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LA MOSTRA “GIOVANNI DA SAN GIOVANNI”

Terre degli Uffizi: “Pittore senza regola alla corte medicea”

Domenica 15 ottobre 2023

In occasione del tirocinio che sto svolgendo per il corso GAE e che questa domenica mi ha portata con un trekking alle Balze del Valdarno, sono riuscita a visitare una delle mostre che compongono il progetto Terre degli Uffizi: “Bizzarro e capriccioso umore. Giovanni da San Giovanni, pittore senza regola alla corte medicea”. Ci sono stata insieme a mia mamma ed entrambe abbiamo apprezzato sia la scelta delle opere esposte sia la loro distribuzione in due siti della gradevole cittadina di San Giovanni Valdarno.

Durata della visita: circa 2 ore
Biglietto: 10 euro – riduzione per i soci Unicoop 2×1: 10 euro

OPERE ESPOSTE

Mostra "Giovanni da San Giovanni" - piantina della sezione al Museo delle Terre Nuove.
Mostra "Giovanni da San Giovanni" - piantina della sezione al Museo della Basilica.

MUSEO DELLE TERRE NUOVE

Opere esposte:

  1. Justus Suttermans (attr.), Ritratto di don Lorenzo de’ Medici, 1630 ca., olio su tela, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  2. Inventario dei beni mobili della Villa della Petraia, 1649, Registro cartaceo manoscritto con coperta in pergamena (Guardaroba medicea, 628), Firenze, Archivio di Stato.

Opere esposte di Giovanni Mannozzi:

  1. La Pittura che dipinge la Fama, 1634 ca., affresco su terracotta, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  2. Contesa di Apollo e Marsia, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  3. Pan vinto da Cupido, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  4. Narciso alla fonte, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  5. Susanna e i vecchioni, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  1. Fetonte chiede al padre Apollo di guidare il suo carro, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  2. Aurora e Titone, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  3. Bacco e Arianna, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  4. Giudizio di Paride, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  5. Sileno ebbro, 1634, affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  6. Scena di evirazione, 1634, affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;
  7. Diana ed Endimione, 1633 ca., affresco su terracotta, Collezione Intesa Sanpaolo Pistoia, Fondazione Pistoia Musei – Antico Palazzo dei Vescovi, in comodato;
  8. Ballo di amorini, 1630-1633 ca., affresco su terracotta, Firenze, collezione privata;
  9. Giove e Antiope, 1630 ca., matita rossa e nera con acquarellature, penna e inchiostro bruno su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe.
  10. Testa di giovane, 1635 ca., matita rossa e nera su carta cerulea, pastello rossastro e gessetto bianco su sagoma rotonda controfondata, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe;
  11. Aurora e Titone, 1634-1636, penna e matita rossa, acquerello marroncino e stilo su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe;
  12. Le tre Grazie, 1632 ca., matita rossa e nera su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe;

MUSEO DELLA BASILICA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

Opere esposte:

  1. Autore ignoto, Stemma Mannozzi, prima metà XVII secolo, olio su tela, San Giovanni Valdarno, collezione privata.

Opere permanenti di Giovanni Mannozzi:

  • Sposalizio della Vergine, 1620, affresco staccato;
  • Decollazione di San Giovanni Battista, 1620, olio su tela.

Opere esposte di Giovanni Mannozzi:

  1. Martirio di San Biagio, 1619, disegno a penna, acquerello blue tracce di matita su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe;
  1. La Mensa dei poveri, prima metà XVII secolo, tempera su cartoncino, San Giovanni Valdarno, collezione privata;
  2. Circoncisione, 1620, olio su tela, Cutigliano, Chiesa di San Bartolomeo.
San Giovanni Valdarno - mostra al Museo delle Terre Nuove.
San Giovanni Valdarno - Palazzo di Arnolfo.


