7 racconti di grandi autori e un commento su scrittura e narrativa
Questo mastodontico volume di quasi cinquecento pagine è stato il mio regalo di compleanno da parte di mia zia (in realtà scelto da mia mamma, che se lo è procurato nella sua libreria di fiducia in via Gioberti). Come sempre, libri di queste dimensioni mi incutono un certo timore… Una paura che è stata amplificata dal fatto che si tratta di letteratura russa (confondo tutti i nomi dei personaggi), ma molto mitigata dalla struttura che alterna racconti e parti saggistiche. Infatti, dopo aver sfogliato alcune pagine, ho avuto la netta sensazione che il tomo mi sarebbe piaciuto. Così, a cavallo tra agosto e settembre, ho completato l’impegnativa lettura che si è rivelata, in realtà, godibilissima.
Come ho accennato, la struttura del libro agevola grandemente la lettura: i racconti dei grandi autori russi (tre di Čhecov, uno di Turgenev, due di Tolstoj e uno di Gogol’) sono intervallati dal commento del professore universitario e scrittore George Saunders, che riprende e sviscera punto per punto la narrativa altrui e poi si interroga sulle scelte, le modalità, i personaggi, la costruzione della trama, lo stile… finché non arriva a parlare di scrittura creativa e delle decisioni che lui stesso prende quando compone e che dovranno compiere pure i suoi studenti, forse persino noi lettori. Non a caso, nell’appendice troviamo tre esercizi utili per la scrittura, tutti ovviamente collegati ai racconti appena letti!
In teoria, quindi, la struttura potrebbe indurci a pensare che i sette grandi capitoli possano essere letti separatamente, ma personalmente non lo consiglio affatto: si perderebbe l’ordine, la progressione nell’analisi e la modalità di affrontare argomenti nuovi rifacendosi a quelli già trattati.
“E un tale ordine, evidentemente, è necessario; evidentemente l’uomo felice si sente bene solo perché i disgraziati portano il loro fardello in silenzio, e senza questo silenzio la felicità sarebbe impossibile. È un’ipnosi generale.”
Anton Čechov, L’uva spina, p. 380
Sono numerosi gli aspetti che apprezzo di questo libro. Innanzitutto, l’aver scelto di partire direttamente dai racconti, conferendo maggiore concretezza, praticità, e prendendo spunto in modo dinamico da essi per trattare anche aspetti teorici.
Secondo me, la decisione denota una buona dose di umiltà: al contrario di molti critici, Saunders preferisce partire dai testi, dalle parole scritte da grandi e riconosciuti autori. Addirittura, arriva quasi a scusarsi perché può leggerli solo in traduzione, perdendo, quindi, il contatto con la lingua originale e tutto ciò che da essa deriva… Certo, in alcuni punti Saunders è un po’ autoreferenziale e tende a diventare spaccone (come quasi ogni scrittore), ma si contano sulle dita di una mano.
Amo molto la freschezza con la quale sono trattati gli argomenti e il punto di vista del lettore/scrittore, che si pone domande, prova sensazioni, emozioni e, inconsciamente, risponde al racconto, reagisce ad esso. Mantenere una leggerezza e un brio per quasi cinquecento pagine è davvero difficile e chi ci riesce è degno di lode.
“In ogni istante si crea un divario folle tra la nostra immagine delle cose e la loro effettiva realtà. E partiamo, scambiamo il mondo che abbiamo creato nella nostra testa per il mondo reale. Il male e la disfunzione (o quantomeno la sgradevolezza) capitano in proporzione a quanto una persona crede fermamente che le sue proiezioni siano giuste regolandosi energicamente di conseguenza.”
p. 190
“Non c’è nessun mondo tranne quello che creiamo con la nostra mente e la predisposizione della mente determina il tipo di mondo che vediamo.”
p. 336
Infine, l’atteggiamento che potremmo chiamare simile al relativismo è decisamente in linea con il mio carattere e il mio modo di guardare il mondo. Saunders tende a non dare una risposta definitiva, un’unica, irrevocabile interpretazione, ma lascia che sia il lettore ad elaborare un’idea propria. È una delle prime volte che, leggendo un saggio, posso dissentire apertamente, anzi sono autorizzata e persino invitata a farlo. Inutile dire che sposo questo atteggiamento di dubbio e soggettività, per il quale nessuna risposta è mai l’ultima, nessuna posizione è stabile e inamovibile.
Associato a questo modo di guardare il mondo e la letteratura, vi è una tendenza alla sospensione del giudizio e alla gentilezza verso se stessi e gli altri… Un’opera non deve essere perfetta, ma smuovere qualcosa dentro di noi; per migliorarci non dobbiamo diventare qualcun altro ma cambiare prospettiva, dirigerci verso nuovi orizzonti… Ma non dobbiamo nemmeno abbatterci o disprezzare gli altri (o noi stessi) perché giudichiamo, abbiamo idee fisse e posizioni che non vogliamo abbandonare: l’uomo è fatto così, ne ha necessità e possiamo perdonarlo (e perdonarci) per questo.
