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CHIESA DI SANT’ANDREA A CERCINA

Una perla nascosta a Sesto Fiorentino

Se una serie di vicissitudini della vita, lavorativa prima, personale poi, non mi avessero condotta a scoprire questa piccola pieve, così ricca di storia, di arte e di meraviglia, probabilmente l’avrei ignorata ancora oggi. Invece, dato che ho avuto la fortuna di visitarla, di entrare nel suggestivo chiostro e ammirare l’affresco tardogotico dell’ex-refettorio, non potevo non condividere alcune delle informazioni che ho raccolto.

Chiesa di Sant'Andrea a Cercina - Facciata con porticato, pietra, campanile e spiazzo davanti con prato, dietro cipresso e alberi.
Chiesa di Sant'Andrea a Cercina - chiostro durante un evento; porticato con colonne e parte del campanile; persone vestite con abiti da sposa per una siflata.

STORIA

Nell’anno 880, quando fu consacrata, la pieve esisteva già con il nome di Santa Gerusalemme, ma non avendo documenti che ce ne indichino la data della costruzione, si può soltanto avanzare l’ipotesi (molto probabile) che essa risalga al VIII secolo, ovvero all’ultimo periodo longobardo di grande fervore religioso, quando pare vi avesse diritto di padronanza il Monastero longobardo di Nonantola. Anche la vicina Pieve di S. Silvestro a Ruffignano fu padronato del medesimo monastero, che l’aveva fondata.

La chiesa è ricordata, per la prima volta, con il nome di Sant’Andrea in un atto del 25 luglio del 1050; se ne ha notizia in un libro dell’archivio del Senatore Carlo Strozzi, che l’aveva ricavata dalle scritture della Badia di Passignano. Quale sia la ragione che ha determinato il cambiamento del nome della pieve e se la chiesa sia almeno in parte la stessa non è noto, ma sembra invece sicuro che nell’XI secolo la Chiesa, anche se non fu ricostruita completamente (probabilmente perché in rovina) subì certamente trasformazioni e aggiunte che conferirono alla sua struttura l’aspetto attuale.

Nei secoli scorsi, infatti, sono state apportate al monumento diverse modifiche, ma la struttura non ha cambiato la caratteristica che aveva nel secolo XI.

La famiglia dei Catellini da Castiglione

I Catellini da Castiglione, una delle antiche famiglie nobiliari di Firenze (ghibellini), iscritta al gonfalone Leon Bianco del quartiere di Santa Maria Novella, nel XIII sec. possedevano un castello a poca distanza dalla chiesa. Durante il loro padronato della Pieve di Sant’Andrea, i Catellini promossero alcuni interventi architettonici come, nel XIV secolo, l’ampliamento dei locali adibiti a residenza del rettore e del pievano, e, nel XV secolo, la sistemazione del chiostro. All’inizio della navata di sinistra è posta un’arca sepolcrale (XIII sec.) della famiglia.

Dante citò i Catellini tra le famiglie della vecchia Firenze, nel XVI canto del Paradiso nella Divina Commedia. Il segno tangibile della loro potenza economica resta il Chiostro Verde di Santa Maria Novella, fabbricato nella prima metà del XIV secolo a loro spese.

Campagna a Cercina: ulivi e campi coltivati, alberi verdi e gialli, cielo limpido.
Chiostro

ESTERNO

L’aspetto rustico della facciata è aggraziato da un portico rinascimentale e da un campanile costruito intorno al Mille. Tale campanile è a sezione quadrata ma, cosa piuttosto insolita, è più grande in alto che in basso, perché all’altezza della cella campanaria si allarga sulla base sottostante, mediante quattro gradoni di sbalzo che lo portano in aggetto sulla parte inferiore. A questa altezza si aprivano sui 4 lati delle bifore a tutto sesto di cui una sola, quella lato nord, è stata ripristinata. Il campanile termina con una copertura a piramide, sormontata da una croce in ferro.

Il portale in pietra serena, inserito in una struttura scolpita con ghirlande e festoni, è attribuito ad Andrea Cavalcanti (1412 – 1462), detto il Buggiano, seguace del Brunelleschi. Sotto il portico si trova un affresco del XVI secolo che rappresenta l’arrivo miracoloso della statua lignea della Madonna col Bambino, veneratissima ed ancora oggi ivi custodita, ed il corteo del papa Leone X venuto in pellegrinaggio a Cercina nel 1515. L’affresco è forse di Bernardino Poccetti.