VISITA ALLA MOSTRA

La mostra, aperta dall’8 ottobre 2023 al 31 marzo 2024 e inserita nel progetto Terre degli Uffizi, ideato e realizzato dalle Gallerie degli Uffizi e dalla Fondazione CR Firenze, è stata promossa e organizzata dal Comune di San Giovanni Valdarno, con la collaborazione di MUS.E. Il titolo è già eloquente: l’esposizione si concentra sull’artista Giovanni Mannozzi, conosciuto come Giovanni da San Giovanni (1592-1636), importante pittore del Seicento italiano originario della cittadina e prevalentemente attivo in Toscana e a Roma.

Dal borgo natio, ancora giovanissimo, si trasferì a Firenze per dedicarsi alla pittura sotto la guida di Matteo Rosselli e poi di Giulio Parigi, si iscrisse all’Accademia del disegno nel 1612, sviluppando un linguaggio neo-manieristico del tutto originale ed estroso: fu apprezzato da prestigiosi committenti fiorentini e romani, coltivando un particolare rapporto con i granduchi medicei. Su loro commissione, infatti, Giovanni eseguì uno dei suoi primi lavori fiorentini, il dipinto, purtroppo perduto, in piazza della Calza e l’ultima prestigiosa opera, la decorazione del Salone degli Argenti in Palazzo Pitti, lasciata incompiuta a causa della prematura morte.

La mostra è realizzata in due luoghi simbolo di San Giovanni Valdarno: il Museo delle Terre Nuove, nel famoso Palazzo di Arnolfo, al centro della piazza principale del borgo, e il Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie, poco distante. La scelta di questi due spazi espositivi e la suddivisione delle opere non è affatto casuale.

Giovanni Mannozzi, La Pittura che dipinge la Fama, 1634 ca., affresco su terracotta, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.
Justus Suttermans (attr.), Ritratto di don Lorenzo de' Medici, 1630 ca., olio su tela, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi - sotto, Inventario dei beni mobili della Villa della Petraia, 1649, Registro cartaceo manoscritto con coperta in pergamena (Guardaroba medicea, 628), Firenze, Archivio di Stato.

MUSEO DELLE TERRE NUOVE

Dato che la biglietteria si trova nel primo, accediamo subito al bel palazzo decorato da stemmi e saliamo al primo piano, interamente dedicato alla mostra e suddiviso in quattro stanze.  La sala che ci accoglie, oltre al grande pannello illustrativo di introduzione e relativo a questa sezione, che conserva prevalentemente dipinti databili intorno al 1634.

In fondo alla stanza, impreziosito da una spessa cornice dorata, troviamo il primo dipinto, un affresco su terracotta, proveniente dalle Gallerie degli Uffizi: La Pittura che dipinge la Fama. La bella figura, allegoria della pittura, è classica e aggraziata, colta di tre quarti, con capo adorno e pennello e tavolozza in mano, seduta su un ricco panneggio, mentre dipinge sul cavalletto in compagnia di un putto, che le tende altri strumenti… Mi colpisce soprattutto il fondo nero, che fa risaltare i personaggi in primo piano.

La seconda sala è improntata alla relazione tra Giovanni e un membro della famiglia Medici, il principe don Lorenzo (1599-1648), quinto figlio di Ferdinando I e di Cristina di Lorena, principe raffinato e colto che amò particolarmente la Villa della Petraia. Lo vediamo qui rappresentato in un ritratto del 1630 circa, posto al centro della grande stanza, proprio davanti al monumentale caminetto: si tratta di un dipinto riferibile all’ambito del fiammingo Justus Suttermans, divenuto a Firenze pittore della corte granducale e ritrattista della famiglia Medici.

Giovanni Mannozzi, Contesa di Apollo e Marsia, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.
Giovanni Mannozzi, Pan vinto da Cupido, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.
Giovanni Mannozzi, Narciso alla fonte, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.

Sotto il mezzobusto imponente che emerge dall’oscurità, troviamo un documento fondamentale, chiave di lettura per tutte le pitture disposte alle pareti della sala: si tratta dell’inventario 628 della Villa della Petraia, conservato all’Archivio di Stato di Firenze. Esso fu stilato dopo la morte di don Lorenzo ed è proprio tra le sue pagine che sono menzionati “cinque quadri tondi a fresco (…) di mano di Giovanni da S. Giovanni” e, poco dopo, “quattro aovati dipintovi a freso (…) di mano di Giovanni da S. Giovanni”.

