Le tombe dell’Area Archeologica di Populonia
Domenica 13 giugno 2021
Durante il nostro weekend lungo a Baratti e Populonia, non potevamo non visitare il grande e ricco parco archeologico che sorge proprio sul promontorio e dietro la spiaggia del golfo. Abbiamo deciso di separare la visita dell’acropoli da quella alle necropoli e sinceramente lo consigliamo a tutti, se avete un po’ più di tempo, così da godere al meglio di entrambe.
Sabato mattina, quindi, ci siamo dedicati alla visita dell’acropoli, mentre domenica abbiamo prenotato due biglietti per visitare la parte della necropoli: alle 10.00 quella di San Cerbone e alle 12.30 quella delle Grotte.
Il parcheggio è gratuito per chi ha prenotato la visita e si trova a poche decine di metri dal Centro Visite dove la nostra guida ci attende…
STORIA DELL’AREA
Questa zona, lungo la costa e alle pendici del promontorio, fu utilizzata per lo sfruttamento minerario fin dal Neolitico e, successivamente, dagli Etruschi: il rame era infatti ricavato dalle miniere della vicina Campiglia e, successivamente, a partire dal VI sec. a.C. cominciò ad arrivare anche il ferro dall’isola d’Elba. Dal V sec. tutte le isole rientrarono sotto il dominio di Populonia e la lavorazione del ferro giunse alla massima espansione tra il IV e il III sec.
Nella parte alta della collina si trovava l’insediamento abitativo, che poi si estese anche in basso; l’informazione è stata ricavata dal rinvenimento di buche di palo, che segnano fin dove si estendeva il villaggio: esso ricopriva la zona dal poggio, dove ora si trovano il castello e il borgo medievale, fino all’altra altura. In basso, invece, sorgeva la necropoli, a partire dal VII sec. a.C. Già dall’età del ferro, dall’età villanoviana, l’area era adibita a questo scopo: infatti, a quest’epoca risalgono alcune tombe a pozzetto; in seguito, sorsero le tombe a camera e poi quelle a tumulo. Successivamente, durante il periodo di massima espansione, la necropoli si spostò nel bosco, dove prima sorgevano le cave di pietra locale. A questo momento, tra il IV e il III sec. a.C., risale anche la costruzione della cinta muraria intorno ai due poggi e di un muro che separava le parti della città.
Davanti si trovava il porto, anche se non sappiamo esattamente in quale punto perché vi è adesso una differenza di 30 metri del livello del mare. Proprio in questa zona si estendeva anche l’area industriale; i resti sono ancora visibili percorrendo la via del ferro.
I Romani furono dapprima alleati di Populonia, anche perché la prospera città riforniva di ferro Scipione l’Africano durante le guerre puniche. In segno di ringraziamento, Roma fece ricostruire la parte alta della città, dove ora è visitabile l’acropoli, edificando templi, domus e terme. Fu nell’80 a.C. che Populonia, insieme a Silla, passò sotto il governo diretto dei Romani. Essi utilizzarono l’antica necropoli come discarica per le scorie ferrose. Etruschi e Romani, infatti, non fondevano questo metallo, ma si limitavano a lavorarlo: i resti sono gli scarti di forni che raggiungevano i 1.300° (mentre per fondere il ferro è necessaria una temperatura di 1.500°). Quelle che erano fuse, quindi, erano solo le impurità: il calore faceva fuoruscire le scorie ferrose; per eliminarle i forni venivano smontati e il ferro puro era riscaldato e martellato. Purtroppo la fragilità del metallo così trattato costringeva ad ulteriori lavorazioni, che continuavano a produrre scarti. Gli Etruschi si disfacevano delle scorie buttandole nei dintorni, mentre i Romani iniziarono a ricoprire le necropoli.
L’area archeologica ora visitabile è il frutto di un grande lavoro, in primo luogo di scavo e smaltimento delle scorie: dal 1920 per ben 40 anni esse furono estratte, ma il loro peso aveva già distrutto molte tombe e fatto crollare la maggior parte delle cupole.
