all’Istituto degli Innocenti a Firenze
Domenica 17 marzo 2024
27 ottobre 2023 – 7 aprile 2024 – Durata della visita: 2h
Dalla sua apertura sono stata a lungo combattuta se andare o no a vedere questa mostra… Poi mia mamma ha “tagliato la testa al toro” e tra i suoi regali di Natale ha aggiunto un ingresso gratuito.
Così, ho fissato con Costanza, collega e amica, per il nostro appuntamento culturale quasi mensile e abbiamo visitato insieme l’esposizione, che mi ha fatto apprezzare un artista che conoscevo solo superficialmente…
L’Istituto degli Innocenti ospita un museo permanente e realizza periodicamente mostre su artisti, solitamente moderni o contemporanei, come nel caso di Alphonse Mucha.
Passata la biglietteria (il costo d’ingresso non è affatto economico, ma vale la pena per la quantità delle opere esposte e per la loro particolarità), ci muniamo di audioguida, che possiamo scaricare sul nostro cellulare oppure prendere in forma fisica e auricolari.
LA MOSTRA
Il corridoio di accesso è già di per sé un vero spettacolo: ci immerge in un’atmosfera magica, tra luci rampicanti che creano un pergolato incredibile e suggestivo, racchiuso tra mura di un colore caldo e aranciato. Al termine di questo spazio troviamo i pannelli introduttivi redatti da tre dei principali fautori della mostra: la Fondazione Mucha, capitanata dall’attuale presidente, John Mucha, nipote dell’artista, l’Istituto degli Innocenti, nella figura della presidente Maria Grazia Giuffrida, e il Comune di Firenze, per il quale ha scritto qualche riga Alessia Bettini, Vicesindaca e Assessora alla Cultura.
Le circa duecento opere esposte sono in prevalenza provenienti proprio dalla Fondazione Mucha, nata nel 1992 con l’obiettivo di conservare e promuovere il lavoro di Alphone Mucha e che è stata lieta di allestire una mostra a Firenze, dato che l’artista aveva viaggiato in questa città e ne era rimasto molto colpito, tanto da scrivere al proprio mecenate “Mai in futuro potrà scemare in me l’impressione avuta dalla cupola del Duomo, sia esternamente che all’interno”.
Mucha è uno dei più celebri esponenti dell’Art Nouveau, autore di opere decorative come le splendide locandine realizzate per Sarah Bernhardt e quelle commerciali del periodo parigino. Tuttavia, non possiamo ignorare la sua attenzione patriottica verso la Repubblica Ceca e i suoi interessi verso lo spiritualismo e la massoneria. Mucha concepiva l’arte non come mero ornamento ma come strumento per promuovere cultura, ispirare un mondo migliore e una vita di pace e armonia; per questo, essa doveva essere accessibile al grande pubblico.
Il percorso si struttura seguendo una linea temporale e tematica, mostrando come “lo stile di Mucha” si componga di opere, illustrazioni, poster teatrali e pubblicitari, un’arte influenzata dai Preraffaelliti, dalle xilografie giapponesi, dalla natura, dalle decorazioni bizantine e da quelle slave.
Uno dei temi ricorrenti è sicuramente la rappresentazione della donna, che è raffigurata in modo nuovo, intrepida e libera, che rivendica una nuova dignità nel mondo contemporaneo. Le figure femminili sono belle, voluttuose e sensuali, ma al tempo stesso innocenti, agli antipodi rispetto alla donna decadente e pericolosa fulcro dell’arte della fine dell’Ottocento.
Alphonse Mucha
Entrati nella prima sala siamo subito accolti da un breve video che riassume la vita di Alphonse Mucha, le sue opere principali e i maggiori committenti. Si tratta di un sunto dei pannelli esplicativi subito alla nostra sinistra, che mostrano graficamente le date principali della biografia dell’artista, a partire dalla nascita, nel 1860 a Ivančice nella Moravia meridionale sotto l’amministrazione austriaca.
L’occupazione prussiana dopo la sconfitta del 1866 segnò profondamente l’artista, che sarà caratterizzato da un notevole patriottismo. Nel 1878 la candidatura all’Accademia delle Belle Arti di Praga fu respinta e partecipò a spettacoli teatrali amatoriali come attore, regista e decoratore, oltre ad eseguire illustrazioni per riviste satiriche locali. L’anno seguente iniziò a lavorare come apprendista scenografo a Vienna, ma fu licenziato nel 1881 in seguito ad un incendio del principale cliente della ditta.
