Giorni 6 – 7: una semplice escursione, una cena in un posto diverso e scoperte artistico-culturali
Mercoledì 11 e giovedì 12 agosto il tempo ci ha giocato un brutto scherzo; o meglio lo ha fatto il Meteo Trentino al quale ci affidiamo con religiosa scrupolosità… Aveva infatti previsto due giornate di brutto tempo, specialmente giovedì. Saremmo voluto andare a Merano e fare un’escursione un po’ più impegnativa, invece non abbiamo voluto rischiare di essere colti dalla pioggia o da un temporale proprio nel mezzo di una camminata. Ci hanno inoltre riferito che, essendo la settimana di Ferragosto, il traffico era terribile… Abbiamo, quindi, dovuto aggiustare un po’ i nostri piani e siamo andati alla scoperta di luoghi vicini ricchi di grande interesse, sebbene poi, vedendo il sole e nemmeno una goccia di pioggia, la frustrazione sia stata grande…
Mercoledì è stato dedicato ad un’escursione molto semplice, ma graziosa: nel cuore del Parco Naturale di Monte Corno, arrivando con l’auto da una strada sterrata, si sale lungo un sentiero spazioso fino alla Malga Malghette – Krabes Alm in tedesco. E’ una strada in costante salita, ma ripida solo in uno o due punti, da cui si gode di uno splendido panorama sui monti e i boschi circostanti. Volendo fare una deviazione, è possibile seguire le indicazioni e addentrarsi nel biotopo “Palù Longa” che conduce fino ad un laghetto dove fioriscono delle meravigliose ninfee. Numerosi sono anche i fiori durante il percorso, lungo il quale, purtroppo, si vedono molti dei segni del passaggio della tempesta Vaia (2018), che ha raso al suolo intere porzioni di bosco. Raggiungiamo il cucuzzolo dove sorge la malga e da cui si gode del panorama sulle catene montuose circostanti. Per fortuna c’è anche un pannello esplicativo con indicati i vari nomi dei monti: occorre solo un po’ di tempo e pazienza per individuarli. La malga offre ancora il tradizionale caffè di lupino, un surrogato del caffè bevuto in passato dagli abitanti di queste località, e dolci e bibite più classici (yogurt ai frutti di bosco, strahuben, torta al grano saraceno, succo di mela etc.). L’esterno è particolarmente gradevole, con i tavoli che si affacciano proprio sul panorama oppure sui recinti degli animali (capre, pecore e asinelli). Mi colpisce la cura dei fiori che colorano l’ingresso e le finestre della malga e sono un vero piacere per gli occhi.
Il ritorno è sullo stesso percorso ed è ancora più veloce dell’andata, essendo completamente in discesa.
La sera decidiamo di sperimentare un nuovo ristorante, aperto da poco al Lago di Tesero, vicinissimo alla tradizionale osteria dove mangiamo sempre la pizza: si chiama Le Migole ed ha inaugurato l’apertura all’inizio di luglio 2020. Fin dall’entrata si capisce subito che vuole essere un ristorante di un certo livello, ma gioca a suo terribile sfavore la posizione… La località del Lago di Tesero non è certamente la più chic della zona (anzi) e trovarsi in quello che è di fatto uno scantinato non è comunque il massimo. L’arredamento, però, è elegante e raffinato, coniugando tradizione e modernità con un gusto a mio parere perfettamente riuscito: il legno lavorato spicca sulle pareti bianche, le sedie sono comode e ampie, i vini esposti con una certa creatività. Personale gentile e disponibile, piatti particolari, che ancora non riescono a trovare l’armonia e l’equilibrio tra i vari sapori… in conclusione, siamo abbastanza soddisfatti (io più di Lorenzo, come sempre), anche se il conto è un po’ troppo caro…
Dedichiamo giovedì 12 agosto ad una visita completa alla piccola città di Carano, il cui comune è stato recentemente assorbito in quello che raggruppa tre paesi vicini: Carano, appunto, Varena e Daiano, divenuti insieme le Ville di Fiemme. La scelta del nome è dovuta alla tradizione medievale, in cui il termine “villa” in quest’area indicava piccoli paesi, tenute con proprietà. Una piccola premessa: io adoro Carano, lo preferisco persino a Cavalese. C’è una cura semplice e ricca di dedizione in ogni strada, nelle case che continuamente vengono restaurate ma mantengono il loro alone di antichità contadina. Le origini del borgo affondano in effetti nel periodo romano, i cui insediamenti ne sostituirono altri risalenti addirittura all’età del Ferro.
Cosa vedere? A parte gironzolare per le strette vie del centro, giocando a scoprire i colori delle case, i balconi gremiti di fiori, il legno sotto i tetti spioventi, traccia del passato uso come fienili, il fulcro del paese è senza dubbio la chiesa di San Nicolò, che svetta orgogliosa sul panorama della valle. Pur essendo documentata fin dal 1193, non rimane niente del suo antico assetto medievale a causa dei grandi rimaneggiamenti e modifiche apportate nel corso dei secoli. Uno dei primi avvenne nel Cinquecento, quando fu eretta anche la torre campanaria; nel XIX sec. la chiesa fu ampliata e la facciata venne decorata con un affresco di San Nicolò. I maggiori stravolgimenti avvennero nella prima metà del Novecento, grazie all’architetto Giovanni Tiella, al quale si deve, ad esempio, la ricostruzione della precedente navata che portò all’ampliamento con tre navate ed il rifacimento della zona presbiteriale. Anche gli affreschi in facciata risalgono a questo periodo (1938).
