo alla causa e alla cultura italiane, fino a spingerlo a iscriversi alla carboneria, cui fornì notevoli aiuti in denaro e armi. Per questo motivo divenne inviso al governo, pur rimanendo intoccabile grazie alla sua qualità di lord inglese.]

La rocambolesca relazione tra Teresa e Byron durò molti anni, tra alti e bassi, finché il conte Guiccioli non si separò dalla moglie. Per sfuggire alle minacce del marito, Teresa raggiunse il padre a Firenze dove era esule col figlio Ippolito poiché coinvolti nei moti del 1821 . Byron, raggiunto da Percy e Mary Shelley, partì con Teresa verso Pisa, dove i Gamba si erano trasferiti. Trascorsero poi un periodo a Livorno, ed infine a Genova. Nel 1823 Byron e Pietro Gamba partirono per la Grecia, aderendo ai moti rivoluzionari.

Rimasta sola, Teresa tentò prima una riconciliazione con il marito, dal quale però si separò definitivamente nel 1826, e poi, nel 1847, sposò Hilaire-Octave Rouillé marchese di Boissy, ricchissimo ed eccentrico pari di Francia e senatore. A Parigi Teresa tenne uno dei salotti letterari più frequentati della città. Rimasta vedova nel 1866, si ritirò nella villa acquistata per lei dal Boissy a Settimello di Calenzano, dove mori il 27 marzo 1873.

Eccoci dunque a tirare le fila di questa digressione: il marchese di Boissy aveva acquistato per la moglie quella che è adesso chiamata Villa Gamba e il parco; nel 1852-53 li ristrutturò completamente, piantando nuovi alberi, distanziando l’edificio dalla strada con la costruzione di un giardino di 40 metri e un sottopasso per accedere direttamente al parco (dove ora c’è la strada). Vi erano inoltre le scuderie e i due viali principali: uno di tigli e uno di platani, che costituiva l’accesso carrabile alla villa per coloro che giungevano in carrozza. La struttura stessa della villa risente dell’intervento di Boissy: si tratta infatti di una costruzione non tipica, un ibrido tra tradizione toscana e francese.

Interno della villa: un salotto con un dipinto di un castello francese.
Uno dei due dipinti di castelli francesi
nella sala ricavata al piano terreno
Album di foto in bianco e nero aperto su un tavolo.
Alcune delle foto rimaste
Soffitto con decorazioni alla greca e fiori, bianco e ocra.
Lo splendido soffitto

Teresa Gamba lasciò la villa, i preziosi carteggi, i ritratti e le memorie, al pronipote ex fratre Carlo, che aveva allora due anni e mezzo. Nell’archivio, oltre le 149 lettere autografe di Byron, sono conservate le corrispondenze con molti altri illustri personaggi, l’originale delle sue memorie, infinitamente più completo e sincero della versione (Lord Byronjugé par les témoins de sa vie) pubblicata a Parigi nel 1868. Carlo Gamba fu inoltre detentore di una collezione di quadri e sculture, che vennero però vendute all’asta per ragioni ereditarie: una parte è confluita nel Museo Bardini, una nel Museo Horne e una in mano a privati. Fu venduta all’asta anche una lettera scritta da Teresa, in cui ella confuta le malelingue su Byron: il poeta frequentò molte donne, ma mai più di una alla volta. I figurini di moda si trovano, invece, alla Marucelliana. Quelli dell’epoca di Teresa confluirono in una mostra, tenutasi a Ravenna e dedicata a lei e a Byron; in essa fu esposto anche un pezzetto di pelle del poeta, conservato dall’amante dopo che si era scottato.

La villa è ora divisa in diversi appartamenti: al piano terreno, che prima era un unico salone, sono presenti due case. Una di esse è ancora abitata da un’erede della famiglia Gamba, Agnese Cini, la quale ci ha accolti nella sua cucina, mostrando foto della famiglia riunita più di un secolo fa e quelle di una recita con un giovane Paolo Poli. Ci ha raccontato poi l’aneddoto di sua nonna, Elena, che durante la seconda guerra mondiale abitava nella villa di Ravenna e suonava al pianoforte con il colonnello dei tedeschi che occupavano quei territori; una delle sere, egli, in nome della comune passione per la musica, le confidò che dopo trenta minuti la villa sarebbe saltata in aria. Elena Gamba ringraziò dell’informazione e rispose che avrebbero evacuato, ma non prima di finire il pezzo. In effetti, poi, la villa fu fatta esplodere: ne rimane solo lo scalone.