La prima svolta della carriera di Mucha avvenne nel 1883, quando conobbe il conte Eduard Khuen-Belasi, che gli affidò la decorazione del castello di Emmahof e poi per quello di Ganda, nel Tirolo. Grazie alla sua protezione (e finanziamento), l’artista poté visitare l’Italia nel 1885, passando anche da Firenze, e in autunno iniziò gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Monaco, per poi trasferirsi all’Académie di Parigi nel 1887.
Terminato il sostegno finanziario del conte, nel 1889 Mucha lavorava come illustratore per alcune case editrici di Parigi e Praga; l’anno seguente, si unì alla cerchia di artisti che si riunivano alla Crèmerie di Madame Charlotte Caron, al numero 13 di rue de la Grande-Chaumière, dove conobbe anche Paul Gauguin.
Nel 1891 lavorava per l’editore parigino Armand Colin che gli commissiona le illustrazioni per Scènes et episodes de l’Histoire d’Allemagne di Charles Seignobos. Negli anni Novanta iniziò anche a dare lezioni di disegno e ad utilizzare la macchina fotografica, coltivando nel frattempo l’amicizia con Gauguin.
Un’altra svolta epocale nella carriera di Mucha è rappresentata dal manifesto teatrale che realizzò per la celebre attrice Sarah Bernhardt nel 1894. Iniziò così una stagione molto fiorente per l’artista, diviso tra pubblicità, rappresentazioni teatrali, illustrazioni di prodotti commerciali e un nuovo interesse per il misticismo e l’occultismo, a cui venne introdotto dal drammaturgo svedese August Strindberg.
Entrato a far parte del Salon des Cent, un gruppo di artisti supportati dalla rivista La Plume, inaugurò nel 1897 la prima mostra personale e nel 1899 il governo austro-ungarico gli commissionò una serie di lavori per l’Esposizione universale di Parigi del 1900 tra cui la decorazione del padiglione della Bosnia-Erzegovina, per il quale vinse la medaglia d’argento.
All’inizio del Novecento Mucha iniziò a viaggiare negli Stati Uniti, dove dipingeva ritratti per l’alta società, insegnava a New York, Chicago e Philadelphia e intesseva importanti amicizie, come quella con Charles Richard Crane, futuro finanziatore del progetto dell’Epopea slava.
A New York decorò il nuovo edificio del German Theatre (1908) e a Praga quello del Municipio (1910); terminato quest’ultimo lavoro si trasferì con la moglie, Marie (Maruska) Chytilová, e con la figlia di un anno, Jaroslava (il secondogenito, Jir, nascerà nel 1915), presso il castello di Zbiroh, nella Boemia occidentale, per dedicarsi all’Epopea slava, un’opera che prevedeva un ciclo di enormi tele, completato solo nel 1928.
Nel 1918, con l’istituzione dello Stato indipendente della Cecoslovacchia, disegnò i suoi francobolli e le sue nuove banconote. L’anno seguente, si annovera tra i soci fondatori della prima loggia massonica di lingua ceca, la Jan Amos Komensky, a Praga.
Negli anni Venti e Trenta il successo di Mucha divenne enorme e ancora più internazionale, con esposizioni in musei e palazzi prestigiosi, retrospettive, copertine di riviste… Nel marzo 1939, però, la Germania invase la Cecoslovacchia e l’artista fu tra i primi ad essere arrestati e interrogati dalla Gestapo per le attività massoniche. Pur rilasciato dopo alcuni giorni, la sua salute è ormai compromesso, tanto da morire a Praga il 14 luglio.
Dopo questa infarinatura generale sulla vita dell’artista, possiamo apprezzare meglio le numerose opere esposte, raggruppate secondo un ordine temporale e tematico.
I MANIFESTI PER SARAH BERNHARDT
Celeberrima attrice parigina, Sarah Bernhardt è colei alla quale dobbiamo la nascita di quello che è noto come “lo stile Mucha”. Fu lei, infatti, a commissionargli alla fine del 1894 il manifesto di promozione della commedia teatrale Gismonda.
