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Queste sono le ceneri

Queste sono le ceneri. Questo è ciò che resta, quello che rimane di tutte le aspettative, dei sospiri allo schermo di un computer, dei monologhi allo specchio, delle serate con le amiche per fingere di dimenticare. Queste sono le ceneri di ogni amore infranto e di tutte le promesse tradite, di ogni giorno in cui il cielo è parso più spietatamente azzurro e il sole così inutilmente caldo. Queste sono le ceneri di ogni minestra riscaldata, delle barrette di cioccolato, dei pomeriggi sul divano, del correre liberandosi di tutto tranne che della sensazione di essere braccati. Queste sono le ceneri delle chiamate mai ricevute e dei messaggi senza risposta, della volta in cui vi siete incontrati per caso, in una strada del centro, e avete finto di non vedervi, di quando ti hanno giurato amore e hanno mentito, del momento in cui hai scoperto che un’altra era meglio, che tu non meritavi quella felicità a cui avevi egoisticamente aspirato.

Se potessi vederti, mentre stendi il bucato davanti a casa, pallida nella luce di dicembre; le auto passano lente perché la domenica anche il traffico si calma, le nuvole corrono nel cielo e sono lontane, irraggiungibili, le piante della siepe che non hai mai curato sono sempre, inspiegabilmente, verdi. Se potessi guardarti, osservare i tuoi capelli ricci raccolti e disordinati, il volto stanco, le labbra diafane, il corpo troppo magro sprofondato, nascosto da quel maglione sformato, i piedi cacciati nelle pantofole usurate. Il rumore di un aereo rompe il silenzio, tu alzi lo sguardo e fissi il cielo, lo fissi in faccia, senza paura, senza quel terrore sordo che ti ho visto negli occhi quando ti ho incontrata la prima volta. Hai i denti bianchi mentre sorridi inseguendo un pensiero e torni a stendere gli asciugamani ancora caldi della lavatrice. Fai tutto con lentezza, con il piacere spensierato di chi aveva dimenticato il presente, di ogni donna che sente il peso del passato ma non si incurva più, non ne rimane schiacciata.
La vita ci marchia, ci imprime il suo sigillo a fuoco; l’odore della pelle che sfrigola, pensiamo che non lo dimenticheremo mai. Ci portiamo addosso quel segno, quell’orrida cicatrice e crediamo che tutti possano vederla. Abbiamo paura del nostro riflesso, ci odiamo per non essere stati capaci di meritare l’amore, di non essere degni, di non essere abbastanza, non essere mai abbastanza.

Io e te. Adesso mi guardi attraverso la finestra. Ho addosso la mia camicia stropicciata, ho in mano una tazza della tua cucina; mi domando quando potrò mettere lo spazzolino accanto al tuo, ma non calcolo il tempo, non misuro i secondi. Lo so, lo sento, che queste sono le ceneri. Adesso un soffio di vento le porterà via e di tutto il tuo passato rimarrà solo un alone scuro sulla carne. Io sono quel vento, oggi, mentre incroci i miei occhi attraverso il vetro, lasci libero ogni dolore, lasci che si disperda, alla fine.

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