NECROPOLI DI SAN CERBONE
Arrivando all’ingresso della necropoli costeggiamo già le tombe ed è possibile ammirare le più maestose, in contrasto con il mare turchese. Ne sono presenti di diverso tipo, le più antiche risalenti addirittura al VII secolo a.C.; le tombe più monumentali erano per il ceto più ricco, mentre quello medio aveva solitamente sarcofagi, mentre i più poveri avevano tombe a fossa. La maggior parte di quelle che vediamo adesso è a cielo aperto perché le cupole sono crollate; purtroppo, inoltre, la maggioranza è stata depredata già in passato: all’ingresso, infatti, si trovano a volte due celle contenenti il corredo funerario e la sala principale è impiegata per le camere con i letti funerari. I nomi delle tombe sono stati attribuiti dai pochi oggetti ritrovati dagli archeologi al loro interno; non a caso una di esse è chiamata “Tomba dei letti funebri” perché questi sono l’unica cosa rimasta dai saccheggi! I letti funebri erano chiusi da lastre, sulle quali era deposto il cadavere con il corredo.
Il materiale di costruzione era solitamente in pietra perché erano tombe destinate a durare nel tempo, non solo per ospitare 3/4 generazioni ma anche per perdurare molto dopo la loro morte. La pietra usata è calca arenite, ricavata dal bosco del promontorio a 100 metri s.l.m. Qui le sabbie, provenienti dal mare e lì portate dal vento, sono state compattate dalla pioggia: si tratta, quindi, di roccia arenaria e sedimentaria. Le pietre che compongono le tombe sono poggiate con un gioco di incastri, senza l’uso di alcun legante.
È molto bello osservare la pseudo-cupola: essa è realizzata con piccole lastre di alberese, una pietra più resistente. La costruzione, proprio sopra la camera funeraria, era poi rivestita di argilla contro le infiltrazioni e infine ricoperta con terra.
Accompagnati dalla nostra guida, visitiamo alcune delle tombe:
- Tomba dei carri: è ben conservata ed è possibile vedere il marciapiede lastricato tutto intorno, il muro e la grondaia per evitare la sua corrosione, poi l’anello di contenimento e infine il tumulo di terra di ben 28 metri. Il corridoio, lungo 12 metri, conduce alla camera dove sono disposti quattro letti funebri. Le scorie avevano sfondato la struttura, che è stata in parte ricostruita. Lungo il corridoio si aprono tre celle dove sono stati ritrovati due carri smontati, con decorazioni in bronzo: da qui desumiamo che si trattasse della sepoltura di principi guerrieri. Adesso è possibile ammirare il carro ricostruito delle parti in legno al Museo Archeologico di Firenze.
- Tomba delle pissidi cilindriche: è ancora lastricata con pavimento originario e vi si trovano cinque letti funebri; possiamo ammirare una parte della pseudo-cupola con i pennacchi ai quattro angoli.
- Tomba a edicola del V sec. Il basamento rialzato potrebbe essere le fondamenta oppure un modo per raggiungere una maggiore altezza quale segno di importanza. La tomba è anche detta “delle tazze attiche”, la cui ceramica è decorata con figure rosse e nere.
- Tomba del balsamario: proprio accanto, prende il nome dal ritrovamento di questo oggetto (purtroppo adesso rubato) in cui era conservato il balsamo usato come profumo. Di fronte, vediamo un’altra sepoltura, dove è stato rinvenuto un contenitore di profumo, che era spalmato direttamente sul corpo, l’arybalos pirifome.
Proseguiamo la nostra visita verso il mare, dove sono presenti altre tombe a tumulo, un po’ diverse dalle precedenti. Ci colpisce quella rimasta intatta e chiamata “dei colatoi”, dagli oggetti trovati all’interno, usati per colare il vino.
Nel prato coperto d’erba sono disposte molte tombe a sarcofago, che risalgono al VI secolo a.C., un momento in cui nella società cominciava a crescere il ceto medio, grazie alla lavorazione del ferro. Sono sepolture per una sola persona, con il suo corredo funerario; sono tutte costruite con calcarenite, tranne una che si distingue dalle altre ed è realizzata con pietra proveniente dal Lazio e sigillata con piombo liquido.
Concludiamo il nostro tour con la visita alla Tomba del bronzetto di offerente, usata tra il VI e il II secolo a.C. e decorata con cavallucci marini. La sua forma a edicola, come un piccolo tempio, è molto suggestiva e al suo interno è stato ritrovato un bronzetto, forse rappresentante un offerente oppure un discobolo. Si tratta della decorazione di un candelabro che però non è giunto fino a noi. La disposizione delle tombe intorno, tutte allineate, suggerisce che probabilmente si formassero dei corridoi che conducevano alla sepoltura più monumentale.
PERCORSO TRA LE DUE NECROPOLI
Per raggiungere l’altra area archeologica, quella della Necropoli delle Grotte, possiamo scegliere due strade: la Via del Ferro, segnata in blu, che si dipana tra tombe a tumulo ed edifici industriali (1h30min) e la Via delle Cave, in rosso e che prosegue lungo tutte la parte della Necropoli delle Grotte stessa.
