Gli splendidi affreschi di Masolino, Masaccio e Filippino Lippi,
il chiostro e il cenacolo di Allori
L’ultimo museo che sono riuscita a visitare con mia madre, a febbraio 2021, prima della chiusura della Toscana che si è caracollata dalla zona gialla all’arancione, è stato quasi il medesimo che avevo cercato di vedere con Lorenzo, esattamente un anno prima, quando la pandemia era ancora all’inizio e cominciavano le chiusure. Eravamo andati in centro per un brunch e coltivavamo ancora la sciocca convinzione che i musei fossero aperti: invece avevamo trovato il portone sbarrato e ci eravamo seduti al freddo di fronte alla Chiesa del Carmine, quasi a contemplare un mondo che cominciava a sgretolarsi, insieme alle nostre abitudini fin troppo scontate e alla nostra spensierata libertà. Un anno più tardi, attraversando nuovamente la piazza, io e mia madre ci siamo concesse la visita di questa celeberrima cappella, di solito gremita di turisti e adesso vuota e godibile (diciamo la verità) grazie alla pandemia.
LA STORIA
La Cappella Brancacci si colloca all’interno della Chiesa del Carmine, nel cuore dell’Oltrarno fiorentino. Questo luogo di culto fu scelto per la prima volta da un gruppo di frati giunti da Pisa nel 1268, quando fondarono la chiesa della beata Vergine del Carmelo. La costruzione dell’edificio fu piuttosto lunga e ricevette l’aiuto economico sia del Comune sia delle ricche famiglie della città, terminando solo nel 1475.
Alla fine del XIV secolo, l’antica famiglia fiorentina dei Brancacci acquistò una cappella all’interno della chiesa. L’iniziativa della decorazione, però, avvenne molto dopo: fu solo nel 1423 che il ricco mercante Felice Brancacci, tornato dall’Egitto, commissionò l’esecuzione degli affreschi. Le pareti della cappella, dedicata a San Pietro, furono dipinte con scene della vita del santo da due grandi maestri del tempo, Masolino e Masaccio. Gli affreschi rimasero incompiuti nel 1427 a causa della partenza del primo per l’Ungheria e per Roma del secondo.
La famiglia Brancacci fu esiliata da Firenze nel 1436 ed i frati del convento decisero di cancellare tutti i ritratti dei membri della casata presenti negli affreschi: nel 1460 intitolarono la cappella alla Madonna del popolo e vi inserirono la tavola duecentesca che vi si trova ancora oggi.
Nel 1480 ai Brancacci fu concesso il ritorno nella città natale e la cappella rientrò in loro proprietà: si adoperarono, quindi, per completare la decorazione, affidando la realizzazione degli affreschi a Filippino Lippi, allievo di Botticelli (1481-83).
La storia successiva non fu più fortunata: decaduti i Brancacci, nessuno volle rilevare la cappella. Nel 1680 il Marchese Ferroni avrebbe voluto trasformarla in stile barocco, ma la Granduchessa Vittoria della Rovere fortunatamente glielo impedì; tuttavia, a metà del Settecento furono svolti degli interventi di ammodernamento che distrussero le pitture nelle lunette. L’incendio del 1771, che devastò la chiesa, risparmiò la cappella, che fu finalmente acquistata da un’altra famiglia, i Riccardi, i quali restaurarono altare e pavimento.
Una vera ristrutturazione completa degli affreschi avvenne negli anni Ottanta del Novecento: grazie ad essa possiamo adesso godere dei colori vibranti delle pitture e dei dettagliati particolari.
GLI AFFRESCHI
Nel 1423, anno di inizio della realizzazione delle pitture, Masolino aveva quarant’anni e Masaccio ventidue; erano maestro e allievo, ma il secondo era già indipendente rispetto al primo. Nell’insieme eseguirono una decorazione coerente e armoniosa, lavorando in stretta collaborazione. Masolino, maestro di cultura tardogotica, accorda infatti il proprio stile a quello del pittore più giovane, pur mantenendo un gusto decorativo e raffinato. Si nota come gli affreschi di Masaccio abbiano comunque un’emozione e un impatto maggiore dal punto di vista sia della plasticità delle figure e del realismo spaziale (con un importante impianto prospettico e, addirittura, una luce che proietta le ombre dei personaggi) sia del profondo e quasi tragico senso di dignità morale.
