Il fascino di 6 luoghi incredibili e senza turisti
Creta non è solo splendide spiagge, trekking nella gola di Samaria, antichi centri e celeberrimi siti archeologici… Un’isola così grande offre territori sconosciuti, luoghi inesplorati, sentieri poco battuti. Inutile dire che noi abbiamo cercato di visitare il più possibile di questa Creta più selvaggia e ignota ai turisti. In verità, parte dei siti che abbiamo visitato sono sorti da un tentativo, compiuto negli anni passati, di diversificare le attrazioni e rendere il turismo più sostenibile. Purtroppo, a giudicare dalla decadenza e dallo stato di abbandono di alcuni di essi, non sembra una campagna andata a buon fine. Un’altra considerazione che vogliamo fare a premessa è che abbiamo avuto la possibilità di trovarci su sentieri assurdi, a strapiombo sul mare, oppure all’interno di grotte buie e scivolose senza alcuna guida, senza un tour organizzato, senza nemmeno pagare il biglietto. Ci sono venute le vertigini e a volte anche un po’ di paura, ma abbiamo potuto godere indisturbati di luoghi e natura. Si può discutere se questa libertà di accesso a zone anche pericolose sia da condannare o meno, ma noi, con attenzione e cautela, ne abbiamo senza alcun dubbio goduto. Così, raccontiamo a voi, qualche chicca ignota alla maggioranza, ma vicinissima alle grandi città di Rethymno, Heraklion e Chanià.
GROTTA DI SKOTINO’
Ingresso gratuito – 30 min.
A circa 30 minuti di macchina da Heraklion, si trova questa splendida e suggestiva grotta. Vi si arriva attraverso una strada interna un po’ dissestata, che passa dal villaggio di Skotinò (che significa scuro) e l’ultimo tratto è persino sterrato, ma non è difficile riconoscere il punto di arrivo perché vi sono due piccole chiesette bianche che dominano le belle colline circostanti, caratterizzate dalla terra rossa e arida e da filari di ulivi.
La grotta, una delle più grandi e spettacolari dell’isola, è impressionante: una scala conduce al suo ingresso, da dove si scende in profondità… È un’esperienza unica! Un sentiero tra i massi ci conduce al grande androne principale; la luce pian piano si affievolisce e si è immersi tra le rocce, dove i suoni della natura risuonano ed echeggiano: il frullio d’ali dei pipistrelli, il tubare dei piccioni, il gocciolio dell’acqua che cade dall’alto.
Profonda 160 metri, la grotta è divisa in quattro livelli, di cui la camera centrale è solo il primo. Il primo a studiarla fu Arthur Evans, mentre un’esplorazione più scientifica fu svolta negli anni Sessanta da archeologi greci e francesi, i quali portarono alla luce numerose offerte votive in ceramica e bronzo (le più antiche risalenti addirittura ai primi periodi minoici): ciò indica che la grotta doveva esser considerata in un importante tempio. Esso fu utilizzato fino alle ere greca e romana, la cui dea Artemide sostituì quella minoica, sempre della fertilità, Britomarti.
Ammetto che per noi incute un po’ di timore e senza dubbio non ci saremmo azzardati a proseguire lungo i cunicoli alla luce solo di una torcia, ma rimanere a guardare stalagmiti e stalattiti, in solitudine, circondati da rocce e in un’atmosfera quasi sacrale verso la natura sono un prezzo minimo per godere di una visita simile.
Si respira l’aria di sacralità, che continua fino ad ora con gli ex voto nella cappella cristiana soprastante di Ayia Praskevi: un luogo di culto da oltre quattro millenni.
ELEFTHERNA
Gratuito – 2/3 ore
A mezz’ora in auto da Rethymno, vicino al famoso Monastero di Arkadhi, si trova un borgo sperduto tra le colline dell’entroterra, completamente privo di turisti e con qualche taverna a conduzione familiare. Esistono due Eleftherna: quella nuova e quell’antica; l’area archeologica è (teoricamente) raggiungibile da entrambe, ma, dato che il sito della necropoli è spesso chiuso (noi l’abbiamo trovato in condizioni di abbandono), consigliamo di parcheggiare al paese più antico, che si trova più in alto e da cui si può accedere liberamente al sentiero per l’acropoli.