Illustratore solo di libri, l’artista era ancora inesperto nella realizzazione di manifesti pubblicitari, ma la sua creazione colpì la grande attrice per l’originalità e la composizione a grandezza naturale, in un formato insolitamente alto, caratterizzato da contorni fluidi ed eleganti, con colori pastello.
Il giorno di Capodanno del 1895 il manifesto fu affisso e mandò in estasi il pubblico, con un successo tale da spingere la Bernhardt a proporgli un contratto in esclusiva di sei anni, sia come disegnatore sia in qualità di direttore artistico per le opere da lei interpretate e prodotte. Mucha realizzò costumi, gioielli e scenografie (come l’allestimento teatrale di Les Amants del 1895), oltre a sei affiche che ritraggono la Diva e che definiscono “lo stile Mucha”, con le caratteristiche ricorrenti che diventeranno elementi chiave dell’Art Nouveau.
Scorrendo la sequenza dei vari manifesti, dalla Gismonda (1894) alla Medea (1898), da La Samaritaine (1897) a La Dame aux Camélias (1896), emerge la straordinaria capacità di Mucha di ritrarre l’anima dei personaggi che Sarah doveva interpretare. Assolutamente da non perdere sono gli studi per il manifesto della Medea, splendidi disegni a matita su carta, in cui osserviamo sia la posizione del corpo che cade senza vita sul titolo sia l’espressione della protagonista, che possiamo confrontare con l’opera finita, cogliendone le notevoli differenze.
A questi grandi manifesti segue una sezione dedicata ad altre illustrazioni: splendido è il poster che raffigura Sarah Bernhardt nel ruolo della Princesse Lointaine (1897), affiancato da un applique a muro della medesima figura, realizzato da Adolphe Armand Truffier “alla maniera di Mucha”.
Accanto, oltre al volume illustrato Ilsée, Princesse de Tripoli (1897), alla copertina della rivista Le Stampe Moderne (1897) e a quella della rivista La Plume (1897), osserviamo una serie di tre litografie a colori realizzate per la ventesima esposizione del Salon des Cent (1896).
CULTURA BRETONE
L’arte per Mucha non è solo uno strumento pubblicitario e illustrativo, ma anche il mezzo con cui trasmettere l’identità culturale e ideologica di un popolo. Ciò è fortemente connesso al sentire patriottico dell’artista, che spesso si ritrae con indosso la camicia ricamata della tradizione nazionale slava, come nell’Autoritratto in camicia slava nell’atelier di rue de la Grande Chaumière, Parigi (1892 circa). Non a caso, le opere di Mucha sono ricche di elementi della madrepatria, come vestiti slavi, motivi floreali e botanici ispirati all’arte e all’artigianato della Moravia, temi geometrici tipici delle chiese barocche ceche. Simboli e motivi ornamentali si evolvono e comunicano un messaggio di unione tra passato, presente e futuro.
Negli anni trascorsi in Francia, Mucha vede una profonda affinità tra la cultura popolare ceca e quella celtica, appassionandosi all’arte e alla tradizione bretone. I suoi viaggi in Bretagna sono frequenti e gli consentono di osservare da vicino questa cultura.
All’interno della mostra sono esposti alcuni schizzi e fotografie di paesaggi e della popolazione locale, degli stili decorativi e dei costumi popolari tipici della regione. Il folklore bretone è oggetto di interesse da parte di numerosi pittori, tra cui Paul Gauguin, amico di Mucha.
Davvero stupende sono le due litografie del 1902, con un tema floreale, l’erica (Erica delle scogliere) e il cardo (Cardo delle sabbie), e in cui la nostra attenzione è calamitata verso il costume e le bellissime decorazioni, un meraviglioso intrico che possiamo apprezzare ancora meglio se osserviamo le opere da vicino.
Nell’esposizione seguono una serie di quadretti, di cui il più significato è senza dubbio la Fanciulla bretone che raccoglie frutti di mare (1902 circa), realizzato in matita e acquarello su carta e capace di restituire all’osservatore non solo l’ambiente ma anche l’atmosfera marittima e quotidiana.