INTERNO

All’interno, romanico a tre navate con copertura a capriate, si nota per prima un’immagine oggetto di venerazione plurisecolare (all’interno di un tabernacolo del XVI): un gruppo scultoreo in legno policromo che rappresenta la Madonna col Bambino in atto di benedire, datata dalla critica al 1250 e qui giunta in modo leggendario verso il 1285. Sono chiari gli influssi bizantini; la Madonna tiene il Bambino Gesù seduto sulle ginocchia in atto di benedire con la mano destra, mentre nella sinistra tiene un rondinino. La figura è ricoperta da numerose mani di colore a olio, tanto che alcuni la ritennero costruita in terracotta. La cappella che la ospita, in fondo alla navata sinistra, è stata interamente affrescata nel XVI secolo (l’Adorazione dei Re Magi del Poccetti).

LA LEGGENDA Una tradizione pluricentenaria narra che nel XIII sec. il mulo sul quale era adagiata la statua della madonna che doveva essere trasportata in Francia da un Cardinale che era partito da Roma, arrivato davanti alla chiesa si fermò e non volle più ripartire. Scaricata la statua questo animale si gettò a terra davanti all’immagine come in un segno di devozione, parve al Cardinale un grandissimo miracolo e raccomandandosi a quella proseguì il suo viaggio. Qui, dunque, rimase la statua, da allora venerata e meta di devozione e pellegrinaggi.

Tra le altre opere custodite nella pieve si ricordano un trittico con la Madonna in trono, San Pietro e Sant’Andrea attribuito al Maestro dell’altare di San Niccolò.

Nell’abside destra, si trova un affresco particolare, opera giovanile di Domenico Ghirlandaio, datata intorno al 1471. Nella nicchia sono raffigurati, San Girolamo, Santa Barbara e Sant’Antonio abate. S. Girolamo porta la veste eremitica e ha una pietra nella mano destra, per percuotersi in segno di penitenza. Santa Barbara tiene in mano un modellino della torre in cui è stata rinchiusa dal padre per aver scelto la fede cristiana. Ai suoi piedi il padre, morto fulminato da Dio, indossa abiti orientali, un richiamo al ‘nemico’ saraceno, col quale si misura da qualche secolo l’Europa cristiana del Ghirlandaio. Sant’Antonio, con la veste da monaco, ha in mano un libro e regge un bastone. Le figure spiccano all’interno di un maturo impianto prospettico, nello stile affermatosi in quei decenni a Firenze grazie all’opera di Brunelleschi.

Chiesa di Sant'Andrea a Cercina - Affresco di San Girolamo del Ghirlandaio.
San Girolamo
Chiesa di Sant'Andrea a Cercina - Affresco di Santa Barbara del Ghirlandaio.
Santa Barbara
Chiesa di Sant'Andrea a Cercina - Affresco di Sant'Antonio Abate del Ghirlandaio.
Sant’Antonio Abate

Il crocefisso cinquecentesco sopra l’altare maggiore, acquistato nel 1810, proviene dal monastero annesso alla chiesa di San Jacopo in Via Ghibellina.

Nel vicino chiostro quattrocentesco è stato rinvenuto un ciclo di affreschi della metà del Quattrocento; staccati, sono ora conservati una parte in canonica e una, in terra verde, nel chiostro stesso (di Stefano d’Antonio e del suo maestro Bicci di Lorenzo). Lo stesso autore degli affreschi del chiostro, Stefano d’Antonio Vanni (1405 – 1483) ha eseguito altri affreschi nella canonica, in un particolarissimo stile tardogotico dominato dai colori verdognoli: un Cenacolo e il Giudizio di Salomone. Infine, nella canonica si trova anche una tavola lignea di scuola fiorentina del XIV.

Chiesa di Sant'Andrea a Cercina - Affresco tardogotico con colori verdi, ultima cena di Stefano d'Antonio Vanni.
Stefano d’Antonio Vanni, Ultima cena, 1440-50 ca

In questa chiesa si svolge la tradizionale Festa di Sant’Antonio, con la benedizione degli animali, organizzata dallo storico Comitato del Trentesimo di Cercina. Qui trovate tutti i dettagli.

ARTISTI MINORI

STEFANO D’ANTONIO VANNI (1405 – 1483)
Si formò alla bottega di Bicci di Lorenzo e fu uno degli ultimi continuatori, a Quattrocento inoltrato, dello stile tardogotico, specializzandosi nella realizzazione di affreschi in terra verde.

POCCETTI – manierista (1548 – 1612)
Bernardino Poccetti, pseudonimo di Bernardo Barbatelli, è stato un pittore italiano. Di bassa statura (da cui il diminutivo nel nome), per la sua specializzazione in affreschi di facciate e in decorazioni a grottesche fu chiamato anche con altri soprannomi, come Bernardino delle Grottesche, Bernardino delle Facciate o Bernardino delle Muse. Il soprannome “Poccetti” con cui è più noto pare derivi, invece, dalla sua abitudine a “pocciare” (letteralmente succhiare, per traslazione “bere”) nelle osterie.



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