I tre fratelli eredi Gamba si divisero le tre ville a Ravenna, Livorno e Calenzano. Quella che noi abbiamo visitato è quindi passata attraverso le diverse generazioni ed è ora visitabile solo in occasione di aperture al pubblico e visite guidate.

Parco con un fiumiciattolo e un ponticello di legno.

PARCO DEL NETO

Fu impiantato nel 1852 dal Marchese De Boissy: fino ad allora era stato in parte dedicato all’agricoltura ed in parte lasciato incolto, probabilmente anche a causa del ristagno di acqua. Il toponimo “neto” (canneto) descrive proprio questa situazione. La presenza costante dell’acqua, persino in estate, è di centrale importanza poiché nella zona non sono presenti altre fonti: vediamo i due laghi sorgivi (uno a forma di airone e fiancheggiato da un albero monumentale, una Farnia) che alimentano i torrenti della piana di Sesto e che fungevano da irrigazione dei terreni agricoli circostanti.

Non abbiamo il progetto di Boissy, ma doveva senza dubbio trattarsi di un giardino all’inglese, ispirato alla tradizione romantica: il collegamento sotterraneo con la villa, gli alberi di grandi dimensioni, isolati o a macchia, i corsi d’acqua tortuosi e serpeggianti, una fitta cortina di alberi lungo i confini per delimitare il tutto.

Radici che spuntano dal terreno.
Pneumatofori del Taxodium
Pneumatofori dell'albero Taxodium.

Il parco passò poi alla famiglia Gamba, a cui si deve probabilmente l’introduzione del Taxodium, l’albero più spettacolare e prezioso che troviamo nel giardino. Raro nei parchi italiani, è chiamato con nomi diversi: “Cipresso Calvo”, poiché d’inverno perde non solo le foglie ma anche i rametti, “Cipresso di palude”, per la sua predilezione per gli ambienti umidi, “Albero della Virginia”, in quanto tipico di questa zona dell’America, ma anche “Albero delle meraviglie”.

Alto più di 50 metri, longevo oltre i 1000 anni e adattabile in molti climi diversi, mostra una straordinaria varietà di colori in autunno: dal giallo al rosso al bruno scuro. La caratteristica più interessante del Taxodium è quella di rendere il terreno sottostante irto di punte legnose: i “pneumatofori” servono ad ossigenare le radici immerse nella palude.

Il parco, divenuto maneggio, ha subito negli ultimi 20/30 anni un grave stato di abbandonoin seguito alla chiusura dell’attività. L’acquisto da parte dei Comuni di Sesto Fiorentino e Calenzano ha riaperto il parco, ma ne ha anche stravolto la biodiversità: l’introduzione di specie alloctone come le tartarughe con la guancia rossa americane e le anatre ha comportato la perdita di animali e piante che prima abitavano il parco (sono, ad esempio, scomparse le ninfee).

Villa Gamba e il Parco del Neto sono luoghi da visitare con attenzione e consapevolezza, una ricchezza che dovremmo preservare e approfondire con coscienza. Solo in questo modo possiamo godere di piccole perle nella nostra realtà cittadina… perché spesso non è necessario andare lontano per immergersi nella natura o scoprire pezzi di storia.

Calendario.

QUANDO?
Sicuramente in autunno, momento nel quale il Taxodium esplode nei suoi diversi colori. Altrimenti in primavera o in estate.

GPS.

DOVE?
Parco del Neto: via Vittorio Emanuele, 50041 Calenzano (Firenze).

Vignetta con  punto interrogativo.

INFORMAZIONI
Pro Loco di Sesto Fiorentino;
– Teresa Gamba Ghiselli sull’Enciclopedia Treccani.



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