Trekking Trentino - Alto Adige

TORRI DEL VAJOLET E RIFUGIO RE ALBERTO I

Un trekking impegnativo ma emozionante sul Catinaccio

Lunedì 9 agosto 2021

Immaginiamo il caos di agosto e il traffico bloccato, quattro ragazzi in un’auto e una destinazione irraggiungibile… Per fortuna Federica, una nostra amica, suggerisce di cambiare escursione e propone un trekking alternativo! È infatti suo il merito di questa splendida gita, che ci ha impegnati per una giornata in Val di Fassa, inerpicandoci e scoprendo il massiccio del Catinaccio, il cui nome deriva dalla parola ladina “ciadinàc”, ovvero “conca di montagna”, “detriti”.

Mappa del percorso.
Lunghezza complessiva12 km
Tempi di percorrenza6h30min
(con pause)
Dislivello720 m.
Grado di difficoltàDifficile
SCHEDA TECNICA

Parcheggiamo a Vigo di Fassa (1.382 m.), poco lontano da Moena e a meno di un’ora di auto da Cavalese. I tempi di percorrenza, purtroppo, variano molto a seconda dell’orario e del periodo: ad agosto, tutto questo tratto della Val di Fassa è perennemente bloccato. Consigliamo, quindi, di alzarsi all’alba per evitare il caos oppure di fare l’escursione quando la massa di turisti è minore…

Da Vigo prendiamo la funivia; ci sono diversi parcheggi, di cui i primi due sono a pagamento (10 euro al giorno) mentre il terzo e il quarto, più distanti, sono gratuiti. Noi abbiamo scelto il terzo: c’è una comoda navetta che porta dal parcheggio fino alla biglietteria della funivia ed è completamente gratuita; parte spesso, non appena raggiunge il numero minimo di persone (una decina). Gli impianti di risalita portano al punto di partenza del nostro trekking: è sufficiente prendere il primo tratto (Vigo – Ciampedie), che costa 10,50 euro solo andata (20 euro andata e ritorno). Considerate che impiegherete un po’ di tempo a salire perché l’impianto non è molto veloce e c’è sempre un po’ di caos: noi abbiamo impiegato più o meno mezz’ora.

Belvedere del Ciampedie.
Belvedere del Ciampedie - Lorenzo e Federica.

Già solo giungere al belvedere del Ciampedie (2.000 m.), però, vale la pena della salita! Il panorama che si gode da questo punto è splendido: davanti a noi si apre il massiccio del Catinaccio, con la sua impervia roccia e le torri del Vajolet, la nostra prima meta; a destra si distingue molto bene il gruppo del Sella e Pordoi; nei giorni più tersi, vediamo persino il rifugio del Piz Boe: un puntino nero tra le enormi pietre.

Ci sono diverse malghe e rifugi (e una gran confusione); prendiamo il sentiero a sinistra e scendiamo leggermente; al bivio andiamo a destra e ci inoltriamo nel bosco, seguendo le indicazioni del numero 540. I tempi di percorrenza indicati sono di un’ora e mezza e corrispondono ad un buon passo, ma sono molto realistici. Impieghiamo circa 40 minuti ad arrivare ai rifugi Gardeccia e Stella Alpina (1.960): il sentiero è quasi sempre pianeggiante o in leggera discesa. Peccato per la quantità esagerata di persone!

Da qui proseguiamo verso le Torri del Vajolet (sentiero n. 546): 50 minuti con un passo tranquillo, una trentina andando più spediti. Il panorama è sempre molto bello: si costeggia un rigagnolo d’acqua che si incunea tra le rocce e costeggiamo da sempre più vicino il massiccio del Catinaccio che ora incombe in tutta la sua possanza. Comincia la salita… Direi non una delle mie preferite perché la strada è ampia e sassosa, molto semplice, ma la pendenza è notevole e nessuna parte più tecnica tiene impegnata la mente dalla fatica che ci attanaglia polmoni e gambe. Unica consolazione (a parte il panorama) è la vista della meta: su uno sperone di roccia, infatti, si vede bene la croce e il rifugio Preuss che con il suo legno bruno si staglia sulle pareti biancastre e beige della montagna e ci guarda beffardo dall’alto.

