Fiabe Libri

FIABE INSOLITE PER ADULTI E BAMBINI (2)

Fiabe e leggende della Malesia e della Bretagna

Libri troppo belli per dedicare solo un articolo… Ecco qui la seconda parte dedicata alla lettura di quattro splendidi e ricercatissimi volumi su fiabe e leggende molto particolari, regalo di mia madre che li ha acquistati alla libreria fiorentina Mucho Mojo. Dopo aver parlato, nello scorso articolo, dei racconti popolari dei Paesi Baschi e delle storie sugli sciamani siberiani, passiamo a qualcosa di più “tradizionale” con le leggende bretoni e di più vicino al nostro immaginario con quelle della Malesia.


FIABE E LEGGENDE DELLA MALESIA

a cura di Cristina Del Mare, Arcana Editrice, Milano, 1993 (prima edizione italiana)

Prima della partenza per le vacanze, a giugno (sempre 2021), sono riuscita a leggere anche il terzo libro. Senza dubbio è più godibile degli altri due: è più scorrevole e più simile ad una vera e propria raccolta di fiabe. Infatti, se il primo, Misteri e magie dei Paesi Baschi, si dedicava ai miti più arcaici e primitivi e il secondo, Leggende sugli sciamani siberiani, aveva un taglio fortemente etnografico, Fiabe e leggende della Malesia potrebbe tranquillamente essere letto a dei bambini.

Le storie sono più articolate e complesse, seguono la struttura canonica a cui siamo tutti noi abituati (luogo, tempo lontano, protagonista, ostacolo, lotta, finale), hanno personaggi simili ai nostri e si concludono con morali che già conosciamo. In particolare, la sezione dedicata alle fiabe con protagonisti animali parlanti raccoglie anche numerosi finali con consigli e precetti etici e somiglia molto alle greche favole di Esopo, anche se quelle malesi sono più lunghe e articolate.

I racconti con una morale finale servono per fornire esempi virtuosi (la sezione su “Il giusto agire”) oppure per mostrare le conseguenze delle azioni malvagie (“L’inganno della morale”); non a caso uno dei topos è quello dei due fratelli di cui uno è buono e l’altro cattivo.

La questione della morale e delle punizioni è un tema ricorrente. Mi pare interessante notare come non solo i malvagi vengono sanzionati ma possono anche pentirsi e, se sono sinceri, per loro vi è un lieto fine. Ho trovato particolarmente originale ed elastica, tipica della saggezza popolare, l’idea che a volte mentire e compiere azioni cattive sono comportamenti accettabili, anzi persino raccomandati, se il fine è buono o se si vuole punire qualcuno. Ciò che conta è più la bontà dell’anima che quella delle singole azioni.

Le storie sono utili anche per spiegare alcune tradizioni. Ad esempio “in certi luoghi della regione del Sarawak si possono vedere dei grandi tumuli di pietre e bastoni. Ogni persona che passa di là tira un sasso per continuare a ricordarsi che mentire è inutile e malvagio” (p. 106). Rientrano in questo genere di storie quelle dedicate all’origine di un oggetto tipico malese: l’aquilone (wau).

La bellezza di queste fiabe nasce dall’aspetto esotico: i riferimenti ad animali, luoghi, oggetti e piante lontani dal nostro occidente. Troviamo, infatti, tanti elementi della cultura del posto: le longhouse, il pesce, il riso e la sua coltivazione, tipi di animali, modi di dire come “giocare a fare il bufalo”, ovvero entrare e uscire dall’acqua senza lavarsi. Tuttavia, non proviamo alcuna difficoltà ad entrare dentro questo nuovo mondo; anzi, i riferimenti per noi inusuali aggiungono un tocco magico che non guasta mai! Ovviamente la mia prospettiva è esclusivamente occidentale, anzi direi proprio italiana, quindi non può rappresentare l’ottica di un lettore oggettivo… Per lo stesso motivo, alcuni riferimenti culturali non possono non stupire, come il riferimento all’avere più mogli. Bisogna anche considerare che in Malesia è avvenuto un sincretismo di culture; se ne trovano esempi anche nei nomi, come nel caso del personaggio epico Raja Sultan: il termine Raja era il Signore o principe di religione e stirpe indu, mentre Sultan indica i sovrani musulmani.



La parte finale del volume è dedicata agli eroi e l’ultimo racconto sembra proprio un riassunto di storie dell’epoca con protagonista Hang Tuah, con un finale solenne e profetico: “Il pugnale di Hang Tuah (…) venne portato a Perak, dove si trova tutt’oggi in attesa che il grande eroe ritorni” (p. 261).

Leggendo l’intero volume, che scorre velocemente, ci si rende conto che Cristina Del Mare ha ragione quando sostiene che “Nell’universo delle fiabe popolari, le malesi sembrano collocarsi tra la filosofia che regge la narrativa fantastica occidentale e quella su cui si fonda la letteratura orientale” (p. 18).

