Racconti allucinati sulla modernità e il progresso
FEBBRAIO 2024
Michele Serra è un autore che conosco per vie traverse, ovvero grazie a mia madre. È stata lei, infatti, ormai una decina di anni fa, ad introdurre in casa il volume “Gli sdraiati” e a parlamene bene. Il nome mi è rimasto in testa, anche grazie alle sue ultime pubblicazioni e agli articoli che scrive per la Repubblica. Così, quando scartabellavo tra i libri usati del reparto dell’Ibs in via Cerretani a Firenze, mi è parso naturale acquistare questa raccolta, un tempo regalo per qualcun altro, dato che il prezzo originario è oscurato da un’etichetta adesiva (della Libreria Marzocco, tra l’altro).
Preso in un impeto istantaneo, non mi sono domandata di cosa trattasse questo libro… Addirittura credevo fosse un romanzo! Invece, è una serie di undici racconti, più o meno omogenei per lunghezza e uniti da un file rouge tematico: la modernità e il progresso visti come terribili e ineluttabili mostri che snaturano l’uomo e la sua vita, distorcono la mente fino alla pazzia e svuotano di significato l’esistenza.
L’argomento conduttore, riassunto nel titolo stesso come il “nuovo che avanza”, si specializza in alcuni sotto-temi, contenuti in gruppi di racconti. Ad esempio, uno dei grandi protagonisti è la merce, insieme alle marche e al consumismo. Il primo racconto, Il nuovo che avanza, che dà il titolo alla raccolta, descrive un futuro distopico in cui gli uomini devono assumere un doppio cognome, prendendolo da una delle marche in commercio; chi non vuole farlo è bollato come pericoloso, ucciso, imprigionato, poco importa se è una donna, un anziano o un bambino…
Medesima linea tematica, sebbene declinata in modo completamente diverso, la ritroviamo in Walter: il triste appello di un ossessivo, che vuole catalogare e scegliere un dentifricio tra quaranta tipi diversi presenti nei vari supermercati.
La sua deprimente follia è l’occasione per invitare il lettore ad una riflessione sulla reale necessità di tutte le varianti di uno stesso prodotto: il sovrabbondare delle possibilità ci rende davvero liberi oppure ci impone una schiavitù?
Sembra voler dare una parziale risposta, comprensibile, anche se mostruosa, l’assassino protagonista dell’omonimo racconto: un lucido folle che uccide commessi e venditori di negozi perché li considera pretestuosi, vendono la merce rappresentandola come qualcos’altro o paiono voler ingannare il cliente o mancargli di rispetto.
Mercificazione, consumo sfrenato, vendita ossessiva sono legati a doppio filo con la pazzia, sebbene il lettore intraveda una fondamentale vena di sanità nel ribellarsi o nel soccombere dei personaggi. La medesima considerazione può essere fatta per il protagonista di Jakyll, mutuato dal famoso Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Nella versione contemporanea, però, il medico esercita nell’ambito della chirurgia estetica e utilizza ciò di cui i suoi clienti si sono disfatti per condurre un esperimento su se stesso nella speranza di liberarsi di sé e della propria gentile e cortese perfezione per essere felice.
“(…) non si può fermare il progresso. Non volevo fermarlo, so bene che tutto si sfalda e si ricompone. Volevo soltanto capirlo, esserne sopra l’onda come a cavallo di un surf, non sotto, sommerso, travolto, annegato. E che accidenti di storia, che più si va avanti e meno si sa, meno si decide.”
p. 70
Il singolo individuo soccombe e la società è rappresentata come una gabbia, un massiccio sistema in cui la buona azione o lo slancio empatico e compassionevole del singolo non può trovare spazio. Le bilie di vetro stravolge uno spaccato di contemporaneità tra migrazione, perbenismo, pregiudizi e sfruttamento; Figli affronta in modo non convenzionale la tematica della genitorialità; in Centralino il lettore si trova suo malgrado a ridere amaramente sulla figura dell’impiegato del centralino e sulla sua grottesca sorte; Davanti al Baltico racchiude ideali e disillusioni di due giornalisti che curano la sezione della cultura e lavorano con lo scopo di mostrare quanto di più sciocco e insignificante offre il panorama cittadino, sebbene questo generi una grande soddisfazione da parte del loro capo, che ammira lo zelo e le tematiche degli articoli.