Filippino Lippi, che completò la decorazione, era un maestro rinascimentale; intervenne in modo sobrio e nel rispetto degli artisti che lo avevano preceduto. Non si perde, così, l’omogeneità della cappella, al punto che risulta a tratti difficile distinguere i diversi contributi.
CHIOSTRO E AFFRESCO DI ALESSANDRO ALLORI
La visita alla Cappella Brancacci avviene passando da una porta laterale rispetto all’ingresso della chiesa: da essa si accede prima ad un grazioso chiostro, ricostruito nel 1597-1612 e che presenta una struttura a pianta quadrata con un doppio ordine di loggiato. Le pareti di questo luogo erano state affrescate prima da Masaccio (la Sagra), quando lavorava alla Cappella Brancacci, e poi da Filippo Lippi (la Consegna della Regola carmelitana), di cui rimane solo un frammento staccato. Adesso i muri sono decorati da stemmi e busti di famiglie e personaggi illustri, mentre le lunette furono affrescate tra Seicento e Settecento con episodi della leggenda carmelitana.
Sul chiostro si affacciano diversi ambienti: tra di essi, la Sala Capitolare è quella da cui si accede alla Cappella Brancacci, e la Sala del Cenacolo ospita l’Ultima Cena, dipinta da Alessandro Allori nel 1582.
In questa grande stanza, sulle cui pareti sono esposti frammenti di affreschi staccati provenienti dalla Compagnia di San Niccolò e opera di un pittore fiorentino dell’ultimo Trecento, troneggia con una splendida illuminazione la magnifica opera di Alessandro Allori. Il pittore eseguì due versioni del medesimo cenacolo, entrambe datate 1582: un dipinto ad olio inviato poi a Bergamo e l’affresco all’interno del refettorio del monastero carmelitano del Carmine. Il grande dipinto subisce l’influenza dei cenacoli del Ghirlandaio: come essi, vi è la divisione in due lunette. Si nota l’autoritratto del pittore in basso a destra e, a sinistra, il ritratto di padre Luca da Venezia, che morì due anni più tardi e che fu l’autore della commissione ad Allori.
IN CONCLUSIONE
La Cappella Brancacci è un’opera unica nel suo genere, un concentrato un secolo di pittura perfettamente armonizzato, un micro-museo in cui si possono ammirare i momenti fondamentali della pittura rinascimentale fiorentina passando attraverso gli stili di Masolino, Masaccio e Filippino Lippi. È un gioiello prezioso all’interno di una chiesa che esternamente appare rustica e semplice, lontana dagli itinerari più sfarzosi del centro di Firenze. La possibilità, inoltre, di accedervi passando dal bel chiostro e ammirando il cenacolo di Alessandro Allori è stata per me una gradita sorpresa.
Solo un appunto si può fare a questa splendida visita: nonostante il prezzo elevato del biglietto, non ci sono pannelli illustrativi all’interno della Cappella e si ha quasi l’impressione di essere trattati come meri “consumatori d’arte”, clienti, turisti; forse perché molti si approcciano con superficialità e dedicano solo uno sguardo agli affreschi, vi corrono sopra con gli occhi e poi escono soddisfatti di aver visto anche questa attrazione… Non so, ma mi sarebbe piaciuta una cura maggiore, un’attenzione a chi non è lì solo di passaggio, ma vuole sapere, conoscere, godere di questo piccolo scrigno di bellezza.
INFORMAZIONI
> https://cultura.comune.fi.it/pagina/musei-civici-fiorentini/cappella-brancacci-santa-maria-del-carmine
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