Interessanti sono i punti in comune anche con fiabe di altri Paesi, come i tipici animali parlanti, addomesticati e che aiutano i protagonisti, oppure maligni, sembianze assunte dal diavolo. Somiglianze possono essere riscontrate anche con i racconti dei Paesi Baschi e della Bretagna come se vi fossero archetipi comuni oppure una commistione antichissima frutto di scambi e confronti. Un esempio è il tema dell’opera del diavolo che utilizza api o altri animali operosi; in Bretagna un ruolo fondamentale lo assume però la donna, con la sua straordinaria astuzia. Incredibile coincidenza di dettagli è quella della favola in cui l’innamorata aiuta l’amato a superare le prove a cui il padre lo sottopone; per far ciò si scompone in pezzi, ma il protagonista dimentica di ricomporre un dito: così lui la può riconoscere tra le sorelle per sposarla.

È un libro piacevole, che fa sognare e ci proietta senza scossoni in un altro universo. L’ho trovato anche rilassante perché, al contrario delle nostre favole, non vi sono elementi molto truculenti e il finale è quasi sempre positivo… In conclusione, è quello che potrei definire “proprio un bel libro”.

“Hai cercato di aiutarla e ne hai ricavato ingratitudine. Non si può aiutare nessuno che non voglia aiutarsi da solo.”

p. 49


LEGGENDE DELLA BRETAGNA MISTERIOSA

con la prefazione di Gwenc’hlan Le Scouëzec, Arcana Editrice, Milano, novembre 1986 (seconda edizione, luglio 1986 prima edizione italiana)

Tra giugno e luglio (2021), tra Firenze e Creta, ho completato il pacchetto di volumi sulle favole di diverse parti del mondo e l’ho fatto con il libro sicuramente più simile alla nostra cultura e tradizione, considerando anche che tutta la parte dedicata a Merlino è da noi molto conosciuta (sebbene in versioni a tratti differenti).

Le storie bretoni hanno un carattere più lugubre e sanguinolento, più oscuro e stregonesco; abbondano i particolari macabri, specialmente nelle leggende che mettono in campo la Morte come personaggio; si crea un’atmosfera di suspense e un fascino di paura… Troviamo però sempre una morale, un insegnamento finale. Inoltre, molti racconti esordiscono con massime generiche (es. le donne sono più astute degli uomini) o riferimenti ai tempi passati (es. un tempo i ricchi erano più generosi). Tratto caratterizzante è sicuramente il grande uso dell’ironia.

In ogni caso, ben rappresentano lo spirito di un popolo e l’ambiente naturale, con i suoi paesaggi, le isole, le dure pietre, e culturale, con le lotte tra cristiani e sassoni, in cui esse nascono.



Tipico bretone è il ciclo dedicato a Merlino: la leggenda racconta addirittura come nasce il mago e da dove deriva il suo potere, ovvero dal diavolo, che però viene ingannato dalla furba madre del bimbo. Egli viene salvato dal battesimo e dall’amore genitoriale che lo rendono buono e saggio, facendolo divenire un servo di Dio e non del Diavolo. La saga è molto complessa e gli episodi si susseguono uno dopo l’altro; mi ha molto appassionato il racconto incentrato sul destino ineluttabile e sull’amore per Viviana. Questa sezione del volume ha un sapore diverso dal resto perché la narrazione è più vivida e colorata, mentre tanti altri racconti hanno tratti foschi e cupi.

È un libro che mi è piaciuto molto, anche per il suo carattere popolare, per la sensazione di star leggendo storie frutto di una lunga e antica tradizione orale: infatti, nelle note, sono evidenziate le incertezze e le inesattezze di alcuni punti delle narrazioni. Persino nella parte su Merlino si fa riferimento all’importanza di tramandare e raccontare le gesta, con un taglio metalinguistico eccezionale. Si legge proprio la consapevolezza di quanto sarà famosa la storia di Artù, con un gusto compiaciuto di narrazione nella narrazione: “Ma sappi, e mettilo per iscritto, che la mia opera più importante comincerà solo con il quarto re, il quale avrà nome Artù. Sappi che mai nessuna storia di re o di saggio è stata ascoltata con tanto piacere quanto lo sarà quella di Artù e degli uomini che vivranno nel suo tempo” (p. 216).

“È costume di tutti i cuori malvagi di vedere più il male che il bene nelle cose di questo basso mondo.”

p. 214


CONCLUSIONI

Ci siamo immersi in quattro universi molto diversi tra loro, culture lontane, tradizioni differenti, ma anche con dei tratti in comune tra loro e con le nostre favole e miti. Sicuramente sono letture che fanno riflettere e che arricchiscono grandemente, sia gli adulti sia i bambini. Non si possono non consigliare a tutti!


LEGGI ANCHE …

Potrebbe piacerti...