Torri del Vajolet.
Torri del Vajolet - percorso.
Torri del Vajolet - rifugio.
Torri del Vajolet - panorama.
Torri del Vajolet - rifugio Preuss.

Arrivati ai rifugi Vajolet e Preuss (2.248 m.), si gode della vista della valle, delle rocce del Catinaccio, di cui siamo proprio ai piedi, e delle montagne circostanti. Da questo punto possiamo scegliere se proseguire per il rifugio Principe oppure salire inerpicandosi sulla roccia per il rifugio Re Alberto I. Noi scegliamo questa seconda opzione e non ce ne pentiamo! Il sentiero (numero 542) è solo per escursionisti esperti perché non solo la salita è molto impegnativa e dura un’oretta, ma è in prevalenza composta da tratti tecnici con passaggi sulle rocce oppure aiutati da cordoncini. Si tratta di una vera e propria piccola ferrata, sebbene non sia necessaria l’attrezzatura. Prima di intraprenderlo (specialmente con dei bambini), occorre fare un’opera di umiltà e coscienza perché se salire può essere faticoso ma fattibile, la discesa è impegnativa soprattutto a livello mentale.

Salita al Rifugio Re Umberto I.
Rifugio Re Umberto I  e Torri del Vajolet.

Personalmente ho adorato questo sentiero: fisicamente si accusa meno la stanchezza perché siamo concentrati su dove mettere i piedi, come issarci con le mani, dove aggrapparci e quale itinerario scegliere sulla pietra. Ci si sente tutt’uno con la roccia, con la natura, con il cielo. In dei punti i rifugi sottostanti scompaiono e l’unica presenza umana è la lunga linea del montacarichi. Vediamo la parete rocciosa, quasi verticale, le guglie delle torri del Vajolet accanto a noi e la distesa di montagne che ci sta accogliendo nel suo seno; rapaci e altri uccelli si librano in volo e il verde dei boschi si allontana sempre di più. Il rifugio comincia a scorgersi solo verso la fine della salita: un grande casermone, monolitico e dominante; si percorre l’ultima parte come un sentiero quasi normale, un po’ sdrucciolevole per i piccoli sassi, mentre guardiamo in basso la strada che abbiamo percorso tra rocce, anfratti, pietre spaccate dal ghiaccio e trascinate da acqua e frane.

Il rifugio Re Alberto I, a 2.621 m., domina il panorama da un lato, sopra il vertiginoso vuoto creato dalla salita, mentre dall’altro offre uno spazio più rilassante, dove noi abbiamo trovato un po’ di ghiaccio, ma dovrebbe esserci a volte (o esserci stato in passato) un laghetto. Inutile dire che qui c’è solo roccia e silenzio; alcuni sentieri si snodano in seno alla montagna e conducono ad altri rifugi, ma noi preferiamo rilassarci un momento e sostare per il pranzo a sacco.

Rifugio Re Alberto I.
Salita ai rifugi sotto le Torri del Vajolet.

Per la discesa occorre prestare un po’ di attenzione e la stanchezza è tutta mentale: alcuni punti sono più impegnativi, ma personalmente non ho riscontrato le grandi difficoltà che mi ero immaginata durante la salita (ed è ormai noto quanto io odi scendere). Purtroppo, spesso si creano delle “code” perché escursionisti meno esperti si attardano o rimangono bloccati: per questo consigliamo di salire solo con consapevolezza e di avere la pazienza di mettersi da parte e lasciar passare gli altri…

Dal rifugio Vajolet si torna alla funivia in circa un’ora. Il panorama che si saluta dal Ciampedie è ancora più suggestivo di quando siamo arrivati perché i raggi del sole colpiscono le rocce e colorano di luce ambrata il Catinaccio e il massiccio del Pordoi. Vi è una nuova pace rispetto alla brulicante energia della mattina. Stanchi ma soddisfatti ci avviamo verso la nostra auto.

Torri del Vajolet - percorso.
Panorama del Catinaccio.

INFORMAZIONI


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