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“L’ORESTEA” DI ESCHILO 

La trilogia della tragedia greca in un’edizione del 1951 

LUGLIO 2024 

Ho comprato questo volume del 1951 dal cesto dei libri usati di un’edicola, pagandolo una cifra esosa. Era il 2019; per cinque anni è giaciuto tra gli scaffali senza essere aperto, finché quest’anno mi sono finalmente decisa a leggerlo (anche perché in quel momento non avevo grandi alternative). Beh, nonostante le premesse non proprio ottimali, ne sono stata molto contenta. 

  1. Trama;
  2. L’autore;
  3. Cosa ne penso?

Iniziando a leggere l’Orestea mi sono resa immediatamente conto che non ricordavo più come fossero le tragedie greche… La mente è tornata ai miei studi, alle scuole superiori, quando leggevo e traducevo qualcosa in greco. Il modo con cui mi sono approcciata ad Eschilo, quindi, è stato per metà da neofita e per metà da passata studentessa…  

Eschilo, Orestea, a cura di Mario Unterstainer, Arnoldo Mondadori Editore, 1951.


A ciò si sono aggiunti i miei studi successivi, in particolari quelli di filologia: ho trovato molto interessante che il curatore abbia riportato l’etimologia di alcuni termini, che qui compaiono in traduzione nel testo, e altri aspetti particolari, come la lacuna di versi, andati perduti. Infatti, più che essere dispiaciuta per questa mancanza, mi ha esaltata l’idea di poterne sapere almeno i contenuti perché tramandati in autori che ancora leggevano il testo integralmente.

Inoltre, trovo incredibile che il resto delle tre tragedie sia giunto fino a noi, oltre 2.500 anni dopo! 

Lo stile della traduzione è tipico del passato (1951); adesso ci appaiono forse antiquati questo linguaggio e il modo di costruire le frasi, ponendo il complemento oggetto prima del verbo e sparpagliando soggetti e complementi nel periodo senza seguire il rigoroso ordine logico. Una traduzione moderna preferirebbe un lessico più piano e una costruzione più semplice delle frasi.  

Tuttavia, nonostante la fatica iniziale, acuita dai lunghi monologhi e dal contenuto oracolare, già di per sé non sempre trasparente e semplice da intendersi, la scelta stilistica del traduttore mi ha convinta perché in grado di restituire la grandiosità e l’antichità di Eschilo

Interessante è anche la parte introduttiva, a cura del medesimo traduttore, Mario Unterstainer e che io, come mio solito, ho letto successivamente, ma che può essere davvero utile per interpretare e meglio comprendere il testo. 

Innanzitutto, è bene ricordare che la letteratura greca ha conosciuto nella tragedia la sua massima espressione ed Eschilo ebbe il merito di trasformarla in vera poesia. Ma perché nacque questo genere? I motivi sono molteplici e di varia natura, religiosi, sociali e poetici; fondamentalmente si è cercato di rispondere ad un dilemma umano: tutto ciò che accade segue la via della giustizia? Eschilo tenta di dare una risposta al mistero etico del mondo.  

Eschilo, Orestea, a cura di Mario Unterstainer, Arnoldo Mondadori Editore, 1951.


La prima tragedia, la più lunga e quella con maggior numero di monologhi, soprattutto da parte del coro, racconta con un flashback il motivo per cui avvengono i fatti di sangue narrati da Eschilo. Agamennone, da cui il testo trae il nome, torna dalla spedizione di Troia, ma il coro racconta le vicende prima di essa: il padre, Atreo, si era reso colpevole contro il fratello Tieste perché gli aveva servito a banchetto i figli uccisi. La colpa di efferato omicidio all’interno della famiglia si ripercuote di generazione in generazione: il sangue versato deve essere espiato con nuovo sangue in un circolo vizioso potenzialmente infinito. 

