Empoli 1424. Masolino e gli albori del Rinascimento
Domenica 7 luglio 2024
Quando c’è la possibilità di visitare una mostra in una città meno turistica, di periferia o da valorizzare, non possiamo fare a meno di coglierla… Così, seppur in ritardo per i molti impegni, io e mia mamma siamo riuscite, proprio l’ultimo giorno, ad andare ad Empoli per una mattina dedicata a Masolino e all’esposizione allestita in occasione dei 600 anni dalla realizzazione del “Ciclo della Vera Croce” per la Chiesa di Santo Stefano.
Empoli 1424. Masolino e gli albori del Rinascimento (6 aprile – 7 luglio 2024) vanta innanzitutto il primato di raccogliere il maggior numero di opere dell’autore, Masolino, artista fondamentale nell’avvio della pittura rinascimentale a Firenze nel Quattrocento. Oltre ai suoi dipinti, ne sono raccolti altri, al fine di ricostruire il contesto culturale del tempo… Di esso Masolino è un perfetto esempio, mantenendo un occhio verso il passato e gettando uno sguardo al futuro.
Le opere esposte sono sia già conservate a Empoli sia provenienti da prestigiosi musei come le Gallerie degli Uffizi e il Museo del Bargello di Firenze, la Pinacoteca Vaticana, il Musée Ingres di Montauban, la Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, il Museo di Palazzo Venezia a Roma, il Museo di San Matteo a Pisa e molti altri ancora.
La mostra è dislocata in due luoghi fondamentali di Empoli, dove Masolino ha realizzato opere, come la Pietà nel battistero della Collegiata di Sant’Andrea e gli affreschi nel transetto destro della Chiesa di Santo Stefano. Quest’ultima è uno dei due spazi espositivi, insieme, appunto, al Museo della Collegiata di Sant’Andrea.
Tommaso di Cristoforo, detto Masolino da Panicale (1383/84 – 1436/40), nacque a Panicale de’ Renacci, nella campagna fuori San Giovanni Valdarno (allora Castel San Giovanni). Poco sappiamo dei suoi inizi come artista; probabilmente collaborò con Lorenzo Ghiberti alle formelle bronzee della porta nord del Battistero di Firenze e viaggiò nell’Italia settentrionale o in Ungheria, tornando in patria negli anni Venti del Quattrocento.
Fra il 1424 e il 1425 collaborò con un conterraneo più giovane, Tommaso di ser Giovanni, detto Masaccio, negli affreschi della Cappella Brancacci di Firenze, contribuendo ad un profondo rinnovamento della pittura italiana. Poco prima era stato impegnato ad Empoli, che tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento aveva cercato di attrarre i migliori artisti dalla vicina Firenze, come i campioni del gotico internazionale, Lorenzo Monaco (nel 1404) e Gherardo Starina (nel 1409), seguiti da artisti promettenti come il giovane Donatello e Giovanni di Francesco Toscani, oltre, appunto, a Masolino.
MUSEO DELLA COLLEGIATA DI SANT’ANDREA
Iniziamo la nostra visita dal Museo della Collegiata di Sant’Andrea, dove acquistiamo il biglietto di ingresso e ci addentriamo tra le sale, tra le quali si sviluppa la mostra. L’allestimento non è tra i più felici perché risulta difficile distinguere le opere appartenenti al percorso espositivo abituale e i dipinti di quello eccezionale.
Al primo piano un grande pannello illustrativo ci introduce a questa sezione: non troviamo qui opere di Masolino, ma di altri autori, al fine di immergerci nel contesto dei primi anni del Quattrocento a Empoli, una città in crescita grazie al commercio e attrattiva per gli artisti, soprattutto per la vicinanza con Firenze. Al clima di rinnovamento e svecchiamento della pittura appartengono i pittori qui esposti, come Niccolò di Pietro Gerini e Lorenzo di Bicci.
Accanto al pannello illustrativo, l’intero muro è dedicato ad un’opera già custodita nella Collegiata di Sant’Andrea. Il soggetto ha una motivazione storica: nel 1399 gravi epidemie portarono alla formazione di un movimento di disciplinati, i cosiddetti Bianchi, che in tutta Italia realizzavano processioni ed esortavano alla penitenza. Un corteo giunse e attraversò anche Empoli tra il 24 agosti e il 1° settembre: al passaggio del Crocifisso un mandorlo secco rifiorì e fu così commissionato un grandioso polittico per inquadrare questo Crocifisso miracoloso.