La zona fu abitata già dal terzo millennio a.C. e lo rimase fino al 1330 circa, quando i veneziani repressero una rivolta sterminando la popolazione. La città raggiunge l’apogeo come uno dei maggiori centri della Creta dorica (VIII-VII sec. a.C.) e si oppose fieramente alla conquista romana. Negli ultimi anni è stato svolto un grande lavoro per tracciare sentieri, scrivere indicazioni, costruire il museo archeologico… Tuttavia, a parte questo museo, il resto appare in stato di completa dimenticanza: non solo l’area non è valorizzata, ma alcune strade sono chiuse e non è possibile raggiungere la necropoli. Forse anche per questo è un luogo ignorato dai turisti! Ingiustamente, direi, perché è ricco di fascino; storia e natura si incontrano e si fondono insieme creando un insieme non solo piacevole da visitare ma che ha anche il gusto della vera e propria scoperta.
L’acropoli di Eleftherna gode di una magnifica posizione difensiva sopra un ripido sperone di roccia circondato da stretti burroni. Ci si arriva da una stretta strada sopraelevata, percorribile solo a piedi: in fondo ad essa troviamo un alto pirgos o torre, in rovina ma ben conservata, che proteggeva l’ingresso all’acropoli. Continuando il sentiero (si possono seguire le indicazioni per il n. E4), scopriamo altri resti prima di giungere all’acropoli: ad esempio, le notevoli cisterne romane, scolpite nella fiancata della collina, con enormi colonne di roccia solida a sostenere l’interno della grotta, e l’antica chiesa di Ayia Anna, priva di tetto ma ancora venerata come santuario dagli abitanti del luogo. Arrivati al grande sito dell’acropoli, in cui antiche pietre e alberi di ulivo hanno trovato il perfetto connubio, il sentiero proseguirebbe in basso per raggiungere la necropoli, ma la strada è sbarrata. È quindi possibile risalire in paese costeggiando il fianco della collina e godendo del meraviglioso e silenzioso paesaggio, con solo il suono del belare delle capre come compagnia.
TREKKING SFAKIA
Gratuito – Mezza giornata (per noi, un pomeriggio)
Tutti (o quasi) conoscono le Gole di Samaria, qualcuno quella di Imbros, ma praticamente nessuno i sentieri costieri dello Sfakia, che collegano, tra rocce a picco sul mare e calette nascoste e deserte, il paesino di Ayia Roumeli a Hora Sfakion.
Noi abbiamo scelto di percorrere l’ultimo tratto, partendo da Loutro, dove siamo arrivati con il traghetto, passando per la suggestiva cala di Sweetwater o Glica Nera.
Inoltrandosi all’interno del paese di Loutro, si trovano, con un po’ di ingegno, le indicazioni che conducono ai diversi sentieri. Noi seguiamo quello lungo la costa e che conduce a Hora Sfakion. Il primo tratto, fino alla spiaggia Sweetwater è molto semplice, ma con meravigliosi scorci sulle tipiche casette bianche dei pescatori, che ci lasciamo gradualmente alle spalle.
Il sentiero è completamente sotto il sole, tranne rari alberi all’ombra dei quali ci possiamo fermare a bere e ristorarci un poco in compagnia delle caprette; arbusti, fiori e piante di lavanda ornano la roccia brulla e arida. Il mare, che si apre a picco alla nostra destra, è azzurro e limpido, si distende in alcuni tratti in spiagge di ciottoli belle e deserte. Io e Lorenzo percorriamo l’intero sentiero da soli, accompagnati solo dal belare delle capre e dal ronzio delle api quando ci avviciniamo a dei rigogli di vegetazione. Sembra quasi surreale… Passiamo anche accanto ad una chiesetta bianca che spicca sul mare, chiamata di Timios Stavros, suggestiva e di una bellezza semplice ed elegante.
Dopo un promontorio si apre la spiaggia di Sweet Water, che, vista dall’alto, è davvero bellissima!
Attraversata questa incantevole insenatura, passiamo al tratto più impegnativo del percorso: ci arrampichiamo tra le rocce. Il sentiero è sempre ben segnato in giallo e nero e vi sono dei tratti che si potrebbero definire quasi di ferrata perché una corda di acciaio permette di aggrapparsi per non scivolare sui massi. A nostro parere, è più agevole andare in salita lungo questo percorso, piuttosto che farlo al contrario e affrontare una discesa così impegnativa. Inoltre, il sole è alle spalle e permette di godere meglio del panorama, sempre più affascinante. Man mano che procediamo, infatti, il sentiero tra le rocce diventa sulla roccia vera e propria, rossa e acuminata, finché non giungiamo ad una strettoia in cui guardando verso il basso vediamo solo una gola a strapiombo sul mare, centinaia di metri sotto di noi. Nessuna protezione in questo tratto ed è bene non soffrire di vertigini, ma superando il timore, animati da calma e rispetto di questa selvaggia natura, possiamo ammirare un tratto di costa incredibile. Le capre brucano tra le rocce e persino loro, soprattutto le più piccole, a volte si perdono e belano spaventate in cerca di aiuto tra le più sagge ed esperte. È un luogo incantato, selvaggio e solitario, ma di una bellezza travolgente.
