Emilia-Romagna Viaggi

TREKKING AD ANELLO ALLE GROTTE DI LABANTE

Abbadia di Santo Stefano, Sentiero delle Tane,
Monte della Castellana e Chiesa di San Cristoforo

Sabato 15 aprile 2023

Trovate casualmente sul web, le Grotte di Labante mi avevano colpita per i loro colori vividi e per l’unicità del fenomeno… Così, combinando alcune occasioni del periodo, ho deciso di regalare a Lorenzo un secondo weekend sull’Appenino Tosco-Emiliano (qui potete leggere del primo). In particolare, ho organizzato un percorso ad anello combinando più sentieri e attrazioni, così da poter ammirare lo spettacolo delle Grotte di Labante, ma anche i giganteschi e suggestivi massi del Sentiero delle Tane, chiese e rovine.

Lunghezza complessiva12,2 km
Tempi di percorrenza5h30min (senza pause)
Dislivello664 m.
Grado di difficoltàMedio
SCHEDA TECNICA

Da Firenze alle Grotte di Labante impieghiamo circa un’ora e mezza, prendendo l’autostrada Firenze-Bologna: ci troviamo già in provincia di Bologna e le stradine che scendono lungo le montagne sono a volte strette e dissestate. Il programma prevedeva di iniziare il trekking proprio dalle Grotte, ma la quantità di persone e il parcheggio già pieno ci hanno fatto subito desistere; così abbiamo trovato una soluzione persino migliore dell’idea originale: abbiamo lasciato l’auto alla Chiesa di Santa Maria di Labante e abbiamo posticipato la visita alle Grotte come chicca finale.

Panorama sull'Appennino Bolognese.

Chiesa di Santa Maria di Labante

Sono le dieci e trenta circa quando parcheggiamo la macchina (la sosta è libera e i posti sono vuoti) e ci avviamo lungo il sentiero, dando prima un’occhiata alla facciata arancione della Chiesa di Santa Maria di Labante, fondata nel XII o nel XIII secolo e completamente ristrutturata nel 1620. Purtroppo, già cinquant’anni dopo una frana compromise irrimediabilmente la chiesa e l’edificio fu nuovamente ricostruito dalle fondamenta, in forme barocche, su disegno dell’abate Virginio Veronesi. Ulteriori restauri avvennero nella seconda metà del Settecento e nell’Ottocento; nel 1939 la chiesa fu ritinteggiata dal pittore Renato Pasqui. Dopo i danni e i crolli durante la Seconda guerra mondiale la chiesa fu ristrutturata ed è attualmente in buone condizioni.

La facciata si presente ancora con le forme barocche, con una tripartizione che denuncia la scansione interna dei volumi. L’interno è composto da un’unica aula voltata a botte, campate irregolari e quattro cappelle laterali.

Chiesa di Santa Maria di Labante.
Sentiero verso il torrente Aneva.
Sentiero verso il torrente Aneva.

Proprio accanto alla facciata della chiesa si apre un piccolo spiazzo, che prosegue divenendo un sentiero; seguiamo, quindi le indicazioni per il n. 162, in direzione di Molino del Povolo. La strada è piacevole e spaziosa, passa attraverso un piccolo agglomerato di case e costeggia poi un campo verdeggiante, dove lo sguardo può spaziare fino al borgo di Castelnuovo, che svetta su un promontorio.

Mulino di Santo Stefano

Alla fine della discesa ci troviamo al piccolo guado in corrispondenza del Mulino di Santo Stefano, situato sulla riva destra del torrente Aneva e poco distanza dall’Abbazia di Santo Stefano, di cui era di sicuro un possedimento nel 1556. Completamente ristrutturato nel 1920, adesso non è più funzionante, ma il vicino essiccatoio testimonia che era utilizzato anche per la macinazione delle castagne.

Torrente Aneva, guado al Mulino di Santo Stefano.
Mulino di Santo Stefano.

