Emilia-Romagna Viaggi

TREKKING AD ANELLO A CHIAPPORATO

Un percorso tra i ruderi nel Parco dei Laghi di Suviana e Brasimone

Sabato 12 marzo 2022

Qualche estate fa, io e Lorenzo avevamo cercato refrigerio dalla calura estiva sulle rive del Lago del Brasimone prima e di Suviana poi… In quell’occasione avevamo scoperto alcuni dei piccoli borghi arroccati sull’Appennino e avevamo notato le indicazioni per il paese abbandonato di Chiapporato. La pulce ci era rimasta nell’orecchio e, alla fine, ci siamo decisi ad esplorare anche questa parte del parco in una fredda ma soleggiata giornata di metà marzo, in un weekend che abbiamo dedicato alla scoperta della zona. Il nostro trekking, ad anello, inizia quindi dal Lago del Brasimone e si dipana tra boschi, case abbandonate, ruderi, rifugi e splendidi panorami…

Mappa trekking Parco dei Laghi di Suviana e Brasimone.
Lunghezza complessiva20 km
Tempi di percorrenza8 ore
(con pause)
Dislivello816 m.
Grado di difficoltàMedio
SCHEDA TECNICA

Arriviamo al Lago del Brasimone (845 m.) di buon mattino (intorno alle 9): le sponde sono affollate durante i mesi estivi, ma in inverno non c’è nessuno e possiamo godere del silenzio e dell’aria un po’ spettrale dei bar chiusi e delle piazzole deserte. Provenendo da Castiglion dei Pepoli, attraversiamo la diga e costeggiamo il bacino dirigendoci verso il ponte sopra il torrente Brasimone, immissario del lago. Parcheggiamo in una delle piazzole e vediamo subito le indicazioni dei diversi sentieri, che ci indicano la direzione verso località Cerredaccio, in salita, sulla strada asfaltata. Iniziamo, quindi, il percorso tra gli alberi spogli e proseguiamo dritto in un sentiero, che ha poco dopo un’intersezione: andiamo a sinistra seguendo le indicazioni CAI 11: dopo una breve discesa lo stretto sentiero sale leggermente, aggirando il fianco del Monte di Baigno. Tra i rami privi di foglie vediamo l’acqua del lago, che ci stiamo progressivamente lasciando alle spalle.

Il percorso è piacevole, immerso nella natura e su un letto di foglie: proprio come il nostro immaginario collettivo dipinge un sentiero nel bosco. Troviamo alcune deviazioni, ma proseguiamo seguendo le indicazioni rosse e bianche, ben visibili sui tronchi degli alberi. Alla fine, dopo una discesa, arriviamo alla strada asfaltata che conduce a Baigno. Qui andiamo a destra e incrociamo la località Barbamozza (899 m.), con un bel casale rustico circondato da prati. Poco più avanti, in corrispondenza di un’edicola votiva, i cartelli CAI ci indicano di andare a sinistra (CAI 9), in salita. Prima di proseguire lungo il nostro sentiero, però, vale la pena affacciarsi più avanti sulla strada asfaltata per godere di un bel panorama verso il Monte Cimone e su cui svetta, ben riconoscibile la chiesetta di Bargi.

Inizio del trekking dal Lago del Brasimone.
Località Barbamozza, lungo la strada per Baigno.
Inizio del trekking dal Lago del Brasimone.
Panorama su Baigno.
Vista del Lago del Brasimone dal sentiero CAI 11.
Edicola all'incrocio.

È circa un’ora che siamo in cammino e affrontiamo la prima salita vera e propria: il sentiero, infatti, si inerpica verso la cima, che tocca quota 1.100 m. Vediamo ancora alcuni scorci di panorama da un lato e dall’altro e la strada è davvero suggestiva: in inverno, la neve tende a ghiacciare e rimanere sul sentiero; quindi, è consigliabile un buon paio di scarpe da trekking (non come facciamo noi, con le solite, usurate Nike…). A parte il terrore di scivolare, il sentiero è davvero bello: raggiunto l’apice, procediamo a mezza costa e possiamo ammirare la natura circostante. Dopo circa un’ora arriviamo al rudere di Logumano (1038 m.); fino agli anni Sessanta questa casa ora diroccata era utilizzata come luogo di vacanza da parte dei ragazzi del carcere minorile di Pratello di Bologna…

Federica all'inizio del sentiero CAI 9.
Ruderi di Logumano.
Sentiero CAI 9 verso Logumano.
Faggeta e abetaia.
Sentiero CAI 9 verso Logumano.
Ruderi lungo il sentiero.