L’ultimo tratto di strada, purtroppo, è l’esatto opposto perché si percorre la via asfaltata, dopo una breve salita. Ecco, quindi, che vediamo Hora Sfakion apparire tra le curve e infine, vi giungiamo dopo aver visto dall’alto la bella e facilmente accessibile (con la macchina) spiaggia di Ilingas.
Il sentiero è vario, semplice in dei tratti e molto impegnativo in altri; si può scegliere di farne solo un pezzo, ad esempio prendendo la nave a Sweetwater oppure preferendo l’altro lato, da Loutro a Agya Roumeli. Di sicuro vale la pena compierne almeno un pezzo perché è ben segnato, ma privo di turisti e permette di ammirare paesaggi e panorami straordinari.
KOMOLITHI
Gratuito – 20 minuti
Un luogo quasi sconosciuto, ma che, per la sua posizione di passaggio da Chanià alle famose spiagge occidentali, è facilmente raggiungibile ed è stato pian piano riscoperto. Si trova a circa mezz’ora dalla grande città: arrivati a Potamida, un villaggio sperduto, si possono vedere dei cartelli seminascosti che indicano il parco naturale. Seguendoli (o impostando bene il navigatore), si prende una stradina tra i campi e quasi subito si scorgono le bizzarre collinette. Si parcheggia a lato della strada e si prosegue qualche metro a piedi. Unici guardiani sono una coppia di cavalli, di cui uno eccessivamente amichevole, che ci insegue in cerca di cibo e attenzioni.
Le formazioni rocciose sono ben più grandi di quanto ci potremmo aspettare; fatte di creta, sono bianche e compatte, con una forma conica donata loro dall’erosione di vento e acqua. Si tratta di un paesaggio unico, originale e stravagante.
È possibile scalare le montagnole e ritrovarsi proprio al centro di esse, minuscoli di fronte alla loro buffa e al tempo stesso solenne grandezza, lunghi e possenti colli calvi con un ciuffo di erbe e piante ribelli proprio sulla sommità.
BOTANICAL PARK AND GARDENS
6 euro – 2/3 ore
Questo posto è stata una vera scoperta! Si tratta di un luogo piacevolissimo in cui trascorrere in serenità mezza giornata, dedicando tutto il tempo necessario a vagare lungo il percorso, scoprire alberi nuovi e insoliti, inebriarsi del profumo delle erbe, inseguire (bonariamente, è ovvio) i tantissimi pavoni e altri animali. A mezz’ora di auto da Chania, la strada si inerpica un poco tra la vegetazione che in questa regione è davvero rigogliosa tra alberi di ulivi, orti e veri e propri boschetti. Sulla destra si apre uno spiazzato in cui molti si fermano per fare foto al panorama, ma pochi scendono la stradina che, ripida, conduce fino al parcheggio del giardino botanico.
Il parco è nato dall’intraprendenza di quattro fratelli, Marinakis, che persero i loro uliveti in un disastroso incendio nel 2003. Invece di ripiantare gli alberi, decisero di creare sul loro terreno un giardino botanico per permettere ai cretesi di capire e imparare a proteggere la natura.
Istruzioni e biglietti vengono dati direttamente dal ristorante, dove forniscono anche una bottiglietta di mezzo litro di acqua a testa (utilissima!). Da qui iniziamo il sentiero che ci conduce alla scoperta di decine e decine di varietà di piante, ma anche di animali, nozioni di medicina, riflessioni sulla vita… In totale il percorso si snoda per circa due chilometri e mezzo e il tempo previsto per la passeggiata è di due ore, ma noi ci siamo fermati spesso e ne abbiamo impiegate ben tre. È un luogo, infatti, in cui non occorre avere fretta, anzi! Il bello è proprio godersi il cammino alla scoperta di piante più o meno note. Impressionante è anche come il paesaggio cambi continuamente: da una serie di terrazzamenti con piante tropicali (alcune delle quali a noi totalmente ignote) al profumo delle erbe aromatiche e ai colori di alberi e arbusti più conosciuti; da un lago con canne e bambù ad un aranceto colmo di frutti…
Il sentiero scende e poi sale e sarebbe un vero peccato tagliare prendendo la scorciatoia: proseguendo fino in fondo, infatti, arriviamo ad un piccolo stagno con tante buffe anatre e ai recinti con gli animali; qui, oltre alle oche che vagano in libertà tra i tavoli di legno, incontriamo un dolce e affamatissimo asinello e tante capre della specie tipica di Creta, chiamate capre Kri-kri, molto sospettose ma pronte ad avvicinarsi se si rimane immobili e ci si abbassa sulle ginocchia. La fanno da padroni in tutto il parco i pavoni: noi abbiamo avuto la fortuna di vedere addirittura tre piccoli sempre al seguito della loro mamma.