Abbazia di Santo Stefano

Poco oltre il mulino la strada pianeggiante è piacevolmente fiancheggiata da alberi in fiore e i prati sono verdi e brillanti; udiamo il gorgheggiare del torrente e percorriamo il sentiero fino ad un altro agglomerato di case tipiche di campagna. Qui si trovano i ruderi dell’Abbadia di Santo Stefano, edificio risalente al Seicento e che inglobava una torre, il palazzo e la chiesa. Quest’ultima, dedicata a Santo Stefano, era la più importante di Labante ed aveva il titolo onorifico di Abbazia. Accanto ad essa la famiglia Grassi, una delle più antiche e nobili di Bologna, ottenne il permesso dal papa Leone X di edificare un palazzo (1514), che divenne Casa di Esercizi Spirituali dell’Azione Cattolica femminile (1939-1945). Durante la Seconda guerra mondiale qui passò la Linea gotica e il complesso fu notevolmente danneggiato; ne rimangono, infatti, solo poche tracce…

Proseguiamo tra i campi al limitare del bosco seguendo il sentiero n. 162, che sbuca sulla strada asfaltata, dove camminiamo per poche centinaia di metri in direzione del percorso n. 152/A (Le Tane). Lasciata la provinciale in corrispondenza di uno spiazzo usato come parcheggio, il sentiero si inerpica stretto e in forte pendenza all’interno di un fitto bosco.

Sentiero n. 162 lungo il torrente Aneva.
Abbazia di Santo Stefano.
Sentiero n. 162 lungo il torrente Aneva.

Sentiero delle Tane

Raggiungiamo prima due importanti cavità rocciose, chiamate appunto “Tane del Paroletto” o Tana del Paroletto la prima e Tana dell’Istrice la seconda, dove gli abitanti della zona si rifugiarono durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Adesso questi luoghi così suggestivi sono utilizzati per i concerti estivi, grazie alla loro eccellente sonorità.

A mio parere ancora più sbalorditivi sono gli enormi monoliti che possiamo ammirare poco dopo, in località Serretti: si tratta di mastodontiche rocce di arenaria, che svettano verticali al lato del bosco… Incredibile!

Sentiero delle Tane.
Sentiero delle Tane.

Oltrepassati questi blocchi stupefacenti, passiamo accanto ai cancelli di alcune case e seguiamo l’indicazione per il n. 152, verso le Grotte di Labante: il fitto bosco diviene qui meno selvaggio e si apre talvolta su un panorama incantevole. Stiamo costeggiando le pendici del Monte Valburna e possiamo scorgere tra il fogliame il campanile della chiesa di Castelnuovo, che è adesso alla nostra stessa altezza (anzi, forse un po’ più in basso).

Il sentiero è su una strada sterrata piuttosto ampia e, arrivati in corrispondenza di una serie di villette con giardino (meravigliose), possiamo scegliere se proseguire a sinistra, seguendo la via carrabile, oppure girare a destra. Noi scegliamo questa seconda opzione e ci troviamo su un sentiero piuttosto stretto, invaso dalle foglie e circondato dai castagni; la temperatura è qui molto più bassa e il panorama di cui si gode è per la prima volta dall’altro lato del crinale. La deviazione non è particolarmente lunga e in breve ci ricongiungiamo alla strada principale, da cui si gode una vista mozzafiato sulle montagne circostanti, di cui riconosciamo solo il Corno alle Scale.

Sentiero delle Tane.
Località Serretti.

Abbiamo passato prima la località La Casella e poi quella de I Monti, dove, invece di scendere verso le Grotte di Labante (n. 152), proseguiamo lungo il piccolo sentiero n. 158, che conduce alle trincee del Monte della Castellana. Siamo nuovamente in salita, anche se la pendenza è minore di quella del Sentiero delle Tane: camminiamo sul crinale fino ad arrivare ad una radura, dove sorge una deliziosa casetta. Qui ci fermiamo per il pranzo… Sono già quasi le tre e il meteo ha promesso temporali nel pomeriggio… Tuttavia, la fortuna aiuta gli audaci e stavolta scampiamo la pioggia!

Panorama sull'Appennino Bolognese.
Panorama sull'Appennino Bolognese, Castelnuovo.
Panorama sull'Appennino Bolognese.

