Fiabe Libri

INSIEME ADULTI E BAMBINI

Tre libri per tornare bambini con la sapienza degli adulti

Albero di Natale addobbato con palline e luci colorate, sotto alcuni regali impacchettati.

Libri Il cervo e l'arcobaleno e Il fantasma di Canterville sopra un pacco e sotto l'albero di natale.

Il libro Le parcandole di Carano sopra Il cervo e l'arcobaleno e Il fantasma di Canterville, a terra, vicino all'albero di Natale.

Scrivo a neanche una settimana da Natale, di sera, con il plaid caldo sulle gambe, la lampada che emana una luce soffusa sui regali appena impacchettati che spero riuscirò a distribuire nei prossimi giorni; poco distante, l’albero addobbato risplende fiero delle proprie luci colorate e sotto di esso già si stanno distribuendo i primi pensieri, arrivati da amici e parenti, ma anche piccoli doni inaspettati che abbiamo deciso di regalare a noi stessi.

Questo anno è stato duro per tutti e, mi duole scoprirlo, ha corroso un po’ della mia fiducia nel futuro. Forse per questo assumono un ruolo importante tre libri di fiabe, leggende, storie famose e sconosciute, racconti popolari di tradizioni ormai estinte: mi hanno fatta tornare bambina, ma sempre con l’occhio e la prospettiva di un adulto. Non sono, infatti, romanzi in cui ci si può immergere e abbandonare, trascinati dalla penna di un fantasioso autore, ma scritti brevi, densi e persino complessi. Alcuni racchiudono il sapere di popoli scomparsi, altri tradizioni macabre e litanie sconosciute, un altro ancora l’ironia e il sarcasmo che solo chi ha vissuto abbastanza riesce a cogliere e ad apprezzare, mentre i più piccoli si divertono con la lugubre storia di un semplice fantasma.

Sono libri su cui vale la pena fermarsi a riflettere, recuperando il bambino che è in noi e assaporando al contempo le parole con lo sguardo degli adulti. L’equilibrio che si crea è l’armonia a cui tutti dovremmo tendere per vivere al meglio, per rimanere freschi, in una solida speranza temprata e maturata nel sapere degli anni trascorsi.


IL CERVO E L’ARCOBALENO

Acquistato durante uno dei miei soggiorni estivi a Cavalese, nella piccola e graziosa libreria Pensieri belli, mi ha attratta subito, ma ho faticato a finirlo: nel mese di luglio, infatti, me lo sono portato dalla montagna fino a Firenze e ho rischiato di lasciarlo dimenticato. Si tratta di un libro da assaporare a piccoli sorsi: non è, come può banalmente apparire, una mera collezione di racconti, poesie e litanie dei popoli precolombiani e degli indiani d’America, ma una raccolta di miti originari, che mostrano culture vive e complesse, sconosciute e ignote, vittime di secoli di censure causate da un barbaro colonialismo.


Dove sono i Pequot oggi? Dove sono i Narragansett, i Mohawk, i Pokanoket e tutte le tribù un tempo potenti? Essi sono spariti davanti alla rapacità e all’oppressione dell’uomo bianco, come neve al sole d’estate.

Ma le lingue, le culture e le tradizioni di questi popoli e di quelli degli antichi imperi precolombiani del centro e sud dell’America sopravvivono attraverso i loro discendenti che ricercano una propria identità e un proprio orgoglio.


(p. 3)

Interno del libro Il cervo e l'arcobaleno, con alcuni canti e l'immagine di un lama in bianco e nero.

Mi ricordo come l’occhio mi sia caduto su questo sofisticato libretto perché pochi giorni prima avevo avuto una discussione con Lorenzo, il mio compagno: avevamo a lungo parlato della cultura dei popoli precolombiani, se essi avessero o meno sviluppato civiltà progredite. Ovviamente non posso mai esimermi dallo stare dalla parte dei vinti… E poi, in fondo, cos’è davvero il progresso? Gettare una colata di cemento cancellando un prato o una foresta? Distruggere e soggiogare la natura per ritrovarsi schiavi di un altro dio, quello del denaro? Oppure vi è maggiore progresso nel riconoscere i limiti dell’uomo e nell’onorarli, nel rispettare la terra e gli animali e nel vedersi parte di un tutto, non i padroni avidi e ingiusti del mondo?

Non è un libro che considererei bello nel senso usuale del termine: è affasciante perché mostra uno spaccato inedito degli antichi popoli americani, il loro stretto rapporto con la natura… Tante sono le somiglianze e le ricorrenze tra i racconti, che corrono attraverso le vaste steppe fredde del nord e nei grovigli della foresta amazzonica. Nelle storie tramandate e salvate si conserva anche la prospettiva sugli invasori, le leggende sui cruenti e sanguigni vincitori (“i frati, che una volta erano uomini di legno, vogliono sempre uccidere i nostri sacerdoti” p. 65).

Copertina del libro Il cervo e l'arcobaleno nell'albero di Natale tra luci e palline.
Strada buia, di notte, alcuni lampioni, alberi alti e senza rami, neri contro il cielo blu.