Alle pareti, infatti, troviamo esposti per la prima volta in serie gli otto tondi dipinti a fresco su stuoia per la Villa della Petraia intorno al 1634 (notiamo da un confronto con i numeri del registro che ne manca uno, probabilmente identificabile con quello raffigurante Venere e Amore, già nella collezione Lanckoronski a Vienna e oggi non rintracciabile). Questi tondi furono eseguiti su commissione di don Lorenzo.

Il colpo d’occhio, girando lo sguardo nella sala, è eccezionale: possiamo apprezzare in parte come la decorazione doveva essere stata pensata e presentata nella villa medicea, creando un’atmosfera di giocoso incanto. I colori sono chiari e luminosi, i tratti pacati e gradevoli. Il critico Roberto Longhi aveva definito la pittura di Giovanni come “proto-impressionista” e, in effetti, anticipa di circa due secoli la freschezza e la luce della corrente ottocentesca.

Altra caratteristica innovativa che accomuna tutti questi dipinti è la tecnica di esecuzione: i tondi sono infatti realizzati a buon fresco su stuoie di giunchi.

Giovanni Mannozzi, Susanna e i vecchioni, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.
Giovanni Mannozzi, Giudizio di Paride, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.

Pure il taglio narrativo è piuttosto originale: a eccezione della scena biblica di Susanna e i vecchioni, i tondi raffigurano storie mitologiche di sapore classico. Il loro carattere drammatico, però, è completamente assente, stemperato in un’atmosfera distesa e rilassata, familiare.

I primi due tondi, alla nostra destra entrando nella sala, raffigurano due importanti contese: tra Apollo e Marsia e tra Cupido e Pan. Il dio della musica è intento a suonare, mentre il suo rivale lo ascolta quasi rapito; immersi in un paesaggio bucolico, non fanno presagire la terribile sorte del sileno, che a breve risulterà perdente e sarà scuoiato vivo. Nell’altro tondo Cupido atterra il dio Pan, immobilizzato e con il braccio torto nella stretta del putto, che sorride angelico e soddisfatto, senza drammaticità o violenza.

Dal lato opposto, sempre accanto alla porta d’ingresso, possiamo ammirare Narciso che si specchia nella fonte, e la scena biblica di Susanna intenta a coprire le proprie nudità dallo sguardo invadente dei due Vecchioni, che la avvicinano e quasi la circuiscono dall’alto.

Girando intorno alla sala ci soffermiamo su un’altra coppia di tondi: il primo raffigura il giudizio di Paride, in primo piano e che stringe il pomo d’oro da attribuire alla vincitrice della contesa tra le dee Era, Atena e Afrodite, le tre figure femminili che gli si assiepano intorno. Il secondo ha come protagonisti Bacco e Arianna, la quale, dopo essere stata crudelmente abbandonata da Teseo, viene incoronata dal dio alle cui gambe si appoggia dolcemente.

Giovanni Mannozzi, Bacco e Arianna, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.
Giovanni Mannozzi Fetonte chiede al padre Apollo di guidare il suo carro e, sotto, Aurora e Titone, 1634 ca., affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi;

Chiudono il ciclo i dipinti raffiguranti Aurora e Titone e Fetonte e il padre Apollo, al quale il giovane chiede, indicandolo, di guidare il suo carro. Notiamo anche in questi tondi la presenza di coppie di figure e di storie drammatiche, ricche di pathos e tragicità. Tuttavia, la rappresentazione è sempre mite e contemplativa, quasi bucolica e sicuramente distaccata, così come la committenza medicea desiderava.

