Tra austerità e arte della Scuola Pittorica di Fiemme
Sabato 23 luglio 2022
Nel 2022 è stata organizzata per la prima volta l’iniziativa della Notte Bianca a Cavalese: spettacoli e animazione nelle piazze, menu di degustazioni, apertura dei musei e visite guidate in alcuni dei luoghi storici della città, importanti per la loro rilevanza artistica e culturale. Così, io e Lorenzo abbiamo deciso di approfittare dell’occasione e aderire ad uno dei tour, quello dedicato alla Chiesa di San Vigilio, che ci accoglie proprio all’inizio del centro di Cavalese e dove adesso si svolgono le messe quotidiane. Ci era già capitato di notare questa chiesa, ma avevamo raccolto solo alcune informazioni sulla sua storia… Ora dovevamo approfondire!
LA STORIA
La nascita della Chiesa di San Vigilio è collegata ad un convento di padri francescani, la cui presenza sul territorio non fu facile, in quanto ostacolata dall’esistenza di altri conventi, come quello di Egna, che non desideravano aumentasse la competizione per l’elemosina con un nuovo centro a Cavalese. Nel Seicento la città era florida e ricca, con una spiccata attenzione verso la religione, e la comunità locale desiderava che si insediasse sul territorio un convento di francescani, che avrebbero potuto offrire un contributo non solo religioso, ma anche alla vita quotidiana, ad esempio per l’assistenza medico-sanitaria con unguenti e rimedi.
Cavalese, infatti, così come gli altri centri della Val di Fiemme, risultava piuttosto isolata rispetto al resto della regione e la presenza dei padri sarebbe stata senz’altro utile. Fu così che nel 1682 una famiglia nobile del luogo, i Firmian, donarono un ettaro di terreno con un fienile e la Magnifica Comunità di Fiemme si sobbarcò le spese della costruzione del convento, che venne edificato tra il 1685 e il 1688 e consacrato nel 1698. La scelta per il santo titolare della chiesa cadde su San Vigilio in quanto patrono della diocesi di Trento (non a caso anche la chiesa di Moena è rivolta alla medesima figura).
Davanti al convento un tempo era presente un campo santo, che fu spostato nell’Ottocento, secondo gli editti napoleonici a tutela della salute. Durante il regno di Napoleone il convento venne secolarizzato e il territorio fu comandato dai Bavaresi, alleati dell’imperatore francese. Dopo la battaglia di Waterloo e il congresso di Vienna, gli Asburgo tornarono a regnare in questi luoghi, ma la Comunità di Fiemme perse potere e non raggiunse più lo splendore di un tempo. La struttura che vediamo oggi è il risultato di lavori di risanamento iniziati nel 1994.
LA VISITA
In facciata possiamo ammirare l’affresco raffigurante San Vigilio, opera di un autore locale, Antonio Longo di Varena (1805), mentre all’interno i dipinti furono commissionati dai nobili della Val di Fiemme ad artisti del territorio, di cui il più importante è senza dubbio Giuseppe Alberti, celebre in quanto fautore della Scuola di Fiemme alla fine del Seicento, dove si formarono molti giovani, avviati alla pittura e divenuti poi famosi oppure rimasti ad operare a livello locale. L’interno della Chiesa di San Vigilio offre mostra dell’arte sia degli uni sia degli altri.
All’esterno della chiesa, sempre sulla facciata, notiamo due stazioni della Via Crucis, opera di un allievo dell’Alberti, Domenico Bonora (1731), mentre dentro vi è quella del Santo Sepolcro; tutte le altre sono andate distrutte poiché si trovavano dove un tempo si estendevano i campi e oggi prende posto l’abitato cittadino, in particolare la strada che a metà Ottocento fu fatta costruire per giungere ad Ora. La quattordicesima stazione è rappresentata dal Santo Sepolcro, che qui possiamo ammirare da vicino… Il portale è incorniciato da una bella decorazione realizzata da Domenico Bonora: sopra vi è l’allegoria della redenzione, con il giardino dell’Eden ed Eva che coglie la mela del peccato; sulla sfera che raccoglie l’episodio è piantata la croce, radicata nel peccato originale: la morte di Cristo porta giustizia e pace, le cui figure allegoriche si baciano nel dipinto. Ai lati, un angelo distrugge i simboli dell’odio, cioè le armi, mentre dall’altra parte un suo compagno colpisce il simbolo della morte, il mostruoso cerbero ha la bocca sigillata da un anello poiché l’arrivo del Cristo ha bloccato il male. Sotto di essi, i due soldati romani incaricati di controllare il sepolcro sono addormentati. Non possono sfuggire alla nostra attenzione i corpi vigorosi, tipici della pittura dell’Alberti, maestro di Bonora, che a Roma era stato ispirato dalle opere di Michelangelo.