Viene qui ricostruita l’opera: al centro troneggia la scultura in legno policromo, un Crocifisso del terzo decennio del XIV secolo, realizzata da un seguace di Giovanni Pisano. Ai lati, i due scomparti in tempera e oro su tavola sono opera di Niccolò di Pietro Gerini, che ha raffigurato, con il tipico rigore formale trecentesco, la Vergine dolente, San Lorenzo (?) e San Zanobi nello scomparto sinistro e San Ludovico di Tolosa, Sant’Orsola e San Girolamo in quello destro (1399-1401).
La sottostante predella è opera dello stesso Niccolò di Pietro Gerini, che ha raffigurato le scene dell’Ultima cena; Compianto sul Cristo morto; Cattura di Cristo. In basso, la seconda predella, aggiunta dopo il 1401 e opera di un pittore della cerchia di Francesco di Michele, narra la processione dei Bianchi, fuori da Empoli, la folla del popolo giunta a chiedere la grazia e la fioritura miracolosa del mandorlo.
Passiamo alla seconda sala, dove troviamo opere di altri autori, sempre del medesimo periodo. In primo luogo, viene introdotto Lorenzo Monaco, che nel 1404 portò una ventata di gotico internazionale ad Empoli. Il pittore, infatti, realizzò un trittico per una chiesetta adesso sconsacrata, San Donnino, fuori dalle mura del centro e vicina all’Arno, in una posizione un tempo fondamentale per il commercio.
L’opera è sicuramente molto bella, con al centro una Madonna dell’Umiltà, seduta su un cuscino dorato e il cui volto si apre in un timido sorriso; accanto a lei troviamo, alla nostra sinistra, San Donnino, al quale la chiesa era intitolata, e San Giovanni Battista e, a destra, San Pietro, ben riconoscibile dalla grossa chiave, e Sant’Antonio Abate. Lo stile delicato e gentile ha subito chiare influenze da parte di Gherardo Starnina, le cui finezze erano state apprese dalla Spagna, e di Lorenzo Ghiberti, vincitore del concorso del 1401 per la porta del Battistero di Firenze.
Empoli, quindi, seppure paese di provincia, era molto aggiornato sulle mode artistiche dell’inizio del Quattrocento: il trittico di Lorenzo Monaco, infatti, è annoverato tra le prime attestazioni del tardogotico in Toscana.
Altri giovani pittori furono attratti ad Empoli, come gli allievi dello stesso Gherardo Starnina, Rossello di Jacopo Franchi, di cui qui vediamo esposta una Madonna col Bambino (1420-1430 ca.) e un trittico (1440-1445 ca.) per la pieve di San Giovanni a Moterappoli, e Scolaio di Giovanni (1424 ca.), con i dipinti per l’altare di Sant’Ivo nella Collegiata.
L’ultimo dipinto di questa sezione della mostra è una grande Assunzione della Vergine (1395-1400 ca.) di Lorenzo di Bicci, che passerà poi il testimone al figlio Bicci di Lorenzo, molto attivo nella Chiesa di Santo Stefano di Empoli e che cercherà di conciliare novità e tradizione. Quest’opera, della quale colpisce la bella veste della Madonna, finemente ricamata, è conservata adesso al Museo della Collegiata, ma proviene dalla Cappella dell’Assunta di Santo Stefano.
CHIESA DI SANTO STEFANO
A poche centinaia di metri dal Museo della Collegiata, in un vicolo laterale del centro di Empoli, la Chiesa agostiniana di Santo Stefano può passare quasi inosservata; il suo ingresso si apre in un corridoio che conduce subito al chiostro, mentre lo spazio espositivo si sviluppa alla nostra sinistra, salendo qualche gradino.
Si tratta della tipica chiesa conventuale, priva di facciata e con solo due porte aperte sulla strada, via dei Neri; per secoli fu la sede dei frati agostiniani, che vi si insediarono nel 1367. Fu grazie al priore Michele di Bardo da Empoli che la chiesa assunse l’aspetto attuale, tra il 1390 e il 1432: furono create le varie cappelle lungo le navate e nell’abside e numerose opere e arredi sacri decorarono gli interni, finanziate dalle famiglie empolesi e dalle Compagnie religiose della Croce e della Santissima Annunziata che qui risiedevano sin dalla fine del Trecento.