Le altre opere raffigurano il litorale roccioso della Bretagna, poderi, oratori e abitanti dei villaggi bretoni, oltre ad un albergo sulla costa.
OPERE DECORATIVE
Questa sezione più “realistica” della produzione di Mucha è alternata ad opere decorative, con la presenza angelica di donne dai ricchi ornamenti, come la Testa bizantina Bruna e quella Bionda (1897), nelle quali di copricapi si intrecciano con le ciocche dei capelli che sono anch’essi un meraviglioso elemento decorativo, tipico dello stile dell’artista.
Interessante è il Calendario con il giudizio di Paride per la tipografia Viellemard (1895), in cui la scena epica, luminosa e soave, è incastonata in una cornice più scura e ornata da tre maschere teatrali dalle bocche spalancate. Una delle mie opere preferite nell’intera mostra è sicuramente la seguente: Sogno a occhi aperti (1897), una litografia in cui la donna, con una corona di fiori, emerge da uno sfondo di ventagli finemente decorati, le vesti bucoliche e svolazzanti, con ancora una volta l’iconografia slava nella parte centrale.
Similmente bucoliche sono le prime due figure della serie de Le ore del giorno (1899): Éveil du matin ed Éclat du jour. In entrambe le litografie ci colpiscono le pieghe morbide e fitte delle vesti e, nel secondo, la presenza dei fiori, simili alle margherite, mentre i volti sono tondi e pieni. Le altre due opere della serie, invece, sono più riflessive e malinconiche: in Réverie du soir e Repos de la nuit le donne sono raffigurate di lato, raccolte in se stesse, ispirando un’atmosfera di calmo sopore e rilassamento.
Durante gli anni trascorsi a Parigi, Mucha entra a far parte di un circolo di artisti e letterati, discutendo su come promuovere una riforma sociale attraverso la diffusione di arte e cultura. L’influenza del movimento porta alla realizzazione dei panneaux décoratifs, ovvero di un tipo di poster senza testo pubblicitario, pensato esclusivamente con uno scopo ornamentale. Si tratta di opere economiche, realizzate per il popolo e non solo per i salotti privati. Le ore del giorno fanno parte di questo progetto, iniziato nel 1896 con Le stagioni.
In mostra possiamo osservare una versione in formato di calendario del 1902: Dewez enseignes stores. Sono sempre le figure femminile le protagoniste, immerse nei colori freddi per il gelo dell’autunno e il rigoglio floreale della primavera e in quelli caldi dell’estate, quando la donna ha i piedi sul filo dell’acqua lacustre, e dell’autunno con le foglie di acero.
Tratta dall’Album de la Décoration, è la litografia Langage des fleurs (1899), dove la fanciulla, in abiti tradizionali, è totalmente incastonata in un turbinio di fiori e steli. Il velluto stampato da rivestimento è il materiale utilizzato per Donna con margherita (1900), i cui capelli biondi e l’incarnato chiarissimo spiccano sulla stoffa di un intenso bordeaux.
Nella parte finale di questo primo tratto del percorso museale, osserviamo una serie di opere della fine dell’Ottocento per l’uso domestico: dai disegni per ventagli con figure femminili e motivi di papaveri ed edera a un piatto in terracotta con una rappresentazione dell’autunno e uno in ceramica invetriata con una testa decorativa in rilievo. Particolari sono le due targhe in bronzo che traspongono le litografie delle teste bizantine che abbiamo visto nella versione della litografia.
Infine, troviamo alcune delle 72 tavole tratte dai documents décoratifs, pubblicati nel 1902 dalla Librairie Centrale des Beaux-Arts di Parigi. Si tratta di un manuale per artigiani, grafici e studenti d’arte, all’interno del quale Mucha svela tutti gli aspetti del proprio lavoro. Oltre ad esempi di motivi decorativi pronti all’uso, vi troviamo anche bozzetti per accompagnare il grafico lungo il processo di stilizzazione, una guida su come trasformare i disegni naturalistici in motivi ornamentali applicabili al prodotto industriale.
Alle pareti si alternano, quindi, elementi naturali e figure umane, come le meravigliose bambine in vestiti bretoni della tavola 8, realizzata in matita e lumeggiamento bianco su carta.