La tenerezza e l’incanto escono a tratti, come davanti all’incredibile macchinario e alle biglie prodotte nel terzo racconto… Ne La guardia del corpo, invece, un’occasione per essere felice viene inettamente mancata dal protagonista, dedito solo alla vita che conosce e con una visione del mondo ottusamente concentrata sul cantante che deve proteggere e di cui si considera amico. Una malinconia struggente pervade le pagine, la mancanza di qualcosa che non si verificherà mai…
Di fronte a questa società stralunata, ai personaggi alienati e al progresso ineluttabile, vi è uno scampo? Su questo sembrano interrogarsi gli ultimi due racconti. Metropolis dipinge lo scenario di una grande città, dove un vento incessante porta la natura a riprendere gli spazi che le appartenevano. In Exitus il narratore immagina di scappare via e quali saranno gli scenari della propria vita come camionista, frate, guardiano di una diga e automobilista. In entrambi i casi, però, i racconti si concludono con un nulla di fatto: il primo era solo un sogno, mentre il secondo predilige come opzione quella di rimanere e aspettare.
In conclusione, uno scampo alla modernità ad ogni costo non sembra esserci. Il nuovo avanza inesorabile e miete vittime di ogni tipo, abbrutendo e illudendo, deprimendo, facendo divenire ancora più cinici o folli.
L’universo dipinto da Serra è spesso molto simile al nostro, nonostante vi siano palesi differenze, che lo collocano in un tempo futuro o parallelo. Altre volte accade qualcosa di incredibile o impossibile proprio nella nostra realtà… In entrambi i casi, però, l’effetto sul lettore è lo stesso: la sensazione di entrare in un’allucinazione.
Per questo, un parallelismo che mi sento di tracciare è con Ballard e con i suoi mondi distopici. Anche lo stile è vagamente simile: asciutto e senza fronzoli, con dettagli pungenti, una prosa piana e al tempo stesso non banale, gelida e affilata.
“(…) senza niente che non fosse familiare all’uomo che veglia sulle proprie abitudini.”
P. 142
Nei racconti siamo costantemente asfissiati, cerchiamo una via di fuga, unendoci a molti dei protagonisti e fallendo come essi, oppure ci rassegniamo. Tuttavia, una volta girata l’ultima pagina, il disagio permane ed è quello, profondo, della nostra società.
SINOSSI
Primo libro di narrativa pubblicato da Michele Serra nel 1989, è una raccolta di undici racconti sugli incanni della modernità e del progresso, quando l’artificiale trionfa sul naturale e il superfluo sul necessario.
MICHELE SERRA
Nato a Roma nel 1954 e cresciuto a Milano, scrive per la Repubblica e il Post, ha fondato e diretto il settimanale satirico Cuore. Ha prodotto sceneggiature per il teatro e per la televisione e ha pubblicato numerosi libri, tra cui Il nuovo che avanza (1989), Poetastro (1993), Il ragazzo mucca (1997), Canzoni politiche (2000), Cerimonie (2002), Gli sdraiati (2013), Ognuno potrebbe (2015), Le cose che bruciano (2019) e i due libri illustrati Osso (2021) e Ballate dei tempi che corrono (2023, con le illustrazioni di Altan).
IL LIBRO
Michele Serra, Il nuovo che avanza, Feltrinelli, Milano, 1995.
> https://www.feltrinellieditore.it/opera/il-nuovo-che-avanza-1-2/
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