Masolino
Appena entrati, complice il gioco di luci, rimaniamo affascianti dalle opere esposte e dalla prospettiva che cattura immediatamente la nostra attenzione sull’affresco di Masolino al centro della mostra e presente in tutti i cartelli pubblicitari. Prima di arrivarvi, però, dobbiamo districarci tra le numerose opere e settori, posti in modo non intuitivo; la visita, purtroppo, risulta farraginosa e un pubblico di non specialisti può essere affaticato da tanti cambi di tema e da una sistemazione non lineare e non spiegata in modo semplice e chiaro.
Protagonista di questa sezione della mostra è, ovviamente, Masolino, posto in comparazione con altri pittori del suo tempo. Pannelli neri racchiudono le opere esposte, impedendo la vista delle numerose e scenografiche cappelle laterali. Da un lato si susseguono i dipinti di Masolino: all’inizio del Quattrocento a Firenze si diffuse per un periodo breve ma intenso il gotico internazionale, che vede in Masolino il maggiore interprete insieme a Lorenzo Monaco e a Gherardo Starnina.
È un esempio di questo tipo di arte la bella e delicata Madonna dell’Umiltà allattante (1415 ca.), conservata alle Gallerie degli Uffizi e dove possiamo notare l’influenza dei Lorenzo Ghiberti e di altre maestranze incontrate durante i viaggi in Nord Italia e in Ungheria. Coevo è San Francesco, in tempera e oro su tavola, appartenente ad una collezione privata.
La pittura di Masolino iniziò a cambiare dopo il rientro a Firenze, dal 1422: a questo periodo risalgono le opere del San Giuliano (1423 ca.) di Firenze e della Crocifissione (1423 ca.), proveniente dalla Pinacoteca Vaticana.
La vera svolta nel suo stile avvenne tra il 1424 e il 1425, dopo aver lavorato in Santo Stefano a Empoli e quando collaborò con Masaccio agli affreschi della Cappella Brancacci a Firenze. A questo momento decisivo della carriera artistica di Masolino si riferisce la sinopia rinvenuta nel 1984 durante un restauro alla cappella stessa: sotto le pitture settecentesche, infatti, furono rinvenute due sinopie nella parete di fondo, raffiguranti il Rinnegamento di Pietro e Pasce oves meas, qui esposta. Gli apostoli sono disposti attorno al Cristo, che indica a Pietro un gruppo di pecore invitandolo a prendere le redini della Chiesa (“Pascola le mie pecore”). Si tratta di un soggetto molto raro, recuperato dall’arte paleocristiana.
Dopo l’esperienza della Capella Brancacci, il linguaggio di Masolino divenne più prospettico, essenziale e coinvolgente, pur rimanendo dolce e gentile, con colori delicati. Le emozioni sono sicuramente amplificate, come possiamo notare nell’eccezionale Pietà realizzata per il Battistero della Collegiata di Sant’Andrea. È proprio questo affresco staccato, risalente al 1425 o al 1427/28, a costituire il fulcro dell’intera mostra.
Solo un’opera di Masolino è successiva: una tempera su tavola, la Dormitio Virginis del 1427-1430 ca., conservata alla Pinacoteca Vaticana.
Altri artisti
Le altre opere esposte nella sezione centrale della mostra entrano in dialogo con quelle di Masolino e permettono di stabilire parallelismi e confronti: dalla Madonna dell’Umiltà (1395-1400 ca.) del Maestro della Madonna Straus alle due figure del Cristo benedicente e del Profeta Daniele (1425 ca.) del Maestro del 1419, fino al trittico Madonna col Bambino in trono tra i santi Matteo, Caterina d’Alessandria, Giovanni Battista e Agostino; Mosè e Profeta (1415 ca.) di Lorenzo Monaco e dell’allievo Francesco d’Antonio di Bartolomeo.
Altri due sono i lavori di questo autore: L’Assunta con san Tommaso e angeli (Madonna della cintola) (1427 o 1429) di Loppiano, con il volto tondo e lo sguardo assorto, le mani giunte e la veste decorata, e la Madonna dell’Umiltà celeste (1410-1415) di Signa, con una figura più slanciata ed elegante. Francesco d’Antonio, inoltre, è documentato a fianco di Masolino, probabilmente in relazione agli affreschi con le Storie della Vera Croce in Santo Stefano a Empoli.