La sala seguente è occupata da altri due tondi, eseguiti sempre nel 1634 nella medesima tecnica dei precedenti per la Villa di Pratolino, di dimensioni lievemente superiori. Hanno entrambi un soggetto mitologico: da una parte abbiamo Sileno ebbro, mentre dall’altra la terribile Scena di evirazione. Anche in questi dipinti il carattere tragico è completamente evitato: nella villa dominava uno spirito di allegrezza e svago… Non a caso in due lettere del settembre 1634 viene identificato nel satiro evirato dalle ninfe il nano di corte Janni. Allo stesso modo viene sottolineato che questi affreschi erano mobili: potevano essere portati ovunque.

Come nei precedenti tondi, i gruppi di figure sono distribuiti in modo sapiente nello spazio, creando una dinamicità controllata e gradevole, un’atmosfera rilassata, mentre i colori dominanti sono quelli dell’ocra e del blu.

Giovanni Mannozzi, Sileno ebbro, 1634, affresco su stuoia, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi.
Giovanni Mannozzi, Diana ed Endimione, 1633 ca., affresco su terracotta, Collezione Intesa Sanpaolo Pistoia, Fondazione Pistoia Musei - Antico Palazzo dei Vescovi, in comodato.

L’ultima sala è divisa in due sezioni: nella prima troviamo due dipinti, sempre affreschi portatili, ma su terracotta. Diana ed Endimione (1633 circa) è sicuramente il mio preferito: la dea abbraccia voluttuosamente il pastore, in un abbraccio amoroso che vuole essere eterno. Accanto, il Ballo di amorini (1630-33 circa) raffigura un festoso girotondo di putti alati, scomposti e festanti; sul retro è impressa la dedica a Luca Mini, provveditore di guardaroba di don Lorenzo e pievano di Santo Stefano in Pane.

Concludono questa sezione della mostra una serie di quattro disegni, sempre con soggetto mitico, provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe delle Gallerie degli Uffizi: a matita rossa e nera su carta bianca Le tre Grazie (1632 ca.), una versione di Aurora e Titone (1634-1636), emblemi qui della Vigilanza e del Sonno e realizzati a penna e matita rossa, acquerello marroncino e stilo su carta bianca, la Testa di giovane (1635 ca.) in matita rossa e nera su carta cerulea, pastello rossastro e gessetto bianco, Giove e Antiope (1630 ca.) in matita rossa e nera con acquarellature, penna e inchiostro bruno su carta bianca.

Giovanni Mannozzi, Ballo di amorini, 1630-1633 ca., affresco su terracotta, Firenze, collezione privata.
Giovanni Mannozzi, Aurora e Titone, 1634-1636, penna e matita rossa, acquerello marroncino e stilo su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe - accanto, Le tre Grazie, 1632 ca., matita rossa e nera su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe.
Giovanni Mannozzi, Giove e Antiope, 1630 ca., matita rossa e nera con acquarellature, penna e inchiostro bruno su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe.
Giovanni Mannozzi, Diana ed Endimione, 1633 ca., affresco su terracotta, Collezione Intesa Sanpaolo Pistoia, Fondazione Pistoia Musei - Antico Palazzo dei Vescovi, in comodato.
Giovanni Mannozzi, Testa di giovane, 1635 ca., matita rossa e nera su carta cerulea, pastello rossastro e gessetto bianco su sagoma rotonda controfondata, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto del Disegni e delle Stampe.

MUSEO DELLA BASILICA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

La seconda sezione della mostra è adibita poco lontano ed è dedicata ai dipinti di Giovanni Mannozzi con soggetto sacro, dialogando con altre opere dell’artista presenti nella collezione permanente del museo.

Dopo aver attraversato la piazza e aver salito le scale, abbiamo percorso le varie sale che compongono il Museo della Basilica e dove sono esposte opere interessanti e di valore (ci ripromettiamo di tornare per dedicare ad esse il tempo che meritano). La grande stanza conclusiva del percorso è quella dove si svolge la parte finale della mostra: qui troviamo anche le due opere permanenti, cioè la Decollazione di San Giovanni Battista (1620) e la lunetta, un affresco staccato, con lo Sposalizio della Vergine (1621).