ART MEDIA STUDIO
Abbandoniamo ora la grande sala iniziale ed entriamo in un lungo corridoio con un bellissimo gioco di luci, ispirato all’arte di Mucha e alle opere esposte in mostra. L’installazione, denominata I fiori di Mucha è stata creata dall’Art Media Studio e proietta le immagini su una tenda finale e un pavimento contornato da specchi: le donne di Mucha emergono sul fondo, mentre tutt’intorno fiori e motivi ornamentali curvilinei inondando l’ambiente.
Possiamo passeggiare in un ambiente virtuale, ispirato all’arte di Mucha, tra fiori, piante, decori e colori che cambiano gradualmente, creando un’atmosfera in continua evoluzione e trasformazione, moltiplicata dalle pareti specchianti.
Affascinati da questa bella creazione, accompagnati dalla musica, passeggiamo assorti lungo il corridoio ed entriamo un’altra sala densa di opere e che ci proietta subito in altre parti del lavoro di Mucha.
MANIFESTI PUBBLICITARI
Nell’arco di vent’anni l’artista, che aveva raggiunto un enorme successo, realizza circa 120 manifesti pubblicità per aziende e negozi ma anche vere e proprie icone dell’Art Nouveau. Alla fine dell’Ottocento, infatti, Mucha è il principale esponente della cartellonistica e il grafico più copiato di Parigi!
L’artista, però, non dimentica lo scopo principale dell’arte: comunicare efficacemente e trasmettere al pubblico un messaggio, anche se qui è di tipo commerciale, come in altre occasioni sarà sacrale, religioso o storico. Quali sono i prodotti pubblicizzati? Di tutto, dalle bevande alcoliche, champagne, birre (Bières de la meuse, 1897) e liquori, ai detersivi e profumi (Lance parfum “Rodo”, 1896), dalle sigarette (JOB, 1896) al cioccolato (Chocolat idéal, 1897) al cibo per bambini (Nesté’s food for infants, 1897), da luoghi turistici (Monaco Monte-Carlo, 1897) a biciclette (Cycles perfecta, 1902) fino ai biscotti (la serie Buiscuits Champagne Lefèvre-Utile, 1896)
Ammirando i manifesti, notiamo come l’oggetto reclamizzato passi in secondo piano, mentre la vera protagonista è sempre la figura femminile, idealizzata ed elegante, incorniciata da contorni grafici dinamiche, in atmosfere seducenti e ammalianti, che invitano lo spettatore ad entrare in un mondo patinato.
La sperimentazione di Mucha non si ferma e coinvolge anche i colori, innovativi e scelti tra toni pastello con sfumature delicate e un notevole impatto visivo. Nonostante l’uso della litografia, le immagini conferiscono una sensazione di profondità, grazie alla sovrapposizione di più piani prospettici, con diversi strati decorativi con intricati dettagli.
La serie dedicata al Lance parfum “Rodo” (1896), con disegni e manifesti, ma anche con una confezione di flaconi che riprendono il medesimo disegno, è un chiaro esempio di branding realizzato da Mucha per il lancio di un nuovo profumo. Mucha, infatti, riceve commissioni per insegne pubblicitarie di negozi, confezioni di prodotti e oggettistica decorativa.
Nello stesso anno, il 1896, Mucha inizia la lunga collaborazione con il celebre produttore francese di biscotti Lefévre-Utile. Mucha, solitamente, sceglie un disegno uguale sia per le confezioni sia per i manifesti, così da creare un messaggio pubblicitario uniforme e aumentare la visibilità sul mercato, anticipando una strategia ampiamente utilizzata dalla grafica dei giorni nostri.
Vediamo qui esposta l’etichetta per la confezione di biscotti Lefévre-Utile (1901) e le diverse realizzazioni, oltre ad un’illustrazione con Sarah Bernhardt (1903), forse progettata per un calendario-poster.
Infine, per il locale Moët&Chandon Mucha ha realizzato le decorazioni per i menu e due splendidi manifesti, sempre dominati dalle figure femminili, qui rappresentate con colori e tratti molto differenti, ma in entrambi i casi ammalianti ed eleganti.