(…) questa opera d’arte imperfetta che sembra voler dimostrare che l’arte può essere imperfetta, purché riesca a emozionarci.
p. 127
“Non dobbiamo diventare persone del tutto nuove per essere migliori; dobbiamo solo modificare la nostra visione, orientare la nostra naturale energia nella direzione giusta.”
p. 289
“Vivere non è facile. L’ansia di vivere ci porta a voler giudicare, essere sicuri, prendere posizione, decidere una volta per tutte. Avere un sistema di valori fisso, rigido, può essere un gran sollievo.”
p. 399
“Ogni posizione umana è problematica. Se ci crediamo troppo, diventa errore. Non perché non esistano posizioni giuste; ma perché non esistono posizioni che restino giuste a lungo. La virtù assoluta ci sfugge sempre e non ce ne accorgiamo, accecati dal desiderio di stabilità – vogliamo smettere di affannarci, rilassarci per sempre ed essere solo nel giusto; trovare un ordine del giorno a cui attenerci.”
p. 400
L’unica nota negativa del libro è, per me, l’atteggiamento “americano”: ingenuo e appassionato… Mi si perdonerà lo snobismo, ma da europea a volte noto come l’approccio americano sia privo della profondità di background culturale in cui noi siamo costantemente immersi. Ad esempio, nel presentare il primo racconto Saunders sostiene la posizione per cui prima di leggere un testo non abbiamo idea di cosa aspettarci. Da complessa studentessa di lettere non ritengo che sia un’argomentazione sostenibile. Senza considerare il titolo, so che l’autore è Čechov e ho necessariamente delle aspettative, ad esempio che il racconto sia amaro, che descriva la società ottocentesca, che non abbiamo un finale positivo… Persino se non conoscessi un minimo lo scrittore penserei che è russo o almeno dell’est Europa e questo evocherebbe già delle immagini nella mia mente. Non siamo pagine bianche e non potremo mai esserlo perché le nostre conoscenze pregresse, il nostro vissuto e le esperienze che ci hanno condotti fin qui lavorano incessantemente per creare aspettative, anche su ciò che ignoriamo. Vorrei, però, spezzare una lancia a favore dell’atteggiamento un po’ naive: forse è proprio questo che conferisce la nota di leggerezza per me così difficile da trovare in altri saggi!
Saunders trae spunto dai racconti per parlare di scrittura creativa, ma anche di vita, di come vediamo il mondo e ci relazioniamo con esso… Si interroga, come è naturale, sul ruolo della narrativa e, secondo me, ci trasmette una riflessione importante. Negli ultimi anni, ci siamo affannati a voler dimostrare che la narrativa è utile, ma così le abbiamo tarpato le ali, ci siamo piegati ad un sistema rigido di logica della convenienza. Scrittori, lettori, critici e professori hanno cominciato a incentivare e giustificare la narrativa volendo provare che ha un’utilità spendibile nel mondo contemporaneo. Saunders, con gentile freschezza, spazza via questi ragionamenti: se anche i libri fossero inutili, smetteremmo di leggerli? La loro ricchezza risiede in qualcosa di molto più profondo, che nasce proprio dalla loro libertà, dalle emozioni che comunicano: cambiano il modo di pensare. Realisticamente non stravolgono il carattere e la mentalità di una persona, ma il cambiamento che producono è reale e, possiamo affermarlo felicemente, positivo.
“Ogni volta che saliamo sul pulpito e cantiamo le lodi della narrativa, spiegando quanta faccia bene a tutti, in realtà stiamo limitando la sua libertà di essere… quello che le pare (…) noi leggiamo e scriviamo perché ci piace un sacco e perché ci fa sentire più vivi e probabilmente continueremmo a farlo anche se fosse dimostrato che l’effetto pratico complessivo fosse zero (…) che cosa fa la narrativa, di preciso? (…) determina un cambiamento graduale dei nostri pensieri. Tutto qui. Però, insomma… li cambia davvero. È un cambiamento circoscritto ma reale. È qualcosa. Non è tutto, ma è qualcosa.”
pp. 454-455
In conclusione, il saggio di Saunders smuove il lettore che si sente pienamente coinvolto e partecipe nelle riflessioni e nelle domande poste. Io, in particolare, mi sono sentita citata anche come “autrice di racconti” perché mi ha ricordato come io stessa scrivo e invento le mie storie… È stata una sensazione particolarissima.
SINOSSI
In questo non canonico manuale di scrittura creativa, sette racconti (riportati integralmente) di quattro grandi autori della letteratura russa Turgenev, Tolstoj, Čechov, Gogol’) vengono analizzati come scatole nere cariche di dati e informazioni insospettabili dal meno ortodosso degli autori americani. Sulla scia della ventennale esperienza di professore alla Syracuse University, George Saunders descrive, ripercorre, scompone i racconti, pone domande e ci spinge ad un nuovo approccio alla lettura, alla scrittura e persino alla vita.
GEORGE SAUNDERS
Cresciuto nella periferia di Chicago, George Saunders ha avuto una formazione scientifica con un dottorato in ingegneria geofisica. Dal 1989 al 1996 ha lavorato come redattore tecnico e ingegnere ed ha fatto parte di una squadra di esplorazione petrolifera a Sumatra. Dal 1997 Saunders è approdato alla Syracuse University con un corso in scrittura creativa. È un affermato scrittore di racconti e saggi, di cui il più celebre è The braindead megaphone (2007), Il megafono spento in italiano. Alcune delle sue opere più famose sono Pastoralia (2001), Il declino delle guerre civili americane (2005), Nel paese della persuasione (2010), Dieci dicembre (2013), L’egoismo è inutile, celebre discorso agli studenti, Bengodi e altri racconti (2015), Lincoln nel Bardo (2017), vincitore del Man Booker Prize 2017.
IL LIBRO
George Saunders, Un bagno nello stagno sotto la pioggia, Feltrinelli, Padova, 2021.
> https://www.ibs.it/bagno-nello-stagno-sotto-pioggia-libro-george-saunders/e/9788807493256
LEGGI ANCHE …