Città 117, Zona 7, Casa n° 46338:
un romanzo terribilmente attuale
Stavolta il mio ringraziamento per avermi fatto scoprire questo libro va a Giuseppe De Grazia, che ha curato la copertina del romanzo che Martina Lusi ha pubblicato a soli 23 anni: Città 117, Zona 7, Casa n° 46338. Per giunta Giuseppe, Pino, mi ha recapitato il pacchetto corredandolo di un bellissimo segnalibro, sempre da lui disegnato… Cosa volere di più?
Si tratta di un romanzo distopico, che ha come tratto distintivo l’origine della dittatura che omologa il Paese: essa è di stampo femminista. Nasce, quindi, da un movimento che reclama la parità dei sessi e finisce con la sopraffazione delle donne sugli uomini, ma non solo… Martina dipinge un luogo in cui la creatività individuale, la possibilità di intessere relazioni, i sentimenti e le emozioni sono soppressi. I Cittadini hanno una vita sicura, un ambiente senza inquinamento, una dieta equilibrata e un lavoro certo. In cambio rinunciano a tutto ciò che ci rende squisitamente umani. C’è molto del mondo contemporaneo, una realtà in cui abbiamo sempre una maggiore paura del diverso, dell’estraneo, ma soprattutto una civiltà che sta cedendo la propria libertà in cambio della promessa di una più certa sicurezza. Luci e ombre, dunque, della società e del singolo essere umano. E la chiamata, forte, chiara, che non si può ignorare, a reclamare la bellezza, l’individualità, l’amicizia e l’amore, tutta la nostra umanità.
Grazie all’amicizia con Giuseppe De Grazia, mi è stato possibile chiedere a Martina una breve intervista. Come farsi sfuggire la ghiotta occasione di parlare in prima persona con l’autrice? Martina è stata così gentile da rispondere telefonicamente a qualche domanda…
Prima di tutto di nuovo complimenti per questo splendido romanzo. Te li ho fatti già tramite Pino, poi per messaggio e adesso a voce; spero di potermi congratulare presto anche di persona!
Grazie mille! Eh sì… Dovrei fare una presentazione del libro a Firenze nei prossimi mesi, quindi chissà!
Allora di sicuro, non mancherò. Cominciamo con una domanda classica… Tu sei giovanissima, da dove nasce l’idea del romanzo? Raccontami un po’ l’iter: l’avevi già nel cassetto, è nato nel tempo o…
La primissima bozza, la prima prima idea in realtà l’ho avuta negli ultimi anni delle superiori; però erano solo poche pagine. C’era la trama generale e i personaggi, che poi ho mantenuto. L’anno scorso, per caso, ho rivisto questa bozza tra i file del mio computer, l’ho riletta e ho pensato di riprenderla, arricchendola e ampliandola. Mi è sempre piaciuta l’idea di scrivere una distopia; in questo caso ho pensato di porla come una dittatura di stampo femminista (che è poi uno dei tratti più originali del libro ndr).
Una distopia, giusto. Ho visto la citazione di Huxley all’inizio del libro; personalmente io adoro Ballard, ma non ho letto molto di questo genere. Quali sono gli altri autori e i romanzi che ti hanno ispirata?
Ho scelto quella citazione da “Il mondo nuovo” perché mi pareva la più adatta ai contenuti e al messaggio del libro, ma la mia distopia preferita è sicuramente 1984 di Orwell, un classico. Molto belle sono anche Fahrenheit 451 di Ray Bradbury e il Racconto dell’ancella di Margaret Atwood.
Aldous Huxley, Il mondo nuovo,
in Città 117, Zona 7, Casa n° 46338, Planet Book, Castellana Grotte, 2019.
“Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglio il peccato.”
“Insomma,” disse Mustafà Mond “lei reclama il diritto d’essere infelice.”
“Ebbene sì,” disse il Selvaggio in tono di sfida “io reclamo il diritto d’essere infelice.”
Come lettrice mi ha colpita molto il modo in cui tratti la diversità, che è bandita in questo mondo immaginario, ma che è vista con sospetto anche nella nostra contemporaneità. In particolare, per la mia storia personale, ho trovato interessante il riferimento alla disabilità…
Tengo molto al tema della diversità anche perché nella vita studio pedagogia; per me è davvero importante. Scrivere di questa dittatura ha significato scrivere dell’omologazione che essa comporta. Ho cercato di far emergere la diversità nella sua complessità, nei vari “settori”, come quello della disabilità. Ecco, la disabilità per me è un tema fondamentale, non potevo non parlarne (Martina studia infatti Consulenza Pedagogica per la disabilità e la marginalità all’Università Cattolica del Sacro Cuore ndr). Tra le varie forme di diversità è quella di cui si parla probabilmente di meno e, nella maggioranza dei casi, si vede solo con pietismo. Bisognerebbe invece concentrarci su tutte le potenzialità che ci sono. Nel libro c’è solo uno spaccato, non ho approfondito molto, ma volevo comunque portare alla riflessione…
C’è una frase che mi ha colpita: tu dici che l’Italia, prima della dittatura, era all’avanguardia nell’integrazione dei disabili.
