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TREKKING URBANO AL GALLUZZO

Un anello tra murales, chiese, ville e panorami

Sabato 21 gennaio 2023

Da diverso tempo, ormai, mia mamma partecipa con entusiasmo alle passeggiate organizzate dai vari quartieri di Firenze, in collaborazione con l’associazione Uisp, ma fino ad oggi mi ero limitata a guardare le sue foto, senza prendere parte alle iniziative. Alla fine, complice una newsletter ricevuta al momento giusto e un weekend finalmente libero dal lavoro, mi sono ritrovata insieme a Frida, la mia cagnolina, ad aggregarmi ad un numero considerevole di altre persone per un trekking urbano al Galluzzo. La passeggiata è adatta a tutti, adulti e bambini, e non richiede alcun tipo di allenamento, ma solo tanta curiosità.

Lunghezza complessiva7 km
Tempi di percorrenza3h30min
Dislivello150 m.
Grado di difficoltàMolto facile
SCHEDA TECNICA

Il punto di ritrovo è in piazza don Pietro Puliti, dietro al mercato principale del Galluzzo; il parcheggio è libero e abbastanza facile da trovare (io ho lasciato l’auto lungo viale de’ Tanini). A parte le dimensioni della piazza, il luogo è facilmente identificabile per la presenza del massiccio campo sportivo, utilizzato anche per l’allenamento della squadra dei Bianchi del Calcio storico fiorentino.

Il cielo è plumbeo, ma le previsioni promettono solo nuvole e niente pioggia… Sicuramente un freddo pungente ci attanaglia, mentre aspettiamo gli ultimi ritardatari. Finalmente partiamo, dirigendoci verso via Gherardo Silvani: è una strada piuttosto trafficata, ma vale la pena fare questa breve deviazione iniziale per raggiungere i murales che ornano le case popolari di via de’ Corbinelli.

Murales

Anche se in bianco e nero, le pitture catturano subito la nostra attenzione: dimensioni enormi e corpi erculei che sembrano avvinti in una lotta eterna. In effetti, l’opera di Street Art, realizzata dall’artista argentino Francisco Bosoletti a giugno del 2021, vuole descrivere l’esistenza umana come eterno conflitto tra vita e morte, dannazione e salvazione. Il murales, infatti, è chiamato Giudizio Universale e rientra nell’ambito delle celebrazioni dantesche del Comune di Firenze. L’opera si estende su sei facciate di condomini, componendosi di frammenti, parti di un unico grande quadro, che l’osservatore ricompone e interpreta nella propria mente, cercando di distinguere i dannati e i salvati, nell’intrico di corpi nudi.

Galluzzo - Murales.
Galluzzo - Murales.
Galluzzo - Murales.
Galluzzo - Murales.

Giardini di viale Tanini e Pioppeta

Dopo aver ammirato la mastodontica opera, adesso vittima delle intemperie e presto bisognosa di un restauro, torniamo sui nostri passi e raggiungiamo il parco che si estende lungo il fiume Ema, i Giardini di viale Tanini. Qui cominciamo a percepire di starci allontanando dalla città per immergerci in una natura ben antropizzata, ma fresca ed erbosa. Un gradevole sentiero si snoda accanto al corso d’acqua e in pochi minuti raggiungiamo la Pioppeta del Galluzzo.

Celebre nella zona e non solo (ma io, ignorantemente, non l’avevo mai sentita nominare), questa pioppeta ha una storia singolare: il terreno sul quale sorge fu acquistato negli anni Settanta dalla famiglia Caprotti, proprietaria della catena di supermercati Esselunga, oltre che di una villa in collina a poche centinaia di metri da quest’area. L’acquisto del terreno fu in realtà dovuto al timore di Caprotti che l’espansione edilizia potesse compromettere il panorama mozzafiato, fiore all’occhiello della sua residenza. Così la famiglia comprò quest’area, vi fece piantare dei pioppi e donò il tutto al Comune di Firenze con il vincolo di non costruirci. I pioppi, perfettamente allineati, donano al parco i colori vivaci del verde e del bianco, anche se adesso alcune piante invecchiate sono diventate grigie… Caprotti è riuscito nel proprio intento e nessun edificio è stato costruito, ma il giardino ha subito negli anni un forte degrado, dovuto alla malattia di alcuni pioppi e al crollo di uno degli alberi. Nel 2019 il Comune ha deciso di piantare 180 nuovi esemplari e creare un sistema differente di deflusso delle acque.