Nella stanza che si apre oltre il portale, vi sono due immagini in legno di epoca barocca, con panneggi movimentati, quasi gotici, e angeli del tardo Ottocento.
Rivolgiamo adesso il nostro sguardo intorno… Pur essendo realizzato alla fine del Seicento, l’ambiente era considerato molto sobrio per gli standard del tempo: non vi è alcuna presenza di oro, ma solo legno; tuttavia, non mancano le opere d’arte. I dipinti alle pareti raffigurano santi cari ai francescani e furono realizzati dallo stesso Alberti, che aveva preso casa in centro a Cavalese.
Gli altari laterali contenevano in origine un dipinto che è adesso posto sulla parete destra dell’abside: la famiglia imperiale di Leopoldo I d’Asburgo. Cavalese, infatti, rientrava tra i suoi territori ed egli fu particolarmente generoso nell’aiutare nella costruzione di questo convento e di altri, oltre ad essere attivo nella protezione contro i turchi con la battaglia di Vienna (1683). Non a caso all’interno del presbiterio rintracciamo alcuni elementi che ricordano lo scontro con gli infedeli: un dipinto dell’Alberti ci mostra le atrocità che i turchi infliggevano ai francescani, alcuni dei quali sono rappresentati come decapitati. Dall’altro lato, sull’altare maggiore prende posto un frate francescano che cercò di portare il cristianesimo fra gli infedeli, Giovanni da Capestrano, che calpesta la testa di un turco. Infine, l’ultimo dipinto raffigura i martiri che ricevono la gloria. La scelta qui compiuta è quella di raccontare quanto stava accadendo nella contemporaneità: il pericolo turco.
Al centro dell’altare maggiore prende posto una Madonna con bambino; lo stile è barocco, molto libero e fresco, anche se frutto dell’età più anziana dell’Alberti. I putti svolazzano e giocano con gli oggetti iconografici di San Vigilio, che tende la mano verso di essi. Il dipinto, così leggero, si colloca in un altare austero, di foggia barocca ma non indorato, dato che i francescani facevano voto di povertà. Il tabernacolo settecentesco è prodotto del lavoro di Giovanni Maria Betta di Cavalese, che vi installò un meccanismo atto a cambiare l’immagine centrale, scegliendo tra la Madonna, San Francesco e un crocifisso in avorio (oggetto di un furto).
Ci spostiamo dietro al presbiterio e ci troviamo nell’ambiente che mi ha maggiormente affascinato: un coro ligneo, originale del seicento, circonda un leggio e un reggi candela. L’atmosfera è molto più calda e intima, rispetto all’austerità della chiesa, ma su ogni oggetto incombe il gigantesco retro dell’altare. Il dipinto centrale è circondato da meravigliosi quadretti monocromi dell’Alberti, raffiguranti episodi della passione di Cristo. L’ambiente è decorato da altri dipinti del grande artista, che ha rappresentato San Francesco e Santa Chiara, oltre a tavole ad olio su legno di Antonio Longo, il pittore che aveva già realizzato l’affresco in facciata.