Continuiamo sul sentiero CAI 9 lungo una bella faggeta innevata, fino ad arrivare ad una folta abetaia: il passaggio così netto dall’una all’altra non può sfuggire. La natura cambia completamente, così come anche i colori, molto più scuri, di un verde intenso, fitto e senza sottobosco. Incrociamo un gruppo di case completamente abbandonate, coperte di vegetazione, tra alberi, rampicanti e muschi. Poco dopo, il sentiero si apre e alla nostra sinistra ammiriamo dall’alto un ramo del Lago di Suviana; qui ci godiamo il panorama e il sole che ci riscalda, ripagandoci del freddo intenso che caratterizzava il resto del bosco.

Il sentiero si trasforma in una larga strada forestale sterrata, in una discesa un po’ noiosa, fino a giungere davanti ad un grande piazzale, dove svetta il cancello dell’ENEL. Ci sporgiamo un poco e tra gli alberi vediamo il panorama dei monti circostanti e, in basso, la chiesetta del borgo di Stagno. Ci rimettiamo in marcia proprio verso di esso, sempre in discesa, sulla strada asfaltata, e dopo pochi metri arriviamo ad un incrocio dove un cartello ci indica di girare a sinistra, verso Chiapporato.

Ruderi lungo il sentiero.
Panorama sul Lago di Suviana.
Bosco.
Panorami.
Rocce lungo il sentiero verso Chiapporato.
Panorama sulla chiesa di Stagno.
Panorama sul Lago di Suviana.
Panorama sulla chiesa di Stagno.

Essendo già mezzogiorno, facciamo una breve sosta per una merenda davanti al prato che si allarga proprio sull’incrocio. Lasciamo l’asfalto per tornare in un ampio sentiero ancora carrabile, almeno fino al gruppo di case in località Pianello: oltrepassate queste abitazioni, infatti, una sbarra impedisce l’accesso delle auto e il sentiero diventa molto dissestato. In circa 45 minuti questa strada ci conduce a Chiapporato: si tratta di un continuo saliscendi, con begli scorci panoramici (uno dei quali proprio sul paesino abbandonato); le rocce aggettanti sono di origine sedimentaria, la vegetazione pare più brulla, la terra più arida. Vediamo come il paesaggio cambia e ci sembra quasi si essere finiti in un qualche luogo sperduto visto in un film americano…

Chiapporato (856 m.), l’unico luogo dove abbiamo incontrato qualche altro escursionista, ha un grandissimo fascino: ce ne rendiamo subito conto, fin dal momento in cui incrociamo le prime case, svettanti e massicce, eppure fatiscenti e pericolanti, in mezzo alla vegetazione.

Chiapporato visto dal sentiero da Stagno.
Prime case di Chiapporato.
Chiapporato.

CHIAPPORATO

La storia di questo borgo e la sua triste fortuna meritano un piccolo spazio.

Il toponimo Chiapporato è documentato per la prima volta nel 1145, quando in questo luogo vi erano possedimenti dell’abbazia di San Salvatore di Vaiano. Il territorio, comunque, si estende tra centri abitati molto antichi: Stagno e Fossato, che nel Medioevo appartenevano alla medesima signoria della progenie Stagnese.

Il vero e proprio centro abitato iniziò a sorgere nel XVI secolo, sul confine tra la Toscana e Bologna: in quel periodo l’aumento demografico e l’allargamento delle coltivazioni determinarono la creazione di numerosi borghi. Gli abitanti, infatti, possedevano dei piccoli campi, creati disboscando le foreste circostanti, ed erigevano le loro abitazioni usando pietre e legno della montagna; si trattava di una vita particolarmente dura e impegnativa, in continua lotta con una natura non sempre benigna.