Passeggiamo, quindi, tra i pioppi più anziani per ritrovarci in mezzo agli alberi giovani, tra foglie, erba e larghi acquitrini… Siamo giunti ad una strada asfaltata, che segna il perimetro di un’ampia zona residenziale; giriamo a sinistra e poi quasi subito a destra per rientrare in via Silvani. Questo punto è un po’ caotico a causa del traffico, ma fortunatamente è breve. Passiamo la rotonda e da un cancellino su via Silvani entriamo nella proprietà della Propositura di San Felice a Ema.

Galluzzo - Giardini lungo il Fiume Ema.
Pioppeta del Galluzzo

Propositura di San Felice a Ema

Dalla nuova apertura del recinto, accanto alla fermata dell’autobus, veniamo trasportati in una realtà semplice e raccolta: un piccolo giardino di piante aromatiche, con una grande abbondanza di rosmarino e un po’ di lavanda. Una scala in ferro ci conduce di fronte alla facciata della chiesa, tipicamente romanica.

L’origine di questo luogo di culto è antecedente all’anno Mille; nel XI secolo divenne patronato del monastero di San Pier Maggiore, nel Duecento collegiata e nel 1748 propositura (termine usato in Toscana e nella diocesi di Milano per designare l’ufficio di un parroco, o preposto con privilegi speciali in una parrocchia).

Sul portale centrale della facciata campeggia una lunetta in marmo bianco e verde, mentre sull’architrave riconosciamo lo stemma posto nel 1532 dal parroco Pietro Della Luna, nominato da papa Leone X. Alcuni edifici affiancano la chiesa: quello più a sinistra è la Compagnia della Santissima Annunziata, chiusa ai fedeli nel 1983 a causa di gravissimi danni strutturali e riaperta nel 2015 dopo i restauri. Accanto ad essa si estende il cimitero, celebre per le sepolture monumentali di personaggi importanti, come Eugenio Montale.

Chiesa di San Felice a Ema.
Viuzzo di San Felice a Ema - dimora.

Viuzzo di San Felice a Ema

Attraversiamo la strada asfaltata che ci condurrebbe a Pozzolatico, alla zona denominata I Parigi e, infine, anche alla Certosa. Non ci facciamo distrarre da così tante attrazioni e proseguiamo il nostro itinerario imboccando il viuzzo di San Felice a Ema. Siamo in una delle parti della passeggiata che ho preferito: la stradina è piacevole, contornata da muretti e composta da pietre che affiorano tra la terra e i muschi. Siamo circondati da campi di ulivi e giardini, con grandi alberi e numerose dimore…

La via è percorribile dalle auto fino alla prima residenza, che incontriamo qualche centinaio di metri più avanti: una bella dimora nobiliare con uno spazioso loggiato e un intonaco bianco che svetta tra i colori terrosi della natura circostante. Dalla prima finestra possiamo sbirciare all’interno del chiostro, risalente al XIV-XV secolo. Da questo punto il viuzzo si restringe ed è in parte sterrato: la passeggiata continua però ad essere agevole e adatta a tutti.

Viuzzo di San Felice a Ema - Agriturismo Michelangelo.
Villa del Poggio Imperiale.

Arriviamo fino all’Agriturismo Michelangelo, un casale del Duecento finemente ristrutturato, immerso nel verde delle colline e circondato da un parco di ben 50.000 mq con vigna, oliveto e frutteto. Non riusciamo a scorgere la piscina e il campo da tennis, ma possiamo ammirare uno scorcio di panorama che si gode da qui, oltre al rilassante silenzio… Si dice che in questo casale abbia soggiornato anche Michelangelo Buonarroti, in onore del quale l’agriturismo attuale prende il nome.