Monte della Castellana

Fermatevi per il pic-nic poco più avanti, dove il sentiero, sempre in salita, vi conduce fino alla “vetta” del Monte della Castellana (1.005 m slm). Vi è qui un grande pascolo e un’orrenda torre in cemento, ma il panorama è incredibile: lo sguardo spazia su montagne e valli, fino ad arrivare alle cime ancora innevate… Una meraviglia!

La salita è ufficialmente terminata: ora ci attendono quasi 600 metri di dislivello completamente in discesa… Cosa lo dico a fare? È un pezzo “spacca-ginocchia”. Le indicazioni sono abbastanza semplici: sentiero n. 158 verso le Grotte di Labante… Peccato che questo sia la parte con la peggiore manutenzione: anche se non abbiamo incontrato nessuno durante tutto l’anello, le vie erano ben tenute e quasi sempre libere. Qui, invece, ci troviamo ad affrontare una selva di alberi caduti, tronchi tagliati e lasciati in mezzo al sentiero, punti scivolosi e persino erbacce. Ci ripaga della fatica mentale e fisica uno splendido paesaggio, in cui riusciamo a distinguere persino la Rocchetta Mattei: una macchia biancastra in mezzo al verde, con le sue inconfondibili torri.

Monte della Castellana.
Monte della Castellana - panorama.
Panorama sulla Rocchetta Mattei.

Chiesa di San Cristoforo

Ci siamo finalmente ricongiunti con la strada provinciale! Ci accolgono alcune case e l’asfalto, giriamo a sinistra e dopo pochi minuti arriviamo alla Chiesa di San Cristoforo, che vanta origini molto antiche, dato che è menzionata fin dal 1378. Il luogo, però, era utilizzato anche prima, forse non solo dagli Etruschi come cava, ma addirittura fin dal Neolitico. Nell’antichità, infatti, erano particolarmente venerate le sorgenti ed esisteva un vero e proprio culto delle acque, soprattutto quelle considerate salutari. In effetti, l’elemento dell’acqua ricorre pure nella destinazione cristiana del posto: San Cristoforo, al quale la chiesa è dedicata, aveva portato in braccio Gesù sotto forma di bambino da una riva all’altra del fiume. Il culto del santo in questo luogo farebbe pensare ad una prosecuzione di un concetto di sacralità legata alle sorgenti.

La pieve originale, troppo piccola e ormai in rovina, fu abbattuta e ricostruita nel 1633 in una forma che è arrivata fino ai giorni nostri. Alla fine del Settecento i parrocchiani iniziarono la costruzione del campanile con travertino estratto dalla cava sottostante; i lavori durarono circa un secolo, quando, alla fine dell’Ottocento, furono ultimati con l’edificazione della bella guglia ancora presente. Chiesa e campanile furono danneggiati dalle cannonate durante la Seconda guerra mondiale; nel 2001 l’amministrazione parrocchiale decise di avviare i lavori di ristrutturazione.

Chiesa di San Cristoforo.
Grotte di Labante.

L’interno della chiesa è in stile romanico, molto gradevole; il quadro dietro l’altare maggiore raffigura la Madonna col bambino e, sotto, i Santi Cristoforo e Giacomo. La sagrestia contiene un pregevole armadio in noce massiccio, lavorato in intaglio, in gusto barocco settecentesco (1761); l’autore è un artigiano locale, De Maria.

Grotte di Labante

Siamo arrivati all’attrazione principale del nostro trekking: le Grotte di Labante, che sono introdotte da un parco ben curato, dedicato a Don Gaetano, il quale fu parroco di Santa Maria di Labante dal 1957 al 2008. La stele che lo ricorda è un’opera donata dallo scultore vergatese Alfredo Marchi. La passeggiata in discesa è gradevole e in breve ci troviamo di fronte allo spettacolo delle grotte, che possiamo subito ammirare in tutta la loro grandiosità da cartolina. Nonostante la primavera non sia ancora completamente esplosa e che, quindi, alcuni dei muschi siano ancora di colore terroso, un raggio di sole illumina il mantello verde che avvolge le rocce… Sotto di esse si forma un laghetto in cui gocciola continuamente acqua proveniente dall’alto: una meraviglia unica nel suo genere!

Grotte di Labante.
Grotte di Labante - Grotta dei Tedeschi.

