Libri Racconti Romanzi

TRE LIBRI DA LEGGERE IN UNA GIORNATA

Amari e agro-dolci, storici e realistici

FEBBRAIO 2024

Tre romanzi.


Scegliere tra i libri usati ci permette di scoprire delle vere e proprie perle nascoste, volumi che altrimenti non avremmo mai incontrato e che possono riempire una nostra giornata (o più) proiettandoci in mondi completamente differenti. È questo il caso dei tre libri che ho letto nella seconda metà di febbraio, tutti abbastanza recenti e accomunati da un taglio amaro e agro-dolce, sebbene di autori completamente differenti, che narrano storie molto diverse tra loro…


I CRUDELI GIARDINI DELLA VITA di Michel Quint

L’edizione più graziosa e curata delle tre è sicuramente quella di Rizzoli, che racchiude le circa 60 pagine di racconto in una copertina rigida e con una particolare illustrazione, capace di riassumere tutti gli elementi essenziali del racconto: la figura del clown, l’esplosione, il soldato che imbraccia e punta il fucile, i due uomini e la donna protagonisti dell’accaduto, la tomba di colui che si è immolato e persino la piccola figura del narratore, un po’ sbiadita rispetto alle altre.

Attratta proprio dalla copertina, ho preso questo libro alla Piccola Libreria ODV, dove l’ho trovato perfettamente integro, con una bella dedica del 2001 in cui un certo Italo augura a Maria una buona lettura.

Michel Quint, I crudeli giardini della vita, Rizzoli, Ariccia, 2001.


Inizialmente ho incontrato qualche difficoltà perché non mi era chiaro dove l’autore volesse andare a parare: nelle prime pagine si parla della memoria e delle leggi di Vichy, emanate durante la Seconda guerra mondiale, ma anche di clown e di figure genitoriali. Il racconto si struttura come un doppio flashback: il narratore ripensa ai familiari, soprattutto al padre e agli zii e alla strana abitudine del primo di travestirsi da clown. Amaramente giudica se stesso bambino e adolescente, quando non comprendeva e disprezzava questa tradizione e la semplicità dei parenti.

Il secondo flashback è molto più scorrevole e avvincente: il narratore lascia la parola allo zio paterno, che gli racconta l’origine del travestimento, legato ad un episodio della Resistenza francese durante la Seconda guerra mondiale. Le umili figure diventano, quindi, eroi e partigiani, anche se l’elemento del grottesco non abbandona mai la scena.

Mentre leggiamo, infatti, rimaniamo sorpresi dalla casualità e dalla stupidaggine di certi eventi e situazioni. Questo elemento paradossale e dolce-amaro rende ancora più realistico tutto il racconto e più credibile l’accaduto.

Il collegamento con la contemporaneità del primo narratore, ora adulto, si può rintracciare sia nell’elemento storico (il processo che segue i crimini della guerra) sia nella figura del clown, che passa di padre in figlio come simbolo della memoria.

Trama

Negli anni Cinquanta un bambino si vergogna del padre, maestro elementare che si traveste da clown, senza far ridere nessuno. Lo zio gli rivelerà l’origine di questa tradizione, raccontagli la storia di quando avevano dovuto attraversare “i crudeli giardini” della vita: dal sabotaggio alla possibile condanna a morte, dal soldato tedesco umano e ironico ad una donna disperata e lucida, che riuscirà a salvare due vite.

Michel Quint

Nato nel 1949 nel nord della Francia, ha insegnato e intrapreso la carriera di autore scrivendo opere teatrali e romanzi noir. I crudeli giardini della vita è il suo libro più famoso, pubblicato nel 2000 e venduto in Francia in oltre 100.000 copie in pochi mesi, poi tradotto in italiano nel 2001 e in altre nove lingue. Il racconto è stato adattato per il cinema nel 2003 e per il teatro.

Il libro
Michel Quint, I crudeli giardini della vita, Rizzoli, Ariccia, 2001.
> https://www.ibs.it/crudeli-giardini-della-vita-libro-michel-quint/e/9788817867856


L’ULTIMO RACCONTO di Paolo Zardi

Questo è il libro che più mi è piaciuto da un punto di vista stilistico. Sarà un caso che l’autore, Paolo Zardi, è stato tra i finalisti del Premio Strega nel 2015? Secondo me, no… In ogni caso, a parte la mia vena da critica letteraria (molto) mancata, si tratta di un racconto godibile e scorrevole, con alcuni spunti di riflessione notevoli sull’esistenza e su quella che definiamo verità.