Nel 1597 Don Stefano Battaglioli fece costruire la chiesa di Santa Maria della Neve, che si trovava sotto la giurisdizione della parrocchia bolognese di San Lorenzo di Fossato. Quest’ultima passò sotto il Vescovato di Pistoia nel 1784 e, poco più tardi, nel 1793, gli abitanti decisero di costruire l’attuale chiesa di San Giovanni Battista, a cui seguì successivamente l’edificazione dell’oratorio e della canonica.

Il paesino è stato abitato fino al 2013, quando vi erano rimaste solo due persone: una madre con la figlia, che vivevano di un allevamento di conigli, pecore e galline. Deceduta l’anziana signora, la donna è stata convinta a lasciare questo luogo, troppo isolato per viverci da sola.

Interno di una delle case di Chiapporato.
Chiapporato.
Chiapporato.

I segni del tempo e dell’incuria stanno progressivamente distruggendo il paese: le case sono sempre più derelitte e pericolanti, i tetti crollano, predoni saccheggiano gli interni e gruppi di incivili si fermano qui per bere lasciando le loro bottiglie vuote. Alcune case hanno i portoni aperti ed è possibile dare un’occhiata all’interno (noi siamo sempre rimasti sulla soglia): è triste vedere un simile abbandono, la vita umana che si è spostata altrove e che ha lasciato dietro di sé gli oggetti, dalle pentole ai ninnoli, dai vasi ai mobili… La natura, inarrestabile, si riappropria di ciò che le era stato strappato.

Oltre ad aggirarsi tra le rovine delle abitazioni, vale la pena prendere una stradina a sinistra, in concomitanza con quella che sembra una vecchia struttura per un forno: saliamo così fino all’oratorio di San Giovanni Battista, il cui esterno è stato recentemente ristrutturato. Accanto, la vecchia cappella e il cimitero restituiscono un’atmosfera di malinconico abbandono. I due edifici principali, invece, sono intonacati di bianco e di rosa: una targa piuttosto recente è stata affissa dal Lions Club, ma l’interno è ancora fatiscente e i lavori sembrano essersi interrotti ormai anni fa. Ci fermiamo comunque a leggere e scopriamo che la più antica chiesa di Chiapporato, costruita a fine Cinquecento e dedicata alla Madonna della Neve, doveva sorgere a poca distanza dall’attuale. L’edificio, che vediamo oggi e che sostituì il precedente, fu edificato nel 1793 e la canonica risale addirittura al 1914 (costruita da Don Giovanni Guidoni). L’oratorio fu sussidiale della parrocchia di Bargi e dal 1840 di quella di Stagno, che avrebbe dovuto accogliere anche i defunti del paesino. A causa della difficoltà nel trasporto delle salme, però, soprattutto in inverno, nel 1847 un pezzo di terra fu dedicato da Pietro Daldi al cimitero che vediamo ancora adesso.

Chiapporato.
Federica e Lorenzo a Chiapporato.
Oratorio di San Giovanni Battista.

Scendendo lungo la strada piuttosto ripida, ammiriamo il panorama dei boschi e delle montagne, oltre i tetti, in parte già crollati, delle case di Chiapporato.

Tornati nel paesino, prendiamo il sentiero a sinistra, che prosegue in piano e vediamo subito una deviazione. Il nostro consiglio è quello di andare prima a destra per vedere una vecchia struttura votiva affiancata da un antico lavatoio (c’è addirittura un tappeto appeso alla staccionata di fronte).

Chiapporato.
Chiesa e cimitero di Chiapporato.
Lavabo di Chiapporato.
Prima edicola di Chiapporato.
Chiapporato.
Seconda edicola di Chiapporato.

Torniamo poi sul sentiero principale, dove incontriamo due edicole votive e raggiungiamo l’incrocio con il sentiero che porta a Fossato (a destra) e alla Pianaccia (a sinistra). Scegliamo di proseguire in salita verso Monte Calvi: questo è il tratto sicuramente più impegnativo e con un dislivello più ripido. I numerosi tornanti si dipanano tra alberi, muschi, grosse pietre e scorci di panorama, oltre a qualche altro rudere… Nonostante la fatica, il sentiero è senza dubbio piacevole. Impieghiamo circa un’ora a raggiungere le indicazioni successive e notiamo come nell’ultimo tratto il paesaggio sia cambiato, poiché il bosco lascia spazio ad una parte maggiormente rocciosa, arida, con più cespugli e alcuni prati. Passiamo accanto all’ultimo rudere di questo percorso, del quale sono rimasti solo degli accenni di mura, e arriviamo all’incrocio con diversi sentieri: qui è la sella del Monte Calvi (1.283 m.). Possiamo scegliere se proseguire dritto, in discesa, per raggiungere l’Eremo del Viandante (1.189 m.) oppure prendere subito a sinistra per concludere il nostro anello.