FOTOGRAFIA
Conclude questa sezione una breve carrellata di fotografie scattate dallo stesso Mucha e fondamentali per il suo lavoro. Appassionato di foto dal 1885, ai tempi in cui studia all’Accademia di Belle Arti di Monaco, inizia ad utilizzarle per le sue creazioni a partire dagli anni parigini. Alla fine dell’Ottocento, infatti, crea un taccuino con una sorta di diario visivo per completare schizzi e disegno, descrivendo a parole ciò che fotografa e suggerendo di copiare certe parti del corpo nella sua arte.
La maggioranza delle foto di questo periodo ritraggono modelle e vengono scattate nell’atelier dell’artista, che lavora improvvisando le pose e usa le immagini come fonte di ispirazione per disegni e dipinti.
Colpisce in particolare un disegno a matita dell’inizio del Novecento: si tratta di uno studio per Le pietre preziose, che vedremo alla fine della mostra.
EPOPEA SLAVA
Passando nella stanza successiva, entriamo in un altro nucleo tematico che anima l’arte di Mucha: quello patriottico. Nel 1910, infatti, l’artista ritorna in patria per realizzare il proprio sogno: servire la nazione con la propria arte.
Sostenuto economicamente da Charles Richard Crane, ricco uomo d’affari ed entusiasta slavofilo, che Mucha ha conosciuto durante uno dei viaggi negli Stati Uniti, può dedicarsi alla realizzazione del progetto dell’Epopea slava, un’opera monumentale portatrice di un messaggio messianico che invita il popolo slavo a imparare dalla storia per progredire verso il futuro e la libertà: i popoli slavi contribuiranno in maniera significativa al progresso e alla pace dell’umanità. Mucha impiegherà anni a completare il ciclo; qui in mostra possiamo vedere il manifesto realizzato nel 1928 per la mostra dedicata al grande capolavoro (Poster per la mostra “L’Epopea slava”, 1928).
Negli stessi anni vengono realizzati altri progetti pubblici, come la decorazione degli interni del municipio di Praga, il disegno di una vetrata artistica per la cattedrale praghese di San Vito e i poster per i raduni ginnici panslavi del movimento Sokol (VIII Festival del Sokol, Praga, 1926).
Mucha continua a sviluppare il proprio stile come linguaggio visivo universale, mantenendo al centro la figura femminile, che diviene qui un’icona spirituale rivestita in abiti cerimoniali tradizionali, raffigurante l’anima della nazione, ispirando e unendo i popoli slavi. Ne è un chiaro esempio la giovanissima fanciulla, che troneggia al centro di un acquarello dai colori bluastri sullo sfondo, sul quale spicca la veste porpora finemente ricamata (VI raduno generale della comunità ceca di Sokol, 1912).
Secondo me, sono particolarmente belle le litografie realizzate per il Coro dei maestri moravi (1907), con al centro la ragazza che tende l’orecchio all’ascolto, e per la Mostra regionale a Ivančice, Repubblica Ceca (1912), con due figure in abiti tradizionali di festa il campanile avvolto dai festoni.
Una delle opere più toccanti è Russia Restituenda (1922), manifesta di aiuto per i bambini russi che rischiavano di morire di fame in un momento di grandi ribaltamenti politici e sociali. Completa questa sezione un autoritratto di Mucha, realizzato nel 1907 con pastello blu e bianco su carta.
SPIRITUALISMO
La parte forse più inquietante del lavoro di Mucha è quella influenzata dai percorsi spirituali, ai quali si avvicina tra il 1890 e il 1900 sotto l’influsso di misticismo, occultismo e teosofia. Parallelamente l’artista coltiva un grande interesse per la massoneria, come confraternita che promuove opere caritatevoli, solidarietà umana e ricerca di valore intellettuale.
All’inizio del 1989 viene accolto nella loggia parigina del Grande oriente di Francia, il più antico e importante ordine massonico dell’Europa continentale, e l’anno successivo pubblica il volume illustrato Le Pater, ispirato allo spiritualismo e alla filosofia massonica.
Edito in una tiratura di solo 510 copie numerate, Le Pater offre l’interpretazione di Mucha del “Padre nostro”, come messaggio per le future generazioni sui progressi del genere umano. L’artista divide l’orazione in sette versi, che analizza uno ad uno in modo da spiegare il significato nascosto nelle parole, fornendo un’interpretazione personale e decorando con tre tavole ciascuno. Mucha considera Le Pater una delle opere migliori, tanto da metterla in mostra all’Esposizione di Parigi del 1900.