Dato che abbiamo un po’ di tempo, decidiamo che all’andata percorreremo la prima strada: dal Centro Visita prendiamo la strada a destra e arriviamo velocemente alla parte industriale, superata la quale, ci imbattiamo in una serie di tombe. La prima è chiamata dei Flabelli (VII-VI sec. a.C.), trovata integra durante lo scavo del 1927 e che ha perciò permesso di avere una percezione esatta di questo genere di sepolture. Segnalata da due stele esterne, la tomba contiene due letti funebri decorati, di cui uno, appartenuto ad una donna, conservava un ricco corredo, costituito anche da tre ventagli in bronzo (flabelli). L’altra sepoltura, maschile, era caratterizzata dalla presenza di armi e di un elmo prodotto a Corinto.
Subito accanto, la Tomba delle Oreficerie (VII-VI sec. a.C., rinvenuta nel 1940) prende il nome dai numerosi gioielli che adornavano una delle defunte, esponente di alto rango della società etrusca, che grazie al proprio corredo poteva mantenere il suo status sociale anche dopo la morte.
Una delle sepolture più graziose del percorso è la Tomba delle Perline d’Ambra (VII a.C.); tra i pochi oggetti di corredo recuperati negli scavi del 1924-25, infatti, vi sono alcune perline d’ambra da collana.
Girando a sinistra, ci addentriamo tra i resti dell’abitato etruschi e del vicus romano, mentre a destra si distinguono altre due tombe: quella dell’Aryballos (VII sec. a.C.) e quella della Spirale d’Oro (VII-VI sec. a.C.). Entrambe sono mal conservate e sono costituite da una cella quadrangolare; la prima presenta ancora la lastra di chiusura dell’ingresso puntellata da una grossa pietra. Le tombe prendono il nome dagli oggetti rinvenuti all’interno, tipicamente femminili: le spirali d’oro servivano a fermare le trecce delle donne e gli aryballoi erano vasetti portaprofumi molto comuni tra le donne.
Il nostro percorso ci conduce all’ultima sepoltura: la Tomba dei Frammenti italo-corinzi (VII-VI sec. a.C.): saccheggiata già nell’antichità, conservava all’interno solo qualche frammento di vaso per unguenti prodotto nell’Etruria meridionale ad imitazione di quelli originari di Corinto.
NECROPOLI DELLE GROTTE
La Via del Ferro si ricongiunge con il percorso rosso della Via delle Cave presso il Centro di Archeologia Sperimentale. Poche centinaia di metri dopo di esso, arriviamo al punto di incontro dove inizia la nostra seconda visita guidata, programmata per le 12.30 e che dura circa 45 minuti.
La Necropoli delle Grotte e la Grande Cava sono davvero impressionanti… Il colore e lo scavo nella roccia somiglia vagamento alle famose immagini di Petra, in Giordania…
Queste tombe sono di circa tre secoli successive rispetto a quelle della Necropoli sottostante e le persone qui sepolte erano un altro rango: si trattava di artigiani, commercianti, imprenditori; insomma, erano la ricca borghesia del tempo, con corredi più semplici. Riti funebri utilizzati erano l’inumazione o l’incenerimento; la scelta dell’una o dell’altro era dettato dalle credenze personali di ciascuno.
La necropoli fu adoperata fino al I sec. a.C., mentre lo scavo archeologico vero e proprio è piuttosto recente, dal 1997 al 1998, anche se le prime indagini erano state fatte già negli anni Settanta.
Davanti alle tombe riconosciamo facilmente la cava, dove la calcarenite era estratta in blocchi e poi trasportata lungo strade adesso non più esistenti. Sulle pareti possiamo notare i segni degli strumenti utilizzati e una numerazione, forse dei giorni di lavoro o dei blocchi estratti. Perché la cava fu abbandonata? Vediamo che alcuni blocchi sono pronti per essere estratti; quindi, sembrerebbe probabile un attacco nemico. Sicuramente sappiamo che la cava fu lasciata velocemente e mai più utilizzata.