Paolo Zardi, L’ultimo racconto, Tetra, Guidonia Montecelio (RM), 2022.




“Le bugie accompagnano l’intero corso di una vita, la nostra e quella delle persone che amiamo;

la verità è scritta con l’inchiostro simpatico, o è chiusa dentro una cassaforte della quale non riveleremo mai la combinazione.”

p. 26

Acquistato a sentimento tra i libri usati dell’Ibs, questo volumetto è particolare per la strana scelta tipografica: si presenta, infatti, in una dimensione quadrata, edita da una nuova casa editrice, Tetra, di piccole dimensioni e con sede a Viterbo.

Dal modo di scrivere alla trama, dal colpo di scena al realismo dei personaggi, non riesco a trovare un difetto a questo racconto. Semplice e al tempo stesso complesso, è costruito in modo magistrale ed è difficile intuire dove la trama ci condurrà, impossibile non macinare le pagine in cerca di risposte.

Certo, possiamo trovare qualche avvisaglia del finale, ma il lettore è portato a dubitare di queste generiche riflessioni o palesi promesse di divinazione del futuro… Sarà vero quello che ci suggerisce il narratore, il cui punto di vista appare completamente schiacciato su quello del protagonista, oppure è solo un modo per sviarci?

Paolo Zardi, L’ultimo racconto, Tetra, Guidonia Montecelio (RM), 2022.



L’ultimo racconto somiglia alla vita, alle sue stranezze, a ciò che rimane incerto, ignoto sospeso. A differenza della nostra esistenza, però, (o forse proprio come essa, ma non abbiamo maniera di dimostrarlo) il protagonista può godere di una rivelazione finale che tutto gli fa vedere e comprendere.

Negli ultimi paragrafi il narratore diventa improvvisamente onnisciente, liberandosi dalla parziale cecità, come il suo personaggio.

Allora tutto diviene chiaro: cosa accadrà dopo, qual è il segreto di cui è a conoscenza la moglie e che è motore di tutto il racconto, quali sono le parole non dette, cosa sanno gli altri…


“(…) pensò che non c’era alcuna colpa nell’essere una creatura imperfetta: della verità, ciascuno conosceva una piccola scheggia luminosa che scambiava per il sole.”
p. 89

Tuttavia, non si tratta di un sapere onnisciente che permette al protagonista di agire: è solo una liberazione dalla condizione di ignoranza e dall’incapacità di trovare la verità, che sempre si nasconde e di cui tutti vedono solo una parte incompleta. Il protagonista può cogliere tutta insieme la realtà oggettiva, assoluta, schiacciante.

Forse proprio per questo potremmo considerare la conclusione un lieto fine: per quanto terribile, porta pace e chiarezza.

Trama

A Mario, il protagonista, padre di una bambina adottata e marito esemplare, crolla il mondo addosso quando la moglie sostiene di “sapere tutto”. Ignaro della verità scoperta dalla moglie, cade in depressione e viene trasferito a Copenaghen, dove ha l’impressione di poter ricominciare a vivere.

Paolo Zardi

Nato nel 1970, ingegnere di professione, ha pubblicato tre raccolte di racconti: Antropometria (2010), Il giorno che diventammo umani (2013) e La gente non esiste (2019); tre romanzi brevi: Il signor Bovary (2014), Il principe piccolo (2015) e La nuova bellezza (2016); e quattro romanzi: La felicità non esiste (2012), XXI secolo (2015, finalista Premio Strega), La Passione secondo Matteo (2017) e Tutto male finché dura (2018). Cura il blog Grafemi.

Il libro
Paolo Zardi, L’ultimo racconto, Tetra, Guidonia Montecelio (RM), 2022.
> https://www.tetraedizioni.com/product/paolo-zardi-lultimo-raccolto/


ALL’OMBRA DEL GRANDE GELSO di Silvia Barchielli

Preso insieme ad altri libri nel reparto dell’usato dell’Ibs in centro a Firenze, l’ho scelto perché avevo vagamente intuito di cosa parlava: la storia di una madre costretta ad abbandonare il proprio figlio, lasciandolo all’Istituto degli Innocenti.

Un racconto del genere mi colpisce per due motivi: in primo luogo perché sono fiorentina e ben conosco il funzionamento di questo istituto e l’importanza che ha assunto nei secoli… Inoltre, lavoro proprio nel campo dell’adozione, sebbene internazionale e assumendo principalmente la prospettiva dei minori e delle famiglie adottive.

Silvia Barchielli, All’ombra del grande gelso, Alpha Libri Edizioni della Meridiana, Firenze, 2007.