Noi eravamo curiosi e siamo arrivati fino al rifugio, che si erge semplice ma solido su un prato all’interno del bosco; l’eremo è ben tenuto, c’è un’area picnic (ideale per fermarsi a mangiare) ed è in parte in libera gestione, mentre dovrebbe essere stato realizzato dal Signor Goffredo di Fossato.

Sentiero verso Monte Calvi.
Lorenzo lungo il sentiero verso Monte Calvi.
Sella Monte Calvi con edicola.
Eremo del Viandate.

Una volta rifocillati, possiamo scegliere se proseguire lungo il sentiero dove si trova l’Eremo, arrivando fino alla località La Succhiata, dove si trova un agriturismo, oppure tornare indietro per pochi metri e dalla sella imboccare l’altro sentiero. Noi decidiamo per questa seconda opzione: proseguiamo con il sentiero a destra, che fiancheggia Monte Calvi e ignoriamo bellamente la deviazione per salire fino alla Croce di Geppe (1.214 m.), la cima del monte, perché è troppo tardi e la visibilità non è ottima a causa di una persistente foschia. Tuttavia, nelle giornate di bel tempo e di aria tersa, il panorama che si gode dalla vetta è mozzafiato.

Proseguiamo in pari godendo dei raggi del sole che sta pian piano tramontando e del panorama sui boschi circostanti, ancora spogli di foglie, con macchie rigogliose di sempreverdi e alcuni spruzzi di neve. Sul sentiero cominciano ad aprirsi alcuni prati con casali e, in corrispondenza di Pian di Banarosa, troviamo quella che sembra una torretta da caccia nel fitto di alcuni alberi. Arrivati all’incrocio con la forestale (CAI 155), larga e comoda, anche se un po’ noiosa, prendiamo a destra, in direzione Lavaccioni, dove troviamo un piccolo gruppo di case recentemente ristrutturate.

Panorama verso località Lavaccioni.
Panorama verso località Lavaccioni e Lago del Brasimone.

La strada continua a scendere e, superata quest’ultima località, giungiamo in un piazzale, dove si ricongiunge, in salita, il sentiero che porta all’Eremo del Viandante passando da La Succhiata. Noi continuiamo la discesa, costeggiamo il torrente Brasimone e arriviamo fino a Fontana del Boia. Qui proseguiamo a sinistra, sempre accanto al corso d’acqua e ci lasciamo guidare dal suo freddo scrociare fino alla strada asfaltata per Baigno: andiamo a diritto e arriviamo al ponte sul torrente, che poco più avanti si immette nel lago. Il sole, ormai al tramonto, irradia gli alberi spogli, l’acqua trasparente e la superficie del lago di una calda luce aranciata. Costeggiamo le sponde, a sinistra, e torniamo fino alla nostra auto, parcheggiata in una piazzola poco distante.

La grande bellezza di questo percorso ad anello, un po’ lungo e con alcuni momenti più impegnativi, è la sua straordinaria varietà: la natura ci sorprende con boschi e paesaggi diversi, rocce e corsi d’acqua, faggete e abetaie, sentieri coperti da muschi o foglie. In tutto ciò, l’uomo contribuisce a generare la sorpresa di chi si avventura per queste strade con case abbandonate, un intero borgo fantasma, edicole votive, ma anche chiese e paesi ben costruiti e che si possono ammirare nei panorami. Inoltre, i sentieri poco battuti, la quasi totale assenza di altre persone (noi ne abbiamo contate 11 in tutta la giornata), contribuiscono ad immergersi in modo contemplativo, rispettoso e affascinato in una natura rigogliosa e che esercita la propria perenne e implacabile forza su ciò che l’uomo costruisce.

Torrente Brasimone.
Ponte sul torrente.
Lago del Brasimone.

INFORMAZIONI


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