Il sentiero comincia ora a scendere e ben presto ci troviamo sulla strada asfaltata: via Accursio, da dove giriamo a destra in via Stefano Borgonovo, che diventa via Leonardo Ximenes. Numerose villette contornano il marciapiede; da non perdere sono le tre creazioni in legno che adornano il giardino di una di esse.

Cavallo intagliato in legno.
Elefante intagliato in legno.
Cavallo intagliato in legno.

Villa medicea del Poggio Imperiale

Sbuchiamo sul grande viale di Poggio Imperiale e proseguiamo in leggera salita per arrivare fino all’antica villa medicea. La prima notizia della dimora risale al 1427, quando era indicata con il nome di Palazzo Baroncelli, dalla famiglia che l’aveva fatta costruire. Numerosi proprietari si succedettero nel corso dei secoli: i Pandolfini (1487), i Salviati (1548) e infine i Medici (1565). Nel corso del Cinquecento vennero effettuate le maggiori modifiche, trasformando il fortilizio in una dimora signorile aperta verso Firenze da un lato e verso la campagna dall’altro, grazie a due cortili e ad un giardino murato. Isabella de’ Medici, figlia di Cosimo I amò particolarmente questa villa, che divenne il fulcro di attività culturali, oltre a luogo di collezione di numerose opere d’arte.

Nel Seicento l’edificio assunse sempre più una connotazione di reggia, grazie agli interventi di Maria Maddalena d’Austria (1622-24), che la fece ampliare e le diede il nome di Villa del Poggio Imperiale, di Vittoria della Rovere, la quale proseguì l’opera della suocera ingrandendo ancora il palazzo (1681-83). Nel 1765 Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena scelse la villa come seconda residenza, dopo Palazzo Pitti, ed avviò un cantiere per trasformare la villa medicea in un esempio di reggia tra città e natura (1767-83).

Villa del Poggio Imperiale - viale.
Villa del Poggio Imperiale - ingresso.

L’aspetto neoclassico dell’architettura fu realizzato successivamente, a metà dell’Ottocento, per volere di Maria Luisa di Borbone, Elisa Baciocchi-Bonaparte e Ferdinando III, figlio di Pietro Leopoldo. La villa era strettamente legata alla Fattoria del Poggio Imperiale, che si estendeva con ampi poderi e boschi fino a Porta Romana; la dimora, quindi, si poneva sulla scia del Giardino di Boboli e di Palazzo Pitti, degli Uffizi e di Palazzo Vecchio, strettamente collegata con Firenze.

Nel 1865 l’edificio accolse la Sede dell’Educandato Statale della SS. Annunziata, ancora oggi qui presente. Per questo, non sono possibili visite all’interno se non in particolari giorni di apertura, ad esempio in concomitanza delle Giornate del FAI, oppure su richiesta.

Dopo aver ammirato la facciata neoclassica, passiamo di fronte alla Cappella della Santissima Annunziata al Poggio Imperiale, l’unica rimasta delle numerose cappelle andate distrutte nella ricostruzione settecentesca della villa. Nel 1820 l’architetto Giuseppe Cacialli conferì alla struttura le forme neoclassiche che vediamo ancora oggi, mentre all’interno della cappella sono rimaste le decorazioni del XVIII secolo.

Via Suor Maria Celeste

Proseguiamo su Largo Enrico Fermi e, in corrispondenza del Tabernacolo della Crocifissione, giriamo a destra nella strettissima via Suor Maria Celeste. Se, invece, scegliessimo di proseguire diritto, andremmo nella direzione di Arcetri; al bivio poco successivo potremmo arrivare a Costa San Giorgio da una parte o a Gavinana dall’altra.

Tabernacolo del Crocifisso.
Edificio dell'Università di Firenze.
Via Suor Maria Celeste.