L’ESPOSIZIONE DI PARIGI E STILE MUCHA
È proprio l’occasione dell’Esposizione universale di Parigi a coinvolgere Mucha in una serie di mostre e progetti: in qualità di artista ufficiale dell’Impero austro-ungarico gli viene affidato l‘allestimento del padiglione della Bosnia-Erzegovina, mentre come esponente dell’Art Nouveau collabora con prestigiose aziende francesi, come Houbigant, tra le più antiche profumerie del paese e con il principale orafo e gioielliere della capitale, e Georges Fouquet, che lo incarica di disegnare una intera collezione di gioielli.
Mucha viene insignito della medaglia d’argento per il padiglione della Bosnia-Erzegovina, insieme all’Ordine di Francesco Giuseppe per il contributo dato all’Impero austro-ungarico in occasione della maggiore esposizione internazionale del secolo.
Conclude questa sezione un insieme di altre opere, che ben mostrano quello che è definito “lo stile Mucha”, sostenuto dall’idea che l’arte abbia un valore immutabile e universale: l’arte è eterna come il progresso umano e ha lo scopo di illuminare il cammino del mondo, deve sollevare l’animo del pubblico e produrre una società migliore. La bellezza, quindi, eleva la qualità della vita; attraverso le forme eleganti delle figure femminili e le sinuose decorazioni della natura lo sguardo dell’osservatore è condotto al punto focale della composizione.
I temi prediletti di Mucha sono semplici e universali, come le stagioni, i fiori, le ore del giorno: soggetti facilmente comprensibili anche per un pubblico non esperto, affinché possano ispirare nella ricerca del bello.
Un’arte così accattivante non poteva che essere copiata e riproposta: dai disegni alle stampe decorative, dai calendari alle cartoline fino all’oggettistica sia in Francia sia all’estero sono molteplici i modi in cui “lo stile Mucha” si diffonde. Divenuto di moda, influenza l’arte contemporanea e non solo, oltre a tutta l’Esposizione di Parigi.
FOUQUET
Inizia qui una lunga sezione dedicata allo sviluppo dell’Art Nouveau in Italia e in particolare ad uno dei suoi massimi esponenti, Galileo Chini. Non mi soffermerò su questa parte, che pure è molto nutrita (forse anche troppo!), e passerò direttamente alle ultime opere esposte di Mucha: quelle realizzate per Georges Fouquet, per il quale l’artista, contemporaneamente alle commissioni per l’Esposizione di Parigi, crea le decorazioni del nuovo negozio, situato in rue Royale 6.
Osserviamo le foto e i disegni esposti e vediamo come si sia occupato non solo degli interni, ma anche della facciata, dell’arredo, dell’illuminazione e di numerosi oggetti ornamentali. Degna conclusione della mostra sono i pannelli decorativi che rappresentano quattro pietre preziose (Le pietre preziose, 1900), personificate da sensuali figure femminili. Il colore di ciascuna pietra (ocra per il topazio, rosso per il rubino, violetto per l’ametista e verde per lo smeraldo) determina l’atmosfera di ogni pannello e crea un richiamo visivo ai fiori che adornano l’abito della donna.
In conclusione, sebbene l’illuminazione potesse essere migliore e il numero delle opere esposte sia leggermente eccessivo, quando usciamo dalla mostra abbiamo la sensazione di aver conosciuto e approfondito l’opera di un grande artista, Alphonse Mucha, che troppo spesso associamo solo con l’Art Nouveau e di cui abbiamo potuto apprezzare le diverse sfumature…
INFORMAZIONI
- Mostra Alphonse Mucha: https://www.museodeglinnocenti.it/alphonse-mucha/
- Istituto degli Innocenti – comunicato stampa: https://www.istitutodeglinnocenti.it/it/notizie/firenze-arriva-lart-nouveau-museo-degli-innocenti-ospita-mostra-dedicata-ad-alphonse-mucha
- Fondazione Mucha: http://www.muchafoundation.org/en
- Opere Fondazione Mucha: http://www.muchafoundation.org/en/gallery/browse-works
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