Esatto. Attualmente in Italia siamo molto più avanti di tanti Paesi; sto parlando di riconoscimento dei diritti, ma anche a livello scolastico. Nella degenerazione della dittatura che ho descritto rientra anche l’aver annullato questi progressi.
L’arte, la lettura, la musica sono sicuramente delle grandi protagoniste del romanzo, sembrano addirittura la goccia che spinge alla ribellione…
Certo, l’arte nelle sue varie forme è un tema centrale. Nel mondo che ho descritto ciò che non è utile non è importante, non ha valore. Ma la bellezza non può essere tralasciata, sennò si finisce solo nell’oggettivazione.
I gusti anche artistici ci caratterizzano come persone, ci rendono chi siamo.
Un’ultima domanda: stai già scrivendo qualcos’altro?
Negli anni ho sempre scritto, ma fino ad oggi non ho mai pubblicato nulla. Continuo a farlo, questo è vero, ma non per poi pubblicare. Se poi accadrà… chissà! Scrivere senza pensare che poi ci sarà un pubblico di lettori è molto più liberatorio; invece pensare già a chi leggerà può frenare. Scrivere è innanzitutto per se stessi. Per adesso ho in programma due presentazioni: una a Milano, il 22 febbraio, e una a Firenze; poi probabilmente anche in Abruzzo (Martina è originaria di Atessa in provincia di Chieti ndr).
Grazie mille, Martina, per esserti prestata a questa piccola intervista. Prima di lasciarti, però, non posso non chiedertelo, conoscendo io Pino: come nasce la copertina del libro?
Quando la casa editrice mi ha comunicato di voler pubblicare e mi ha richiesto una copertina, ho pensato immediatamente a Pino. Così l’ho chiamato e… la sera stessa aveva già fatto il disegno! Ovviamente ha letto il romanzo in anteprima, aveva presente la tematica e ha scelto una rivisitazione del quadro di Picasso, Guernica, facendo riferimento al progetto dei ribelli per sovvertire lo Stato… Pino è davvero un artista eccezionale.
Concordo pienamente! Grazie, Martina, un grande in bocca al lupo e ancora complimenti!
Dopo aver parlato con l’autrice, ovviamente non potevo fare a meno di porre qualche domanda anche a Pino De Grazia, che è anche lo zio di Martina: “la famiglia si riunisce d’estate, in Calabria, che è il ritrovo di tutti i parenti sparsi per l’Italia. C’è una grande terrazza… Sai, si vive più lì che in casa. E Martina ogni volta si porta dietro una quantità incredibile di libri: nel pomeriggio non viene al mare, rimane da sola e si immerge nella lettura. Infatti è a lei che tutti chiedono consiglio su quale libro leggere: ci azzecca sempre, secondo le caratteristiche di ognuno!”. Non ho potuto non chiedergli un breve commento sulla copertina, la sua genesi, il perché di quella scelta: “Quando ho scoperto che Martina aveva scritto un libro, sono rimasto molto meravigliato e contento. Mi ha chiesto la copertina e ci siamo sentiti per telefono. La sera stessa io le ho mandato il messaggio con la bozza. Erano alle 22.24! E’ stata una cosa proprio istintiva. Guernica è il nome del piano dei ribelli, ma il disegno ha un ruolo fondamentale nel romanzo: Davide, il protagonista, è un artista in un mondo che impedisce di esprimersi attraverso l’arte. Il quadro di Picasso è bellissimo; l’ho studiato in maniera approfondita da giovane, l’ho scomposto e l’ho fatto mio. Come vedi, rispetto alla prima bozza non è cambiato molto… E’ nato proprio in un pomeriggio: i disegni più istintivi sono quelli che vengono meglio”. In effetti non si può non ammirare non solo la sua bellezza, ma anche quanto colga nel segno rispetto al contenuto del romanzo. Tuttavia Pino non si definisce un artista: “sono un architetto, ma mi piace la grafica. Quando ero all’università ho imparato ad utilizzare il rapidograph e non ho mai smesso di disegnare. Non ho mai abbandonato questo piccolo strumento.”
La copertina, quindi, coglie e raffigura un frammento importante dell’anima di questo romanzo: nella figura in primo piano “che può essere una donna o un uomo, può essere Davide o Giacomo o un altro dei personaggi”, nelle facce stravolte e negli edifici stilizzati (tipici dei disegni di Pino De Grazia), ma anche nella scelta del bianco e nero. “Nel 1937 Picasso utilizzò come fonte riviste con fotografie in bianco e nero e mantenne questa scelta cromatica; non potevo certo modificarla. Ma non solo: il mondo dello Stato del Benestare, questa dittatura distopica, è in bianco e nero”. Martina descrive un mondo in cui sono proibiti i colori: senza libertà, senza emozioni e legami, senza i sentimenti e la bellezza, senza l’arte e la sua espressione, se si è privi dell’individualità che ci rende unici, l’universo non può avere colore, non possono esistere le sfumature che fanno vibrare la nostra vita.
INFORMAZIONI
Città 117, Zona 7, Casa n° 46338 è acquistabile in libreria e sui portali online, direttamente sul sito della casa editrice Planet Book a questo link, oppure su Ibs, La Feltrinelli, Libreria universitaria e tanti altri store e librerie!
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