Proprio davanti alla chiesa, in direzione di Cavalese, troviamo un dipinto particolare: realizzato nel 1933, rappresenta Sant’Espedito, di cui non sappiamo molto… neppure l’anno della morte! Probabilmente fu tra i martiri caduti nella persecuzione di Diocleziano. Il suo culto nasce tardi, nel XVIII sec. in Sicilia. Il dipinto è interessante non solo per il soggetto inusuale, ma anche perché è pensato come fosse una finestra sul muro esterno della casa, proprio sopra la via. Sullo sfondo si ammira una catena montuosa, che somiglia (non casualmente) al Lagorai.
Quello di Sant’Espedito non è il solo affresco che decora le case di Carano; proprio nel centro ne troviamo uno raffigurante San Lorenzo ed un altro soprannominato della “Madonna Orante” (1938), il cui sfondo semplice mette in risalto la figura della donna, in lacrime con lo sguardo rivolto al cielo.
Davanti a questo affresco, purtroppo molto rovinato dalle intemperie, attira l’attenzione una casa azzurra: è il “Museo Casa Begna”, il museo etnografico di Carano, dove in un edificio del Settecento è stata ricostruita la tipica abitazione d’epoca e dove si possono visitare mostre stagionali. A causa dell’emergenza Covid, avevo letto che il museo era chiuso; tuttavia, passandovi davanti, notiamo che sono segnati nuovi orari di apertura: fino alle 17.30. Guardiamo l’orologio: sono le 17.25. Decidiamo di fare un tentativo e il ragazzo che ci accoglie è straordinariamente gentile. Scopriamo solo dopo è il presidente di un’associazione piuttosto recente (2010), il “Museo della gente di Carano – casa Begna”, Damiano Iellici: non solo ci lascia il tempo di fare una visita, ma si offre anche come guida ed i suoi racconti ci accompagnano per circa un’ora. Siamo i secondi visitatori dalla riapertura; ne sono un po’ dispiaciuta ed un po’ contenta perché mi inorgoglisce sempre pensare di scoprire luoghi fuori dai soliti itinerari turistici.
La casa, abitata fino alla metà del Novecento, presenta una struttura antica: al piano terreno le camere e la cucina, accanto il deposito per il fieno. Questo è l’ambiente principale, dove è allestita una mostra dedicata alle pietre delle Dolomiti: la dolomia (scoperta nel 1792 dal geologo transalpino Deodat de Dolomieu), in primo luogo, che testimonia il passato marino di queste montagne, con le incrostazioni di alghe e coralli, che determinano anche la sua caratteristica di grande fragilità. L’esposizione ci regala un’emozionante sorpresa: scopriamo la fiemmeite! Tale minerale è stato individuato per la prima volta nel 2018 in Val di Fiemme, precisamente al Passo di San Lugano, nel comune di Carano, da parte di un appassionato ricercatore locale, Stefano Dallabona, che lo ha poi sottoposto al MUSE di Trento, che ha collaborato con l’Università di Milano. Era dal 1815 che non veniva trovato un nuovo minerale sulle Dolomiti!
Il museo in sé alterna oggetti più comuni (come gli attrezzi dei diversi mestieri al piano superiore) ad altri più rari (ad esempio i copriscarpa di latta usati dai militari per rendere impermeabili le calzature e un set da viaggio per famiglie benestanti); nella camera da letto si possono vedere culle di diverse dimensioni, in legno, uno scaldaletto, la stufa e ferri da stiro; la cucina, con pentole e utensili tradizionali, è direttamente collegata alla cantina della casa. Per visitare il piano inferiore della casa usciamo e rientriamo dalla via principale: ci troviamo in due ambienti divisi. Da una parte abbiamo la cantina, dall’altra la stalla, che poteva accogliere fino a 14 mucche, che ruminavano il fieno calato direttamente nelle mangiatoie da un buco nel soffitto che conduce al fienile sovrastante. Appese alla parete vediamo le museruole per svezzare i vitelli e quelle per le vacche. La nostra guida ci mostra anche un registro del secolo passato: nomi e soprattutto soprannomi delle famiglie del posto e i loro animali, dei quali viene specificato il numero, la razza, il valore: serviva anche come assicurazione! Infine, è affascinante farsi spiegare i diversi attrezzi conservati: l’aratro, appeso al soffitto, uno strumento per la smielatura, un altro per tagliare il cavolo cappuccio, un distillatore per grappe e liquori e un’assordante macchinetta usata dai fornai per fare le rosette. Damiano ci racconta che suo nonno era il proprietario del forno tipico del paese (Panificio Lino Barbolini): tanti degli strumenti conservati sono proprio i suoi.
Utensili e nomi locali, dialettali, di una lingua che si sta perdendo e rarefacendo con le nuove generazioni: termini incisi sulla facciata d’ingresso al museo per ricordare il passato, la varietà lessicale e la ricchezza del vocabolario di persone semplici, magari poco istruite, ma che conoscevano il lavoro, i mestieri e la fatica.
L’ingresso al museo è libero, ma decidiamo di fare una piccola donazione; in cambio ci viene regalato un libro che raccoglie le storie popolari di Carano… per bambini e non solo!
Uscendo dal paese per tornare verso casa, ci imbattiamo nella fonte di acque termali provenienti dalla Sorgente Ceva, le cui proprietà curative erano note già dal Settecento, specialmente per contro le malattie reumatiche. Mi sorprendo sempre di quanto ogni luogo possa essere ricco di storia, tradizioni, cultura e grande fascino!
INFORMAZIONI
– Malga Malghette: www.visitfiemme.it/it/more-info/fiemme/mercati/Malghette;
– Ristorante Le Migole: www.lemigole.it;
– Museo Casa Begna: www.museocasabegna.it;
– Comune di Carano: www.comune.carano.tn.it.
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