Vi è un altro elemento, spesso sottovalutato: Agamennone guida la spedizione contro Troia per rendere giustizia al fratello Menelao, la cui moglie, Elena, era fuggita/rapita da Paride, figlio di Priamo, re di Troia. Tuttavia, la distruzione di una città deve essere punita perché è anch’essa una colpa. Tanto che per partire era stato richiesto ad Agamennone un altissimo sacrificio, quello della figlia Ifigenia, azione che il re non avrebbe voluto compiere e aveva cercato di evitare. Infine, anche il sangue versato dei sudditi reclama giustizia. 

Qui sta il problema subito proclamato da Eschilo: sono tutte leggi divine! Quella della vendetta di una colpa per aver versato sangue in famiglia, quella di esigere giustizia contro un’altra città, quella contro la distruzione di una polis, quella di vendicare i sudditi caduti per una guerra voluta dal re… Le leggi, seppur divine, entrano in contrasto tra loro. 

Il primo risultato è l’uccisione di Agamennone da parte di Clitemnestra, che si macchia a sua volta di una colpa perché compie un’azione voluta da un dio, ma lo fa per soddisfare se stessa. Se Agamennone, quindi, è vittima di un dissidio del divino contro il divino stesso, sua moglie è espressione della tragica concomitanza di autonomia dell’azione umana e di una disposizione divina.

Eschilo, Orestea, a cura di Mario Unterstainer, Arnoldo Mondadori Editore, 1951.


Le Coefore prende il titolo dal coro, composto dalle donne che portano libagioni e doni funerari sulla tomba di Agamennone e che seguono Elettra, figlia del re e sorella di Oreste. Quest’ultimo diventa il nuovo protagonista della tragedia: è arrivato ad Argo per vendicare il padre, così come un dio, Apollo, gli ha imposto. Tuttavia, operando in questo modo, ucciderà la madre e violerà un legame di sangue! 

Oreste è nel complesso già risoluto nella scelta da prendere, supportato anche da Elettra, ma mostra come due giustizie siano in contrasto; l’urto è ben rappresentato dallo scontro tra le Erinni del padre contro quelle della madre. Non a caso, dopo l’uccisione di Clitemnestra (e di Egisto) l’eroe è costretto a fuggire, inseguito dalle terribili dee. 

Nell’ultima tragedia, le Eumenidi, il coro è composto dalle Erinni stesse, che braccano Oreste, il quale si rifugia prima a Delfi presso Apollo e poi ad Atene per farsi giudicare dal tribunale umano dell’Areopago, presieduto dalla dea Atena. In conclusione, l’eroe viene liberato dal peso della colpa: con la propria azione, egli ha restaurato l’ordine infranto dalla morte di Agamennone e ha quindi adempiuto ai propri doveri e soddisfatto la volontà divina. 

Sono concordi, quindi, Apollo e Atena, dei del nuovo ordine olimpico, ma non le Erinni che si sentono oltraggiate. Eschilo ricompone l’armonia con l’intervento di Atena che consacra un tempio apposito alle antiche dee e conferisce loro un nuovo ruolo, quello di portare giustizia invece che vendetta. Diventano così Eumenidi, ovvero “benevole”, sempre oggetto di venerazione. 

Eschilo risolve un problema religioso, creato dal contrasto tra vecchie e nuove divinità, e fornisce una risposta sulla condizione umana: secondo il grande tragediografo, infatti, il dono maggiore dato da dio all’uomo sta nel conoscere le cose come sono; solo così la dignità umana è preservata. 

In conclusione, mi sembra interessante notare l’origine del tema dell’Orestea, che Mario Unterstainer ben spiega nella propria nota introduttiva. I vari personaggi, infatti, appartenevano a miti più antichi, che si sono fusi e intersecati. 

Agamennone era un giovane dio ucciso dalla sua stessa sposa e poi risorto, simboleggiando i cicli di morte e rinascita della natura (nell’Orestea notiamo riferimenti a questa idea perché più volte viene detto che il re torna tra i vivi). La moglie era una dea, Ifigenia; quando Agamennone da dio venne portato al rango di eroe, Ifigenia divenne la figlia; la scomparsa rituale fu interpretata negativamente e quindi si pensò che fosse morta, sacrificata. 