Prima di avvicinarci a questa inusuale cascata, ci fermiamo alla prima delle grotte, quella dei Tedeschi, più piccola e con uno sviluppo di 27 metri. La denominazione è già attestata nei rilievi del 1933 e quindi non è legata, come potremmo supporre, a fatti svoltisi durante la Seconda guerra mondiale, anche se resta sconosciuto il motivo di questa denominazione, tanto più che Fantini nel suo libro “Le Grotte Bolognesi” del 1934 riporta che localmente era nota come la Grotta Asciutta. È costituita da due livelli, ornati da belle concrezioni calcaree, piccole stalattiti e vaschette sul pavimento. Durante la guerra le grotte di Labante furono temporaneamente utilizzate come rifugio, ma lo stabilirsi del fronte sulle opposte dorsali della vallata dell’Aneva nell’autunno del 1944 costrinse ben presto la popolazione locale ad abbandonare la zona, per farvi ritorno solo alla conclusione del conflitto.

Grotte di Labante.
Grotta di Labante.

La seconda grotta, di maggiori dimensioni, con i suoi 54 metri di lunghezza e un dislivello di 15, rappresenta un fenomeno carsico di notevole rilevanza. Insieme alla sorgente di San Cristoforo che dà luogo a una spettacolare cascata naturale, la grotta rappresenta un ambiente ricco di habitat unico nell’Appennino Bolognese. L’acqua della sorgente di San Cristoforo, molto ricca di sali di calcio, concorre alla formazione dei travertini caratteristici del sito, da cui il nome di “sorgenti pietrificanti“. Quando le acque sotterranee risalgono in superficie, i sali di carbonato di calcio precipitano depositandosi sotto forma di incrostazioni di calcare su tutte le superfici disponibili. Le incrostazioni ricoprono la vegetazione presente, rimangono frammenti vegetali, come foglie e rametti, e resti di origine animale come i piccoli gusci. La roccia che si viene a formare (travertino) pur essendo molto dura e resistente, è caratterizzata da una struttura porosa, dovuta in gran parte ai vuoti lasciati dalle sostanze organiche che, inglobate dalle incrostazioni di calcare, scompaiono poi per decomposizione. Le varietà più leggere e più cariate rendono la roccia simile a una spugna, tanto che localmente il travertino è denominato sponga.

Ma le meraviglie delle Grotte non terminano qui! Nel 2005 fu notata per la prima volta la presenza di alcuni “ciottoli” arrotondati, che si è scoperto essere una delle più importanti rarità del luogo: le pisoliti. Si tratta di concrezioni libere, non saldate alla roccia, che prendono il nome anche di “perle di grotta” poiché il loro modo di svilupparsi è assolutamente identico a quello delle perle all’interno di un’ostrica.

Per prima cosa ci avviciniamo al laghetto dai colori incredibili: azzurro e verde, un’acqua limpidissima incrinata solo dalle gocce che continuamente vi piovono. Pare quasi una miniatura dei laghi dolomitici…

Grotte di Labante.
Grotte di Labante.
Grotte di Labante.

Facendo poi il giro intorno alla cascata possiamo entrare nella grotta, arrampicandoci tra le rocce e facendo molta attenzione a non scivolare perché vi sono depositi di acqua, umidità e persino piccoli ruscelli… L’esperienza è particolarissima! Arriviamo prima ad una specie di terrazzina in pietra e poi, issandoci su appositi supporti in ferro, fino al piano superiore.

Dopo tutte queste emozioni, siamo arrivati quasi alla fine del nostro trekking, che completiamo seguendo le indicazioni del sentiero n. 162, verso Labante. La strada è piacevole, all’interno del bosco, e dopo una decina di minuti sbuchiamo a lato della Chiesa di Santa Maria di Labante.

Sono quasi le 17 e il temporale ci ha scansati per un pelo, abbattendosi tutto intorno! Siamo stanchi ma molto soddisfatti di questo lungo anello, che ci ha portati alla scoperta di rare e incredibili meraviglie naturali, antichi luoghi storici e piccole opere d’arte.

Grotte di Labante.
Sentiero n. 162 verso la Chiesa di Santa Maria di Labante.

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