Visita al grande complesso nuragico vicino a Cagliari
e agli scavi di Nurax’ ‘e Cresia
Sabato 9 ottobre 2021
Biglietto: 15 euro a persona – mezza giornata
Nel tiepido autunno 2021, Lorenzo ha avuto l’opportunità di assistere ad alcune delle partite dei mondiali di Beach Volley, che si sono svolti a Cagliari all’inizio di ottobre. Quale migliore occasione per dare un’occhiata anche alla città e visitare uno dei complessi nuragici più importanti della Sardegna?
Partendo in auto da Cagliari, in una cinquantina di minuti arriviamo all’area archeologica di Su Nuraxi passando per l’omonimo viale e parcheggiamo nell’ampio spiazzo davanti al bar e al ristorante-pizzeria Cavallino della Giara. La biglietteria è protetta da alcuni alberi, mentre l’intero sito è al sole (per noi non è un problema, dato che è inizio ottobre, ma è comunque un dettaglio da tenere presente nei mesi più caldi…).
Facciamo un biglietto unico che vale per Su Nuraxi, l’attrazione principale, ma anche per il Centro espositivo dedicato a Giovanni Lilliu e al Palazzo Zapata, che si trova proprio fuori dal piccolo borgo di Barumini.
L’accesso a Su Nuraxi avviene solo con visita guidata della durata di un’ora e che parte per piccoli gruppi in modo continuativo ogni mezz’ora. Sinceramente noi siamo ben lieti di ascoltare sia la spiegazione generale e storica sia quella particolareggiata nei vari punti significativi del villaggio e del nuraghe. Senza di essa, infatti, l’intera esperienza risulterebbe di gran lunga meno apprezzabile! (Teoricamente sono presenti visite guidate anche del Centro espositivo e del Polo museale di Palazzo Zapata, ma per noi l’accesso è stato libero e solo con qualche spiegazione iniziale e un leggero accompagnamento durante il percorso.)
SU NURAXI
Storia
Fu il professor Giovanni Lilliu il primo a sospettare, nel 1936, che sotto la collinetta, sulla quale crescevano le piante e un campo coltivato, ci fosse un nuraghe. Il luogo era chiamato con il nome di “Brachus nuragico”, ovvero la collinetta del nuraghe: in origine, infatti, vi era sicuramente una di queste costruzioni, ma cosa era ancora conservato? Il progetto fu accantonato e solo alla fine degli anni Quaranta (1949-50) il professore fece dei saggi privati scavando in cima alla collina e trovando che il nuraghe esisteva ancora; il problema era che per continuare ad indagare in modo scientifico occorrevano dei fondi. Nel 1951 venne applicato il metodo stratigrafico per la prima volta nello studio dei nuraghi, che erano prima indagati solo con metodi invasivi. Su Nuraxi rappresenta quindi un importante cambio di approccio nello scavo dei nuraghi. Si scoprì così che intorno all’edificio centrale ne erano presenti altri e la Regione decise di finanziare il progetto. Nel 1957 l’area fu aperta per la prima volta al pubblico: da allora è possibile visitare un nuraghe complesso, quadrilobato, e il villaggio che nacque e si sviluppò attorno ad esso. Nel 1997 il sito divenne area archeologia e patrimonio UNESCO.
Qual è la storia di questo luogo? Il nuraghe fu edificato nel XV-XIV sec. a.C. e tra l’Età del Bronzo e quella del Ferro iniziò il suo declino; la decadenza comportò la creazione di un villaggio, che si sviluppò tra il X e il III sec. a.C. Ci troviamo in una zona che fu abitata a lungo e consecutivamente: per ben 2.000 anni! Perché? In effetti sono state rinvenute tracce di numerosi insediamenti nei dintorni, sull’Altipiano della Giara, che segna il confine naturale di un terreno ricco e fertile. Quando i nuraghi furono costruiti, quindi, questi luoghi erano abitati da civiltà con fiorenti coltivazioni e ancora oggi qui l’agricoltura è particolarmente sviluppata. La posizione favorevole e il terreno fertile portarono ad un aumento della popolazione: dall’altopiano trasportarono il basalto per costruire il nuraghe, che sorge in questo punto per la presenza di acqua potabile. Per prima cosa, infatti, scavarono il pozzo, profondo 15-18 metri, che giungeva ad una falda naturale, ancora presente e potabile.