Leggendo questo libro non si può fare a meno di pensare ai grandi totem eretti dagli indiani: statue intagliate di animali e spiriti guida, in un mondo in cui la foresta, la pioggia e la neve, la dura terra sono le più grandi divinità da temere e rispettare, ma anche da invocare, a cui rivolgersi, di cui sentirsi pervadere nella mente e nell’anima.

Non sfuggiranno al lettore più attento le similitudini anche con le nostre leggende: la creazione, il diluvio, l’importanza della parola… Siamo uomini, tutti quanti, frutti uguali della natura, generati dallo stesso seme, solo che noi da tempo lo abbiamo dimenticato.

Omaha

“Io sparirò e non esisterò più
Ma la terra dove ho vissuto
Sarà sempre là
E non cambierà.”

IL FANTASMA DI CANTERVILLE

Un classico, lo ammetto. Credo di averlo letto quando ero piccola, da bambina… Mi era sembrato un libro così lungo! L’ho riletto in un pomeriggio di luglio, dopo averlo comprato a Cavalese, ed è stato come scoprirlo per la prima volta. La piccola Federica che ne aveva stretto una versione con caratteri più grandi e figure di maggiori dimensioni non aveva colto quasi niente del secondo piano su cui si può leggere l’intero racconto. E che chicca è questa! Wilde è un maestro e lo dimostra in ogni scritto: divertente e pungente, la penna del grande autore ci dipinge un mondo dominato da fantasmi e situazioni grottesche (spassosa, ad esempio, la dicotomia tra statunitensi e inglesi), che altro non sono che specchio del mondo reale. Con ironia e sarcasmo, Wilde ci vuole dare una lezione sempre valida, ai suoi tempi come ai nostri.

Dopo varie vicissitudini, alla fine, emerge la figura di un fantasma più umano e “di carne” di tanti uomini, capace di una profondità e di una ricchezza di sentimenti che in pochi possono comprendere, un romanticismo e un senso dell’onore d’altri tempi.

Mi ha colpita la conclusione, che racchiude un messaggio eterno: l’amore vince la vita e anche la morte.

p. 63

“Egli mi ha fatto capire cos’è la vita, e cosa significa la morte, e perché l’amore è più forte di entrambe.”
Copertina del libro Il fantasma di Canterville sull'albero, accanto a luci e palline.


LE PARCANDOLE DI CARANO – Racconti popolari fiemmesi

Questo inusuale libriccino, che somiglia quasi ad un opuscolo illustrato, è una vera chicca. Si tratta di una raccolta di quattro parcandole, ovvero “storie di fatti veramente successi o in parte inventati, vicende prese da altri luoghi e modificate a seconda del paese dove venivano narrate” (p. 3), in questo caso a Carano, in Val di Fiemme. Il libro è stato creato dal Museo Casa Begna, fondamentale centro di storia ed etnografia, racchiuso nel piccolo paese: ogni racconto è scritto prima in dialetto e poi tradotto in italiano e arricchito con delicate e graziose illustrazioni.

Io e Lorenzo (che al momento era piuttosto scettico, ma ha dovuto ricredersi) abbiamo acquistato questa raccolta al museo stesso, che lo mette a disposizione dei visitatori in cambio di una piccola donazione per supportare il lavoro svolto.

Interno del libro Le parcandole di Carano con una pagina scritta e un'altra con un'immagine disegnata con un toro al guinzaglio.
Cervo di legno fatto di rami intrecciati, Arno e prato.

Sono racconti popolari che hanno il sapore delle storie vissute e tramandate a lungo, dalla gente del luogo, per il divertimento dei compaesani e la sorpresa dei nipoti. Si parla di erba cresciuta sul campanile e di un toro issato per brucarla, di un tentativo di allargare le mura della chiesa e di una semina di chiodi di ferro… Storie brevi e spesso senza lieto fine, come le fiabe di un tempo: ci raccontano qualcosa del passato e tanto del presente; ci aprono gli occhi senza malizia, si articolano dalle labbra di vecchi sapienti, contadini, pastori, uomini semplici con una scintilla di arguzia negli occhi vigili. Molto abbiamo da imparare da quelli che paiono racconti lasciati a metà, tronchi di qualcosa, forse di una soluzione, di una vera conclusione… Ma non è forse così la nostra vita: una leggenda o una fiaba, narrata con diletto e con un finale sospeso?

Copertina del libro Le parcandole di Carano sull'albero di Natale.



LIBRI

  • Il Cervo e l’Arcobaleno. Canti, miti e leggende degli Indiani d’America, a cura di P. Mancini, Mulino Don Chisciotte – Arsenale Editore, Verona, 2007 (I edizione 2005);

  • Oscar Wilde, Il Fantasma di Canterville, a cura di Elena Lanzetta, Mulino Don Chisciotte – Arsenale Editore, Verona, 2007;

  • Le parcandole di Carano. Racconti popolari fiemmesi, a cura di F. Ciresa, D. Iellici, M. Dagostin, Tirincreo snc, Ville di Fiemme (TN), 2020.


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