Colori e odori trasportano in un altro mondo e ci si sente in contatto con una natura tutta da scoprire, la cui varietà sorprende e affascina. Io e Lorenzo ci siamo ritrovati ad esclamare: “Ecco che aspetto ha la pianta della curcuma!” oppure “Questo proprio non ho idea di cosa sia…” Occorre umiltà e uno spirito incline alla meraviglia, oltre che ad un grande rispetto, come saggiamente ricordano i numerosi e utili cartelli espositivi.
Tornati al punto di partenza, consigliamo caldamente di fermarsi al caffè-taverna, che utilizza i frutti dei giardini e altri prodotti locali, come miele, formaggi e olio, creando piatti semplici e deliziosi.
GORGE SARAKINA MESKLA
Gratuito – 1h
A soli 20 minuti in auto dal giardino botanico, è possibile visitare una suggestiva (e a tratti anche un po’ spaventosa) gola. Essa si trova poco dopo il piccolo paesino di Meskla, il quale, attraversato nel primo pomeriggio, sembra completamente deserto e dimenticato… Parcheggiamo all’enorme e nuovissima chiesa, che ci appare un po’ fuori luogo rispetto alla trasandatezza e all’abbandono generale. Dopo pochi metri sull’asfalto si trova subito un’indicazione di un trekking che conduce a Zourva, un altro piccolo paese poco distante.
Prendiamo la discesa e ben presto ci ritroviamo a costeggiare un torrente le cui acque però sono completamente secche; presumiamo per un sistema di drenaggio, dato che ad un tratto, in basso, l’acqua fuoriesce in abbondanza da un enorme tubo. Purtroppo, il luogo è quasi abbandonato: incontriamo anche un’area per picnic, con i pali delle altalene e metà di un gazebo. Ovviamente non c’è anima viva, solo io e Lorenzo e una persistente e fastidiosa quantità di moscerini e mosche. Superato il disagio dato da essi, in realtà, il percorso è semplice e molto gradevole: attraverso un ponte, di fronte ad un cartello scritto solo in greco e in cui si legge 2016 (forse l’anno in cui hanno aperto il percorso?), ci troviamo ad un bivio e prendiamo a destra, costeggiando il torrente.
Il sentiero è divertente: gradini in legno, ringhiere in acciaio e passerelle, tratti nel vero e proprio letto del torrente tra sassi e pareti di roccia; l’ambiente varia continuamente. Nel primo tratto siamo immersi nel verde, ma poi si giunge alla gola vera e propria e lì non c’è altra strada se non risalire il torrente tra strette pareti di roccia. Non nego che io ero vagamente terrorizzata e Lorenzo stesso era così insicuro sul sentiero che abbiamo fatto avanti e indietro nella gola per ben due volte prima di convincerci a proseguire! In realtà, appena usciti, l’indicazione è abbastanza visibile sulla destra e il sentiero sale con una serie di gradini in legno…
La gola è suggestiva e impressionante… Il silenzio, rotto solo dallo stormire degli alberi e dal ronzio degli insetti, fa eco tra le rocce, mentre si cammina tra grandi sassi e il cielo si assottiglia ad una piccolissima striscia di azzurro tra le rocce che si chiudono come i lembi di una ferita.
L’ultima parte del sentiero è una strada sterrata molto ampia (si gira a sinistra al bivio, non proseguendo per Zourva); il paesaggio è ancora diverso perché non si è più nel fitto del bosco, ma si possono ammirare le montagne, le cime e gli alberi circostanti.
La passeggiata è lunga 3 km ed ha la durata di circa un’ora, ma se ne rimane davvero colpiti! Essendo da soli, poi, è possibile persino avvistare qualche animale selvatico: Lorenzo ha visto il musetto di una faina spuntare tra le piante sopra il nostro sentiero…
Consigliata una sosta alla taverna di fronte alla chiesa: pare un luogo fuori dal tempo, completamente a conduzione familiare e con tavoli dalle sedie scrostate sotto meravigliosi e giganteschi alberi che sono un riparo naturale dal caldo. Noi abbiamo preso due spremute delle arance del loro orto (l’acqua è sempre offerta) a cui hanno aggiunto anche un frutto per ciascuno (abbiamo speso 2 euro ciascuno!). Pace e tranquillità sono i due ingredienti essenziali che fanno godere dell’ombra e di un fresco ristoro…
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