Anche se non riservata solo ai pedoni, la via è poco trafficata e permette di godere i più bei panorami della passeggiata: lo sguardo spazia prima sul retro della Villa di Poggio Imperiale, sui campi di olivi e sui giardini; poi, si amplia ulteriormente fino ad abbracciare altri casolari e dimore di campagna e riusciamo persino ad ammirare le vette innevate delle montagne.

Gli edifici di questa zona furono costruiti nel Trecento e, nonostante i numerosi rimaneggiamenti successivi, sono giunti fino a noi. Ne è un esempio Villa Curonia, che fino al XIV secolo, era chiamata con il nome di Casa dei Taddei, ricca e colta famiglia fiorentina, mecenate di artisti illustri come Raffaello, il quale fu più volte ospitato in questa villa. Nel 1530 divenne residenza del Duca di Amalfi; il suo aspetto di allora è ancora visibile nell’affresco dell’assedio, dipinto da Vasari, che rappresentò il palazzo con una bandiera a righe sul portone. Nell’Ottocento il giardino subì importanti interventi per volere degli allora proprietari, i coniugi americani Edwin e Mabel Dodge.

Villa Le Piazzole.
Villa Le Piazzole.

La residenza più bella che incontriamo sulla via è, però, Villa Le Piazzole, hotel di lusso e azienda agricola, unica nel comune di Firenze a produrre vino e olio dai propri terreni. La dimora storica risale al XV secolo, quando venne costruita dalla famiglia degli Acciaioli intorno ad una più antica torre medievale. Nel 1474 la proprietà passò ai Grazzini di Staggia; nel Seicento rientrò nei possedimenti prima degli Artini, poi dei Ricci e infine dei Del Riccio, che le conferirono l’aspetto attuale.

Arrivando da via Suor Maria Celeste possiamo sbirciare una minuscola parte di giardino con un ameno porticato e notare lo stemma sul portale di accesso: un leone rampante in pietra, che ricorda gli Acciaioli, e, sotto, l’arma dei Del Riccio.

Villa del Poggio Imperiale - retro.
Via Suor Maria Celeste - panorama.
Galluzzo - Giardini lungo il Fiume Ema.

Rientro

Al bivio di fronte alla villa prendiamo la strada a destra, che con una discesa piuttosto ripida, ci riporta al Galluzzo. Oltre i muriccioli che delimitano la via, infatti, scorgiamo i campi di olivi e soprattutto uno spazioso panorama dove, oltre alle colline, emergono alcuni elementi conosciuti: San Felice a Ema con il suo cimitero e, accanto, la pioppeta; dietro svetta la Certosa.

Ci ritroviamo lungo via Gherardo Silvani, a pochi metri dalla fermata del bus dove il cancellino ci aveva aperto la strada verso la chiesa. Passiamo davanti all’entrata principale dell’azienda agricola della Villa Le Piazzole e tagliamo in corrispondenza del numero civico 172 (a sinistra) per arrivare alla pioppeta. Passiamo attraverso una zona residenziale molto graziosa e ci ritroviamo lungo il fiume Ema: abbiamo chiuso il nostro giro ad anello.

Via Suor Maria Celeste - panorama.
Via Suor Maria Celeste - panorama.
Via Suor Maria Celeste - panorama su San Felice a Ema, pioppeta e Certosa.

Proseguiamo, quindi, attraverso i giardini e siamo tornati al punto di partenza, arricchiti dalla scoperta di luoghi storici, curiosità artistiche e naturali, gradevoli scorci paesaggistici, sconosciuti alla maggioranza…

La valorizzazione del territorio passa attraverso iniziative come questa ed è alimentata dalla curiosità degli abitanti del luogo, noi fiorentini che ci gloriamo di conoscere una delle città più belle al mondo e poi dimentichiamo ciò che non si trova nello stretto perimetro delle mura del centro… Conoscere il territorio significa amarlo, rispettarlo, tramandarlo…


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