Sono qui presenti anche delle tombe a fossa; ad esempio, quella di un bambino di un anno, con un particolare corredo composto da tazze in ceramica e 99 astragali posti vicino ai piedi. Si tratta degli strumenti usati dagli aruspici per predire il futuro, ma anche dai bambini per giocare…
Ci spostiamo lungo il percorso della Via delle Cave e arriviamo alla tomba successiva: un fronte di cava poi pareggiato, su cui riconosciamo i segni degli strumenti dei lavoratori. Le tombe a camera non presentano oggi un corridoio di accesso perché esso era scavato nel terreno intorno ed era chiuso quando la sepoltura veniva sigillata. Quando, successivamente, la tomba doveva essere riutilizzata i corridoi venivano svuotati e la porta, chiusa da una lastra, nuovamente aperta. Per riconoscere più facilmente le tombe veniva posta una scrittura sopra di essa… Questo, però, esponeva maggiormente al rischio di saccheggio da parte dei tombaroli. Infatti, le tombe di questa zona furono svuotate nel corso dei secoli dai ladri che vi giunsero scavando un cunicolo. Nell’unica scampata al saccheggio sono stati ritrovati i resti di una donna, un cerchietto d’oro come orecchino e un’anfora, forse usata per un’offerta nell’aldilà oppure perché la defunta era una seguace di Dioniso. Sono state individuate anche tracce di vino e del banchetto funebre a lei dedicato.
Un altro defunto era un uomo, privo di corredo, del quale è stato studiato lo scheletro, scoprendo che aveva un arto più corto a causa di una deformazione e i denti consumati, tipici di chi usa la bocca per aiutarsi in un lavoro pesante. La causa della morte è stata probabilmente un carcinoma, dato che qui venivano lavorati i metalli pesanti.
Altri ritrovamenti sono stati, in una piccola nicchia, un uomo sepolto con scorie di ferro, un agnellino in bronzo dorato e dadi per continuare a giocare pure nell’aldilà. Gli scavi hanno portato alla luce anche uno strigile usato dagli atleti per detergersi; era un oggetto costoso, che doveva appartenere ad un capocantiere o al dirigente dei lavori, un uomo di spicco nel quartiere metallurgico.
La penultima sosta della nostra visita guidata è alle due Tombe Dipinte, uniche a Populonia; perciò, forse i proprietari provenivano da un’altra zona dell’Etruria. All’interno è rimasto pochissimo… La Tomba dei Delfini è caratterizzata da questi animali acquatici. Altre decorazioni sono il dipinto di una testa di ariete sopra il letto e onde marine (entrambi simboli di trapasso e aldilà), mentre le pareti in rosso imitavano il colore delle stanze dei banchetti.
Infine, ci soffermiamo davanti alle cosiddette Tombe Limitrofe, dove avevano ricominciato a estrarre la pietra arenaria e che erano usate dai pastori come riparo durante la notte. Questo settore della necropoli è caratterizzato dalla presenza di nuclei di tombe affiancate le une alle altre; alcune furono distrutte dall’attività di estrazione, ma la maggior parte fu saccheggiata dagli scavatori clandestini. Una tomba rinvenuta straordinariamente intatta conservava numerosi materiali distribuiti lungo la scala di accesso alla camera: piatti, coppe, brocche e resti di cibo del banchetto funebre consumato al momento della chiusura della tomba. Ciò permette di individuare una datazione tra la fine del IV e l’inizio del II secolo a.C.
Subito accanto alle Tombe Limitrofi si trova quella della Protome, al cui interno era conservata una scultura sulla parete destra, che richiama ad una testa femminile (protome). Queste decorazioni scultoree erano frequenti nelle tombe etrusche, ma è difficile vengano ritrovate perché venivano trafugate insieme ai corredi funerari.
La nostra visita guidata è terminata, ma vale la pena chiudere la nostra passeggiata ad anello passando per la Cava Piccola e arrivando all’incredibile Belvedere… uno spettacolo unico nel suo genere! Da qui è possibile ammirare la più bella vista sulla Necropoli delle Grotte, la cui pietra aranciata, disseminata dalle aperture nere, si staglia sul verde della pineta circostante, mentre in lontananza il mare azzurro accompagna la costa del Golfo di Baratti.
La quasi totale assenza di turisti ci permette di godere del panorama in totale tranquillità… Appagati dopo aver ammirato tanta meraviglia, ci incamminiamo sulla strada di ritorno e, passando sempre dal Centro di Archeologia Sperimentale, ci ritroviamo al Centro Visite in una ventina di minuti.
Se alla visita archeologica volete unire un bel trekking sul promontorio, potete leggere qui il nostro itinerario tra le meraviglie della costa, splendidi panorami e le rovine di un monastero…
INFORMAZIONI
- Parchi della Val Cornia: https://www.parchivaldicornia.it/
- Necropoli: https://www.parchivaldicornia.it/parchi-archeologici/parco-archeologico-di-baratti-e-populonia/larea-delle-necropoli/
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