Capiamo, quindi, perché i nostri antenati scelsero questa zona, ma perché costruirono proprio un nuraghe? In realtà, il motivo originario sul perché erano edificati i nuraghi è ancora sconosciuto: non vi sono fonti scritte, che darebbero una certezza sulla funzione della struttura. In Sardegna i nuraghi sono migliaia e sono prevalentemente strutture mono-torre, di tipo semplice; infatti, il termine nuraghe nasce proprio per identificare quel tipo specifico di struttura, che poi può divenire più complessa, polilobata, con diverse torri. Dal punto di vista architettonico, la scelta di una costruzione megalitica a torre significa conferire importanza all’edificio, che è realizzato completamente a secco, senza legante. Per questo motivo, per poter elevare la torre a 18, 20 o addirittura 25/27 metri di altezza era fondamentale creare una base solida e larga.
Nel XVIII sec. a.C. qui sorge il nuraghe che vediamo ancora oggi, alto 18 metri e dominante sul territorio circostante. Probabilmente era utilizzato per indicare la presenza di comunità che si erano appropriate dell’area, quale simbolo di potere. Infatti, nella torre prevale la massa muraria: è più importante la dimensione dello spazio all’interno. Un’altra funzione poteva essere di tipo religioso oppure difensivo, ma in ogni caso era una chiara espressione di potere. Nel XV secolo a.C. passò da una composizione con una sola torre a quattro, una ad ogni punto cardinale, aggiunte per proteggere l’acqua del pozzo all’interno. Il nuraghe era accessibile, ma solo da un ingresso, posto tra due torri; all’interno erano presenti anche corridoi e finestre.
Nel 1200-1000 a.C. il territorio era organizzato in modo diverso: avviene un reispessimento del nuraghe, che viene rinforzato di 3 metri per un totale di 12.000 metri cubi di basalto: diviene il simbolo di un potere sempre più forte, ma il nuraghe stesso appare più come una fortificazione; si aprono delle strette feritoie e viene chiusa l’entrata principale, sostituita con un ingresso a 7 metri di altezza. Solo questo nuraghe presenta un accesso sopraelevato, piuttosto insolito, dato che non si tratta di strutture militari, ma realizzate solo come espressione di potere.
Come gli altri nuraghi, però, anche questo non ha più la cima, che invece era ben rifinita, con una specie di cammino di ronda (quello che nel Medioevo sarà il tipico camminamento protetto dalla merlatura).
La struttura dei nuraghi era molto dispendiosa da mantenere, così, quando iniziò la decadenza, le pietre cominciarono a cadere, ma la popolazione continuò ad utilizzarli. Infatti, qui sorse un villaggio intorno: le famiglie scendevano dall’altopiano e si insediavano qui con case e capanne. Il paese fu abitato fino alla tarda Età romana, per essere poi abbandonato e pian piano si andò costituendo la collinetta che lo ricopriva, che prese il nome di “brachus nuragico”.
Visita
Iniziamo la nostra visita con il villaggio, i resti delle cui mura si estendono bassi e compatti intorno alla torre. Come il nuraghe, le case erano costruite a secco e con forma circolare, ma lo spessore murario è molto più ridotto. Gli edifici erano alti un metro e mezzo o due e la copertura era realizzata con pali di legno e materiale vegetale e organico, che, con il tempo, si deteriora. Infatti, sono rimaste le basi delle case e, all’interno di alcune di esse, sono stati ritrovati oggetti di vita quotidiana, come vasi e macine (legate alle coltivazioni del terreno circostante), resti di cenere di fuochi e scarti di cibo: i reperti sono esposti presso Casa Zapata. Ciò che vediamo e visitiamo noi adesso è ciò che rimane della massima espansione del villaggio, che era arrivato ad occupare tutto lo spazio intorno al nuraghe e ospitava fino a 400 persone.
