Sulle tracce spettacolari di un’antichità spesso ignota
Ogni anno Sesto Fiorentino (a quanto pare) dedica alcune giornate alla scoperta degli Etruschi e delle tracce che hanno lasciate sul territorio della piana… Dico “a quanto pare” perché purtroppo fino a quest’anno avevo totalmente ignorato tali iniziative; a metà settembre 2020, invece, ho aderito a due splendide visite guidate alle tombe etrusche nella periferia di Sesto: tutto parte del mio proposito di scoprire e valorizzare i dintorni di Firenze. Anche per questa giornata la Proloco di Sesto è stata in prima linea, fornendo volontari come guide e organizzatori, insieme con la Racchetta Onlus.
Sabato 19 settembre ho quindi dedicato la mattina alla visita prima della Tomba della Montagnola, poi di quella della Mula, passando di fronte ai resti di un terzo tumulo all’interno del parco di Villa Solaria, purtroppo trasformato in laghetto e di cui rimangono solo alcune pietre.
TOMBA DELLA MONTAGNOLA
Con i suoi 6 metri di diametro interno e 150 di circonferenza è una delle tombe etrusche meglio conservate: fin dal primo momento, dai passi che muoviamo verso l’imponente cumulo di terra, entriamo in un’atmosfera fuori dal tempo. È il fascino dato dal fatto che si presenta inalterata rispetto alla sua costruzione, collocata dagli studiosi nell’età orientalizzante (625 a.C.).
Fu scoperta nel 1959 dal Soprintendente Giacomo Caputo; prima di essa erano state ritrovate altre tombe, come quella all’interno della proprietà di Villa Solaria o la necropoli di tombe a pozzetto nella zona di Palastreto, poco distante. Queste ultime erano luoghi di sepoltura per i più poveri; gli smottamenti del terreno non ne hanno favorito la conservazione. Altre tombe si trovano anche a Prato, ma la Montagnola è l’unica a tholos rimasta pressoché inalterata e visitabile all’interno. Quando fu rinvenuta, il terreno sopra la “cupola” era coperto dalla vegetazione: nel Sette-ottocento era stato creato un boschetto, utilizzato come vedetta per la caccia e come sala da tè all’aperto per un momento di relax. Una volta eliminata la vegetazione, la tomba fu riportata al suo aspetto originario.
Di fronte all’ingresso è stata ritrovata un’altra tomba, che però ha la struttura a cassa e che è probabilmente antecedente alla Montagnola: scavata nel terreno, è più semplice, con un dromos, camere e vasi cinerari; su una parete si può ancora scorgere un graffito raffigurante un uomo stilizzato e un animale. Tale scelta di soggetti mostra in modo evidente due degli elementi più importanti nella cultura etrusca: la natura e il culto dei morti.
La struttura della tomba della Montagnola è maestosa: il suo intero perimetro è segnato da lastre di alberese e arenaria, fondamentali per reggere il terreno. L’intera tomba è composta da queste pietre (tenute insieme da zeppe dello stesso materiale), provenienti da Monte Morello: già questo fornisce un’importante informazione sulla grandiosità della tomba e la ricchezza della famiglia che qui vi era sepolta.
Il dromos esterno si allunga tra due pareti di roccia fino ad arrivare una porta architravata, da cui si accede al dromos interno. Qui si aprono due camere laterali, dove erano conservati gli oggetti appartenuti ai defunti. Tra di essi, è stata scoperta la gamba in avorio di una sella curulis: questo sgabello aveva una valenza politica, simboleggiando l’appartenenza ad un re di una città stato.
Le pareti erano dipinte di rosso e coperte di graffiti con la scrittura degli Etruschi e disegni di soggetti naturali. Sono riportati i nomi dei defunti, ma anche la frase “Nina nula”, ovvero un’onomatopea per “ninna nanna”. Non a caso all’interno della tomba è stato ritrovato un vaso contenenti le ceneri di un bambino.
Arriviamo all’ambiente principale: la tholos, costruita con una tecnica aggettante. Ogni lastrone è appoggiato sul sottostante solo per metà; è il peso del terreno sopra di essi che li pressa e permette alla struttura di reggere. Si tratta, quindi, di una finta cupola perché non vi è alcuna chiave di volta; lo stesso pilastro centrale, enorme, non ha alcuna funzione portante, ma solo ornamentale. Anch’esso doveva essere di colore rosso e sono stati scoperti fori di chiodi: qui erano attaccati gli oggetti quotidiani. Infine, a lato, vediamo un grosso masso, sul quale erano svolte le funzioni per i sacrifici agli dei.
TOMBA DELLA MULA
Poco distante dalla Montagnola, la tomba della Mula prende il nome dalla “villa della Mula”, che si trova in una posizione privilegiata su una collinetta artificiale (di circa 70 metri di diametro): un luogo così ideale e strategico per il dominio che offre sulla pianura circostante che fu utilizzato fin dal Medioevo per edificarvi una torre. Il nome “Mula” è infatti antico: si ritrova in diversi documenti dei primi secoli d.C. ed è probabilmente legato ad una potente famiglia della zona.
Nel XII secolo, i proprietari della casa-torre scavarono per l’approvvigionamento dell’acqua del pozzo nel cortile interno e trovarono la tomba; ancora oggi la villa si struttura intorno a questo spazio e si può vedere l’apertura che corrisponde, in basso, al lucernario della tholos. Nei secoli fu trasformata in cantina: sono ancora visibili gli spazi per le botti; nessun pilastro divide più l’ambiente e la finta cupola è autoportante. Con un’altezza di 5,60 m. di altezza e i 9 m. di diametro è più grande e imponente rispetto alla Montagnola (alta 5,15 m.); si tratta, in realtà, della tomba di maggiori dimensioni dell’intera Etruria.
Entriamo attraverso una serie di corridoi non illuminati: sono i volontari ad aver montato un sistema di luci per l’accesso dei visitatori… L’atmosfera è davvero suggestiva. Entriamo dalla porta architravata in cui si legge l’anno della riscoperta del passaggio (1484) e la firma di chi ne fu l’autore (Domenico). Prima dell’apertura delle scale e dello stretto corridoio, si accedeva alla tomba/cantina calando una scala a pioli dall’apertura sul soffitto della cupola, direttamente dal cortile.
Alla fine dell’Ottocento il luogo divenne ghiacciaia comunale: qui erano conservate in particolare le carni da macello.
“A quando risale la tomba?” chiediamo alla nostra guida. La datazione è incerta, oscillando tra il 650 e il 630 a.C. Sembrerebbe, quindi, di poco antecedente rispetto alla Montagnola: di sicuro entrambe risalgono al periodo etrusco orientalizzante. Alla Mula, infatti, sono stati rinvenuti oggetti quali un vasetto con una scritta egiziana augurante buon capodanno, frammenti di armi in ferro, lamine d’oro, gusci di uova di struzzo istoriati, elementi di avorio decorati a tutto tondo, a rilievo, a incisione. Un corredo che esprimeva grande ricchezza: oggetti in ambra e vetro, un orecchino d’oro proveniente da Rodi, flaconi di alabastro egiziani imitati in bucchero come boccette per i profumi. Dove sono ora tutti questi reperti? Sono conservati ed esposti a Villa Corsini, poco distante.
Purtroppo il dromos non è stato scavato poiché la proprietà privata non lo ha consentito. Tuttavia, anche in questo modo, o forse proprio per questa sua caratteristica così particolare, la tomba è ricca di fascino.
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