Giovanni di Francesco Toscani è l’autore di tavole dei primi decenni del Quattrocento, sempre a soggetto religioso: due con numerosi santi assiepati su un fondo oro, un’altra con una composizione dell’Arcangelo Gabriele annunciante, la Crocifissione e la Vergine Annunciata e una bella Madonna col bambino dagli occhi allungati.
Entra in dialogo con le decorazioni della Cappella Brancacci una copia della lunetta sinistra: la Vocazione di San Pietro e Sant’Andrea di un ignoto pittore fiorentino della prima metà del Settecento. Molto interessante è il confronto con la Madonna col Bambino (1422 ca.) del Beato Angelico, conservata a Pisa ed esempio di una delle prime opere di questo celebre artista; la sua delicata bellezza occupa la parete di fondo della navata della chiesa e conclude la sezione centrale della mostra.
Cappella della Croce
Possiamo adesso dedicarci alla scoperta delle cappelle laterali: la prima rispetto all’entrata è quasi interamente dedicata alla Crocifissione dipinta nel 1399 circa da Lorenzo di Bicci per la Cappella di Sant’Elena (già della Croce) di Santo Stefano.
Durante la Seconda guerra mondiale furono distrutte la cappella maggiore e quella a sinistra, affrescata da Bicci di Lorenzo; tuttavia, emersero i resti della Capella della Croce, fondata dall’omonima compagnia nel 1397. Due anni dopo Lorenzo di Bicci dipinse un trittico, del quale è rimasta solo la Crocifissione, che qui possiamo ammirare collocata sul suo altare.
Fu il priore Michele Bardo ad attrarre artisti di alta levatura per decorare la Chiesa di Santo Stefano; tra di essi di distinse Masolino, che vi lavorò nel 1424. Osserviamo le sinopie: sulla volta Cristo è raffigurato quattro volte, mentre sotto distinguiamo i resti di un finto colonnato dove alcune figure sono inginocchiate verso la pala d’altare. La dimensione raccolta della cappella costrinse Masolino a ridurre le cornici e a distribuire le scene da una parete all’altra: Sant’Elena, in fondo a destra, assiste alla prova della vera Croce, dipinta sulla parete adiacente; Eraclio, a sinistra, avanza verso il muro di fondo, riportando la Croce a Gerusalemme.
La Compagnia della Croce ingaggiò Masolino per affrescare la cappella con le Storie della Vera Croce, un ciclo ispirato a quello di Agnolo Gaddi in Santa Croce a Firenze; purtroppo, fu quasi completamente distrutto nel 1663. Rimango adesso solo alcune sinopie e pochi frammenti. Il luogo è stato oggetto di un’importante campagna di rilievo e digitalizzazione, che ha consentito di approfondirne la conoscenza e di realizzare l’apparato digitale interattivo dedicato al ciclo della Leggenda della vera Croce.
Probabilmente Masolino realizzò questi affreschi insieme a quelli che in parte rimangono nel transetto destro, mentre stava già lavorando alla Cappella Brancacci a Firenze. Spostandoci in avanti e osservando i frammenti posti nel transetto possiamo vedere la lunetta della Cappella di San Matteo, con una Madonna col bambino, dolce e contornata da due angeli, e, a lato, il cosiddetto Sant’Ivo (?) tra i pupilli, nel quale un gruppo di giovani sorridenti riceve un cero (si tratta, forse, di una singolare rappresentazione della festa delle Candelora).
Cappella della Nunziata
La cappella in fondo a destra della chiesa, della Compagnia della Santissima Annunziata, fu affrescata nel 1409 da Gherardo Starnina, prima noto come “Maestro del Bambino vispo”, nome critico indicativo della sua vivacità espressiva, in linea con il gusto del gotico internazionale. Sono giunti fino a noi solo alcuni santi del sottarco di accesso, riportati nella cappella di origine in occasione della mostra e messi a confronto con altre figure, originarie della Cappella del Carmine.
Del medesimo autore ammiriamo anche due tavole in tempera e oro: Santo evangelista (1406-1407 ca.) dalla collezione della Fondazione CR Firenze alla Certosa del Galluzzo e Santo imberbe (1402-1404 ca.) da Lucca. Appartiene, invece, alla chiesa il santo, forse San Jacopo, affrescato sul fondo e del quale manca il volto.