Le case, circolari e quadrate, sono di diverse dimensioni, per la maggioranza piccole, ma anche piuttosto grandi; una di esse presenta addirittura una corte centrale e una suddivisione degli spazi: con l’aiuto della guida identifichiamo la cucina, dove è presente un arco e, accanto, il luogo di culto dedicato all’acqua. Le pozze e le fonti erano luoghi sacri; non a caso il nuraghe nasce qui e, nei secoli successivi, sarà tipico lo sviluppo di villaggi santuari con case in cui ogni famiglia disponeva delle proprie stanze e ne deputava una al culto.
Tutte le case sono realizzate in pietra locale, il basalto, ma, al contrario del nuraghe, i pezzi sono piccoli perché non scelti, usati così come erano reperiti. In alcuni casi veniva impiegata anche una malta di argilla, così da fissare insieme queste pietre di minori dimensioni.
Un altro ambiente che possiamo identificare è quello della sala delle riunioni. Vi erano, infatti, grandi capanne circolari con all’interno riproduzioni del segno del potere, ovvero del nuraghe stesso. Ciò avveniva per tramandarne l’importanza e modellini di nuraghi venivano realizzati in bronzo, pietra e altri materiali. Per noi questi oggetti sono importanti anche perché ci permettono di apprezzare la struttura completa dei nuraghi, con la parte terminale adesso crollata.
Entriamo nell’edificio fortificato, salendo fino all’ingresso sopraelevato e percorrendo un corridoio lungo circa 6 metri, quello originario tra i muri. Scendiamo poi da una scala molto stretta e arriviamo al cortile centrale, dal quale possiamo visitare le torri. Identifichiamo subito il pozzo dell’acqua, che è ancora oggi presente sul fondo, in movimento e con un livello costante. La struttura che visitiamo risale al XV sec. a.C. e doveva essere alta 18/20 metri, composta da tre camere sovrapposte.
La torre ha ancora due camere intere e la base della terza; è alta poco più di 14 metri. Le quattro torri sono disposte ai punti cardinali, tre si affacciano sul cortile, mentre quella nord è posta dietro il nuraghe originario e collegata con un corridoio. È chiaro come tutto ruoti intorno al pozzo: questo è tipico in tutte le strutture complesse, che sorgono proprio per proteggere l’acqua. Assumendo caratteristiche di una fortificazione e alzando l’ingresso, l’accesso era poco agevole: questo ci suggerisce che la struttura non era usata quotidianamente. Gli ambienti potevano essere usati in modo diverso, secondo i bisogni, il momento e la gestione di chi aveva il potere.
L’interno del nuraghe presenta una camera più grande, che, come le altre, ha una sezione ogivale, una camera conica che si sviluppa con pietre disposte in modo concentrico: in Grecia questo tipo di costruzione è nota come tolos. Il professor Lilliu era convinto che il periodo nuragico corrispondesse ad un periodo di grande fermento economico nel Mediterraneo, con numerosi scambi e un fiorente commercio con tutta l’area dell’Egeo e cretese; infatti, sono state ritrovate ceramiche provenienti da tali zone. Sicuramente la struttura a tolos era utilizzata da entrambe le civiltà, anche se non sappiamo chi l’abbia ideata per prima. Aveva, però, funzioni diverse: in Grecia erano così costruite le tombe, spesso ipogee, sotterranee, mentre in Sardegna i nuraghi sono torri sopraelevate, di notevole altezza e che sovrappongono diverse camere, restringendo la forma.
Vediamo bene la copertura della camera: ad anelli concentrici, al fine di scaricare l’enorme peso della massa muraria: si tratta di una falsa cupola perché non c’è la chiave di volta, ma l’ultima pietra serve solo per coprire e, al piano superiore, vi poggia il pavimento dell’altra camera.
Qui è stato ritrovato un legno unico, intatto, e il test del carbone radioattivo ha permesso la datazione al 1470 a.C. Sicuramente il legno era usato nella scala per il soppalco della camera e, infatti, notiamo un’apertura nel soffitto, che conduce alla camera al piano di sopra.
CENTRO GIOVANNI LILLIU
Il Centro sorge a poche centinaia di metri dal complesso di Su Nuraxi e si staglia all’orizzonte con la sua struttura moderna e imponente; è nato con l’obiettivo di migliorare i servizi culturali e turistici del territorio, oltre che di studiare e mettere in atto strategie per promuovere e divulgare la conoscenza delle bellezze del territorio.