Qui, invece, ci si concentra solo sulla realtà dell’Istituto degli Innocenti e sulla sorte dei “nocentini” nell’Ottocento, con un punto di vista principalmente di chi è costretto a lasciare il proprio bambino. Si tratta di una realtà, ovviamente, molto diversa da quella con cui io mi relaziono ogni giorno…

Lo ammetto subito: secondo me l’autrice non è molto talentuosa a livello stilistico. Il romanzo pare scritto da una ragazzina, con tante ripetizioni e numerose ingenuità narrative e nella costruzione dei periodi. Il risultato, però, non è terribile: lo stile è semplice e immediato, adatto a tutti, e non impedisce di godersi la trama.

La mancanza di talento letterario è ben compensata dalla costruzione della storia, che è interessante e piuttosto avvincente, con una grande quantità di avvenimenti riassunti in poche pagine.

Il taglio storico e popolare aumentano il realismo e ci proiettano in una realtà a noi distante non solo e non tanto dal punto di vista temporale, ma sopratutto per il ceto sociale, la prospettiva e le aspettative della protagonista e delle altre figure, tutte provenienti da servitù, poveri artigiani, manovali, contadini…

Sono le donne le vere protagoniste di questa narrativa popolare: prima di tutto Assunta, che racconta la propria storia all’amica Bartola in un lungo flashback, insieme a Camilla, che assume per un momento la figura di madre, così come anche Rosa, terribile nella sua dipendenza da alcool, tormentata e amorevole una volta disintossicata. Gli uomini rimangono ai margini, nelle figure del primo fidanzato, timido e dolce carbonaio, di Ugo, tanto solare quanto succube della famiglia, del dedito e accorto infermiere Luciano.

Focus del romanzo è il fenomeno dell’abbandono dei bambini, che l’autrice ben conosce perché vi ha dedicato il lavoro di tesi. In poche pagine Silvia Barchielli riesce a darci un’idea dei destini di tante persone, della condizione di servitù delle donne e il loro accesso limitato al mondo del lavoro (possono essere solo balie, serve, contadine), della solidarietà e amicizia femminile tra simili (Assunta, Bartola e Camilla).

Silvia Barchielli, All’ombra del grande gelso, Alpha Libri Edizioni della Meridiana, Firenze, 2007.


I bambini abbandonati sono descritti soprattutto fuori dall’Istituto degli Innocenti, quando sono dati in campagna alle balie, dove sono conosciuti come “nocentini” e considerati senza passato e senza memoria, sebbene il trauma dell’abbandono lasci traccia sia se lasciati alla nascita sia successivamente. Tre sono le donne che abbandonano, due sono i racconti degli abbandonati (Bartola e Ugo, che hanno destini ben diversi), oltre a quella del figlio di Assunta. Vengono così presentate le varie possibilità: madri che rinunciano ai figli perché costrette dal padrone e per non perdere il lavoro, donne che fuggono o scompaiono, bambini amati e accuditi come figli, altri trattati quali strumenti di lavoro e costretti a dormire nelle stalle…

Con un taglio divulgativo e fruibile, l’autrice riesce a dipingere un mondo duro, di violenze e sopraffazioni, di ingiustizie, ma dove è possibile pure coltivare del valore, trovare forza e speranza, persino il riconoscimento da parte di classi più elevate dell’amore, dell’impegno e della cura dedicati.

Trama

Il racconto si struttura come un flashback: Assunta, la protagonista, narra la propria vita all’amica Bartola, rincontrata dopo molti anni. Fulcro della storia è l’abbandono del figlio, Benedetto, all’Istituto degli Innocenti e la volontà della donna di riprenderlo, tra grandi difficoltà, dolori e speranze.

Silvia Barchielli

Nata a Firenze nel 1967 e laureata in Pedagogia, specializzata in Pedagogia relazionale, ha pubblicato numerosi libri: dal saggio L’Istituto vaccinogeno all’Ospedale di Santa Maria degli Innocenti di Firenze nel XVIII secolo (1998) ai romanzi Petronilla (2005), All’ombra del grande gelso (2007), La noce a tre canti (2008), Il sentiero dei ciliegi (2011), Le zie di San Godenzo (2015), oltre a racconti e poesie. Ha collaborato con il periodico Laburista Notizie, dove ha pubblicato racconti ambientati nella campagna fiorentina.

Il libro
Silvia Barchielli, All’ombra del grande gelso, Alpha Libri Edizioni della Meridiana, Firenze, 2007.
> https://www.unilibro.it/libro/barchielli-silvia/all-ombra-del-grande-gelso/9788860070685


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