Degna di nota è la tela della prima metà del XVII secolo, con lo stemma della famiglia Mannozzi, di autore ignoto e giunta fino a noi tramite l’ultimo erede, Manno Mannozzi, scomparso nel 2011.

Giovanni Mannozzi, Sposalizio della Vergine, 1620, affresco staccato.
Autore ignoto, Stemma Mannozzi, prima metà XVII secolo, olio su tela, San Giovanni Valdarno, collezione privata.

Il primo esemplare appartenente alla mostra è in linea con la conclusione della sezione al Museo delle Terre Nuove, anche se precedente (1619): si tratta di un disegno a penna, acquerello blue tracce di matita su carta bianca, proveniente dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi e raffigurante il Martirio di San Biagio. Attribuito prima al Cigoli, negli anni Settanta è stato restituito al Mannozzi, quale studio preparatorio della tela del Martirio di San Biagio che l’artista dipinse nel 1619 per la cappella Nardi del Tempio di San Biagio a Montepulciano. Forse il committente fu Giovanni Nardi di Montepulciano, medico della famiglia granducale.

La scena è altamente patetica: il vecchio San Biagio si piega sotto i colpi degli aguzzini e, in basso a sinistra, una donna raccoglie il sangue santo del martire. L’impatto è molto forte, in perfetto dialogo con altre due opere presenti nella sala, la Decollazione e la Circoncisione. Prestando attenzione all’architettura sullo sfondo è possibile identificare un’ambientazione fiorentina, con cenni alla Loggia dei Lanzi e Orsammichele.

Giovanni Mannozzi, Martirio di San Biagio, 1619, disegno a penna, acquerello blue tracce di matita su carta bianca, Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe.
Giovanni Mannozzi, La Mensa dei poveri, prima metà XVII secolo, tempera su cartoncino, San Giovanni Valdarno, collezione privata.

Uno dei dipinti che più mi sono rimasti impressi e che ho apprezzato è il dipinto a tempera su cartoncino La Mensa dei poveri della prima metà del XVII secolo, proveniente da una collezione privata. Mi ha colpita per il grande realismo e per la perfetta rappresentazione della società del tempo: poveri e affamati affollavano le città in cerca di cibo e trovavano assistenza grazie agli istituti religiosi e laici, molto diffusi nel Seicento. Amo questo dipinto perché privo di retorica e sentimentalismi, catapulta l’osservatore in uno spaccato vibrante e vero della quotidianità del passato.

L’ultima opera della mostra è posta accanto ad una tela, altrettanto grande, appartenente al Museo: da una parte possiamo ammirare la Circoncisione proveniente dalla chiesa di San Bartolomeo a Cutigliano 1620) e dall’altra la Decollazione di San Giovanni Battista, realizzata per l’omonima compagnia in San Lorenzo a San Giovanni Valdarno.

Giovanni Mannozzi, Circoncisione, 1620, olio su tela, Cutigliano, Chiesa di San Bartolomeo.
Giovanni Mannozzi, Decollazione di San Giovanni Battista, 1620, olio su tela.

Tra il 1619 e il 1620 Giovanni si cimentò con la tempera ad olio, realizzando queste due opere e quella di cui il disegno del Martirio di San Biagio è uno schizzo. Il tema della circoncisione è piuttosto inusuale, ma l’artista riesce a rappresentarlo con disinvoltura e delicatezza.

Entrambe le enormi tele hanno colori cupi e tratti decisi, ben lontani dal clima disteso e bucolico dei tondi esposti in precedenza. Mi colpisce il rosso vivo del vestito della Madonna, inginocchiata davanti al figlio che la guarda torcendo il capo di lato…

Abbiamo così potuto osservare due aspetti diversi del medesimo autore, che adesso sentiamo di conoscere meglio e poter apprezzare di più. Il numero non eccessivo delle opere esposte, oltre alla loro sapiente suddivisione tematica, rende gradevole la visita e permette di valorizzare il territorio e condurre alla scoperta di un artista importante e spesso sconosciuto.

Giovanni Mannozzi, Circoncisione e Decollazione.


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