Cappella Arrighi
Nel 1424 Masolino e Bicci di Lorenzo lavorarono insieme nella Chiesa di Santo Stefano; in particolare il secondo fu attivo nella cappella anticamente dedicata a Maria Maddalena. Negli anni Venti del Quattrocento la famiglia dei Guidarrighi o Arrighi, della quale è lo stemma all’ingresso, commissionò gli affreschi a Bicci di Lorenzo.
Il ciclo con le Storie di Cristo e della Maddalena è oggi frammentario, ma può essere ricostruito: le pareti laterali ospitavano le storie di Maria Maddalena, mentre il fondo era occupato da quelle di Cristo, tra cui possiamo distinguere un’Ultima cena. La volta era decorata con le figure delle virtù di Fede, Speranza, Carità e Fortezza; altre raffigurazioni rappresentavano patriarchi e profeti, oltre ai ritratti dei frati agostiniani.
Stimolato dal confronto e dalla competizione con Masolino, Bicci di Lorenzo dipinse un meraviglioso polittico per l’altare di San Leonardo in Collegata, su commissione di Simone Guiducci da Spicchio: si tratta di una Madonna col Bambino in trono, incorniciata da un’architettura classica e solenne; accanto troviamo il committente, Simone Guiducci da Spicchio, e due santi, San Leonardo e, forse, San Matteo.
Nella medesima sezione ammiriamo altre tre opere quattrocentesche di autori che dialogano con le novità di Masaccio, pur stemperandole in una pittura più tenera e luminosa: Crocefissione con i Santi Ranieri, Antonio Abate, Francesco (?) e un santo (Nicola di Bari?) e Madonna col Bambino di Borghese di Pietro (1430 ca.) e, di maggiori dimensioni, un Crocifisso e devoto carmelitano attribuito a Paolo Schiavo (1425 ca.), un affresco con una figura delicata e quasi diafana, seppure con una precisa resa corporea.
Particolare, infine, è la presenza di un’imponente lastra tombale, appartenente al frate Michele di Bardo (1370-1432), il priore che nel Quattrocento si adoperò per la decorazione della chiesa. L’opera è di uno scultore fiorentino, che ha utilizzato come modello quelle degli illustri agostiniani sepolti in Santo Spirito.
Con la tomba del grande promotore delle opere realizzate in Santo Stefano abbiamo concluso la visita alla mostra. Ci siamo immersi nell’atmosfera culturale e artistica che ruotava intorno a Masolino, approfondendo l’opera di questo eccezionale pittore.
Comprendiamo bene anche il titolo della mostra: Empoli 1424. Masolino e gli albori del Rinascimento. I protagonisti sono proprio il grande artista e i suoi contemporanei, all’inizio del Rinascimento; il fulcro è la città di Empoli dove è avvenuta la realizzazione di numerose opere; la data, 1424, rappresenta un momento fondamentale della carriera artistica di Masolino e svolta per il suo stile, come possiamo notare anche nei dipinti realizzati qui e conservati nella Chiesa di Santo Stefano e nel Museo della Collegiata di Sant’Andrea.
La mostra, quindi, è un interessante approfondimento, nonostante alcuni difetti nell’allestimento e il percorso museale un po’ intricato e faticoso. Riscoprire Masolino in confronto ad altri artisti contemporanei è stato sicuramente uno dei maggiori pregi, oltre alla possibilità di visitare e valorizzare due luoghi espositivi decentrati ma non per questo meno meritevoli.
INFORMAZIONI
- Mostra Empoli 1424. Masolino e gli albori del Rinascimento – Empoli Musei: https://www.empolimusei.it/empoli-1424-masolino-e-gli-albori-del-rinascimento/
- Catalogo della mostra: https://www.mandragora.it/prodotto/empoli-1424-masolino-e-gli-albori-del-rinascimento/
- Recensione su Finestre sull’arte: https://www.finestresullarte.info/recensioni-mostre/l-anno-di-masolino-all-alba-del-rinascimento-com-e-la-mostra-di-empoli
- ArtBox La7: https://www.la7.it/artbox/rivedila7/artbox-s03-e30-27-04-2024-539494
- Video YouTube Arte, Empoli 1424. Masolino e gli albori del Rinascimento di FlorenceTV: https://www.youtube.com/watch?v=dc2zar21sIQ
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