Le due porte laterali conducono alla sagrestia e al piccolo chiostro, dove ci spostiamo. Illuminato nella notte estiva, mentre il cielo promette un temporale, questo spazio di silenzio e raccoglimento ci trasporta in una dimensione ancora differente rispetto alle precedenti. Il pozzo è una realizzazione moderna perché i frati non ne avevano necessità, in quanto potevano utilizzare le numerose fontane esterne. Le linee sono semplici, la struttura è realizzata in porfido della Val di Fiemme. Gli affreschi sono opera di Domenico Bonora, che decorò il chiostro con scene della passione di Cristo; notiamo la notevole resa della fisicità dei corpi di queste figure, così come di quelle affrescate nel Santo Sepolcro. Gli episodi scelti raffigurano il Cristo flagellato, quando egli viene consolato dall’angelo perché i soldati stanno andando a prenderlo, la crocifissione e la corona di spine. Bonora lavorò su bozzetti del suo maestro, Alberti, che aveva ammirato le meraviglie artistiche di Venezia, Trento, Roma e Mantova. Secondo l’iniziatore della Scuola di Fiemme occorreva imparare dai grandi, copiare le loro opere per migliorarsi. La scena della corona di spine, infatti, è tratta da un quadro del Tiziano. Alcuni dipinti del chiostro sono ben conservati, mentre altri, purtroppo, pagano il prezzo dell’umidità e di successivi rimaneggiamenti.
Caratteristica particolare del luogo è la presenza di ben quattro meridiane, a cui se ne aggiungono due all’esterno, che scandivano le ore e le occupazioni dei padri francescani. Al piano superiore, erano ubicate le celle e la biblioteca, mentre una porta ci conduce alla cucina e al refettorio. Prima di entrare, notiamo una botola nel corridoio: in perfetta corrispondenza si trova una stufa in maiolica del 1830, che ne ha sostituita una antecedente di cui rimangono solo alcune formelle, riconoscibili perché di epoca barocca. La stufa scaldava questa stanza e le celle al piano superiore, grazie ad una grata che faceva salire il calore verso l’alto. Il soffitto e le porte sono, invece, recenti, degli anni Cinquanta.
Affissa alle pareti del refettorio vi era una vera e propria pinacoteca della Scuola di Fiemme, che durò fino alla metà dell’Ottocento, ma i quadri sono stati trasferiti altrove. L’unico rimasto è il grande dipinto in fondo, L’Ultima Cena, particolarmente scuro, mentre i volti emergono e risaltano tra le tenebre. Il quadro, che già di per sé aveva tonalità cupe, è stato fortemente danneggiato dalle candele.
Concludiamo la nostra vista uscendo nell’orto, dove i frati avevano un ettaro di terreno. Esso fu in parte donato alle suore, che vi hanno ricavato un albergo. All’interno del loro perimetro i padri avevano anche due cappelle e una stazione meteorologica, oltre a stalle e fienili. Grazie all’ampiezza dell’appezzamento di terra potevano vivere decorosamente e sfamare chi potevano con un pasto al giorno. Si trattava di un aiuto concreto per la comunità.
La Chiesa di San Vigilio è uno dei tanti gioielli di Cavalese, una città molto più ricca di storia e di arte di quanto si potrebbe immaginare da un’occhiata superficiale. Proprio davanti ad essa, ad esempio, la facciata colorata di Casa Bertelli cattura subito la nostra attenzione: la dimora storica è visitabile grazie alle iniziative del Palazzo della Magnifica Comunità.
Il nostro consiglio è di visitare il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme e di approfittare delle visite guidate per scoprire l’interno della Pieve… Altrimenti, tante sono le passeggiate intorno al centro, a partire dal meraviglioso panorama che si gode dalla pagoda!
INFORMAZIONI
- Comune di Cavalese: https://www.comunecavalese.it/Territorio/Luoghi-e-punti-di-interesse/Cosa-puoi-visitare/Chiesa-di-San-Vigilio-e-Convento-del-Padri-Francescani
- Visit Trentino: https://www.visittrentino.info/it/guida/da-vedere/chiese-santuari/chiesa-di-s.vigilio-e-convento-dei-frati-francescani_md_2377
- Chiese di Fiemme: https://chiesedifiemme.org/parrocchie/cavalese/san-vigilio-vescovo-e-martire-a-cavalese/
- Notte Bianca a Cavalese: https://www.lavisioblog.it/notte-bianca-a-cavalese/
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