All’interno sono presenti alcune mostre permanenti, in primo luogo fotografiche e dedicate, ad esempio, alla scoperta del nuraghe negli anni ’40 e ’50 e al paesaggio immortalato dall’alto con riprese aeree. Particolarmente interessante è la riproduzione ideale di Su Nuraxi, così come doveva apparire nel XIV sec. a.C., in scala 1:10 e dove possiamo osservare le coperture delle torri ormai perdute.
POLO MUSEALE PALAZZO ZAPATA – NURAX’ ‘E CRESIA
Poco distante dall’area archeologica di Su Nuraxi e raggiungibile con una piacevole passeggiata di un quarto d’ora, merita senza dubbio una visita il complesso di Palazzo Zapata, che ha un doppio valore: presenta una zona di scavi e una serie di vetrine in cui sono esposti i reperti rinvenuti a Su Nuraxi.
Dopo essere entrati nel gradevole giardino interno, un pannello illustrativo ci spiega la storia del luogo e delle ricerche. Gli scavi, infatti, iniziati nel 1990, sono ancora in corso, insieme allo studio delle strutture e dei materiali portati alla luce, ma è già possibile avere un’idea generale del complesso monumentale di Nurax’ ‘e Cresia. Le indagini sul territorio furono avviate in seguito ad un progetto di musealizzazione cominciato con il recupero del palazzo feudale dei baroni Zapata, signori delle terre di Barumini, Lasplassas, Villanovafranca.
Sotto le strutture della dimora furono rinvenuti i muri di un imponente nuraghe complesso, e risulta evidente che le murature portanti del palazzo seicentesco utilizzarono le strutture nuragiche come fondamenta. Il nuraghe sembra classificabile tipologicamente tra i trilobati: è cioè un nuraghe dotato di tre torri di perimetro raccordate da cortine rettilinee a formare il bastione, all’interno del quale si trova il mastio.
Al momento appare solamente ipotizzabile un’articolazione cronologica che vede in un momento originario l’impianto del mastio, poi seguita da una seconda fase in cui sarebbero state aggiunte due torri e le cortine di raccordo, concluso poi da una terza fase in cui sarebbe stata realizzata la terza torre di perimetro, ad ovest. Appaiono ancora visibili tratti dell’antemurale e di un’area di villaggio. Cronologicamente le fasi di vita più intense del complesso possono essere ipotizzate tra il 1200 e il 1000 a.C.
Pur restando incerto il futuro delle ricerche, sicuramente il percorso museale è molto bello e suggestivo: possiamo camminare al di sopra delle rovine del nuraghe e ammirare dall’alto la vasta area archeologica.
Degni di nota sono anche i reperti esposti nelle vetrine: qui possiamo vedere il legno olivastro ritrovato nella camera basale del mastio, un modellino in pietra rappresentante un nuraghe e databile tra la fine dell’età del Bronzo e l’inizio di quella del Ferro e alcuni tipi di pintadera, decorati con motivi geometrici; la pintadera, infatti, è un particolare tipo di reperto archeologico in ceramica o terracotta, di forma circolare, usato come stampo o timbro per decorare il corpo, il pane o i tessuti.
In conclusione, questo grande complesso nuragico e i poli museali annessi sono una vera chicca da non lasciarsi sfuggire, meglio ancora se visitati in bassa stagione: ci proiettano indietro di secoli, al tempo di una civiltà quasi sconosciuta, ma capace di costruire torri immortali e di enorme fascino.
INFORMAZIONI:
- Fondazione Barumini: http://www.fondazionebarumini.it/
- Su Nuraxi: http://www.fondazionebarumini.it/it/area-archelogica-su-nuraxi/
- Centro Giovanni Lilliu: http://www.fondazionebarumini.it/it/centro-culturale-g-lilliu/
- Casa Zapata: https://virtualarchaeology.sardegnacultura.it/index.php/it/siti-archeologici/periodo-nuragico/villaggio-nuragico-di-su-nuraxi/schede-di-dettaglio/4026-casa-zapata-nuraghe-nuraxi-e-cresia
- Rete dei Nuraghi: https://www.nurnet.net/
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