Clitemenstra era probabilmente una figura divina preellenica, sconfitta dalla nuova religione, come anche Egisto, che era un antico dio e, per questo, entrava in contrasto con Zeus-Agamennone (allo stesso modo del conflitto Zeus-Prometeo).

Eschilo, Orestea, a cura di Mario Unterstainer, Arnoldo Mondadori Editore, 1951.


Il mito perse nel tempo il valore sacro e divenne incomprensibile, trasformandosi in una tragica vicenda di colpe familiari. 

Elettra, da antica dea, è stata inserita nella saga mantenendo alcune caratteristiche, somigliando ad una divinità punitrice o ad un’Amazzone. Oreste era più famoso e diffuso, spesso collegato ad un serpente (questa connessione compare anche nella versione di Eschilo), simbolo di morte e rinascita: nel mondo eroico, l’animale assume il senso di immortalità della stirpe, come ben vediamo nelle Coefore, dove Oreste diventa Agamennone che rinasce e che viene rigenerato da figlio stesso. 

Infine, la figura dall’Erinni, la cui prima apparizione è quale Demeter Erinys, la quale perse potenza e si scisse in una dea isolata, destinata ad intervenire quando l’ordine familiare era violato. Da un’Erinni, successivamente, avvenne una moltiplicazione di Erinni al plurale e che potevano proteggere il padre o la madre (in origine la tutela avveniva solo secondo l’ordine matrilineare, rispecchiando il tipo di società matriarcale). Le Erinni diventano giustizie contrastanti: quella di Agamennone contro quella di Ifigenia e quella di Clitemnstra.  

Questo insieme di letture e interpretazioni che vanno ad indagare più significati racchiusi nell’Oresta è molto affascinante e consente un approccio più consapevole delle tragedie, un grande classico greco. 

“(…) è innato costume negli uomini calpestare con maggior violenza l’uomo caduto.”

p. 56

TRAMA 

La prima tragedia (Agamennone) della trilogia dell’Orestea narra dell’assassinio del re di Argo, Agamennone, appena tornato da Troia portando come schiava Cassandra, oracolo di Apollo e maledetta dal dio perché destinata a rimanere sempre inascoltata. Autori dell’omicidio sono la moglie Clitemnestra e il suo amante Egisto.  

La morte del padre è vendicata da Oreste, supportato dalla sorella Elettra, nelle Coefore; nell’ultima tragedia, Eumenidi, l’eroe viene perseguitato dalla Erinni, dee della vendetta, ma viene assolto da parte del tribunale di Atene, presieduto da Atena, che trasforma le divinità in Eumenidi, da quel momento venerate in quanto garanti della giustizia. 

ESCHILO 

Nato ad Eleusi nel 525-524 a.C. e morto a Gela nel 456-455 a.C., Eschilo visse durante un periodo di forte crisi nel mondo greco: assisté al crollo dell’aristocrazia come potenza politica, al sorgere della democrazia e alle guerre persiane. Dall’influsso dei problemi della contemporaneità trasse ispirazione per i propri componimenti: le Supplici (499 o 498 a.C.), ad esempio, originano dallo scoppio della rivolta ionica contro la Persia.  

Al 472 a.C. risale i Persiani, mentre Prometeo è del 470-468 a.C.; della trilogia tebana (467 a.C.) è giunta fino a noi solo l’ultima tragedia, i Sette contro Tebe. L’unica trilogia di Eschilo giunta fino a noi è l’Orestea (458 a.C.), che riprende i temi già trattati in quella precedente: responsabilità personale, giustizia e teodicea.  

IL LIBRO
Eschilo, Orestea, a cura di Mario Unterstainer, Arnoldo Mondadori Editore, 1951.
> https://www.feltrinellieditore.it/opera/orestea/ 


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