Firenze Firenze - Itinerari

DIMORE STORICHE NEL CENTRO DI FIRENZE (1)

Palazzi e giardini, cortili e terrazze privati e nascosti

Giardino Torrigiani, Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte,
Palazzo Bartolini Salimbeni e Antica Torre Tornabuoni

Locandina giornata ADSI


Domenica 23 maggio 2021, in occasione della giornata di apertura in Toscana delle dimore storiche a cura dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, mia mamma ha preparato uno straordinario itinerario nel centro di Firenze: siamo partiti dal Giardino Torrigiani dell’Oltrarno per visitare poi Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte lungo il fiume; ci siamo infilati nel cortile di Palazzo Bartolini Salimbeni e siamo saliti sulla cima dell’Antica Torre Tornabuoni. Dopo pranzo, siamo stati accolti nella suggestiva galleria d’arte di Palazzo Leopardi e abbiamo quasi sfiorato il Duomo con le dita delle mani dalle terrazze di Palazzo Pucci; infine, ci siamo rilassati nel giardino di Palazzo Ximenes Panciatichi e di Palazzo Antellesi. Un percorso intenso, quindi, che ci ha condotti alla scoperta di luoghi insoliti, nascosti, quasi sempre chiusi al pubblico, ma di un’incredibile bellezza e altrettanto fascino…

Mappa dell'itinerario


Ecco qui le nostre tappe della prima parte dell’itinerario!

1. Giardino Torrigiani

2. Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte

3. Palazzo Bartolini Salimbeni

4. Antica Torre Tornabuoni

GIARDINO TORRIGIANI

h 10.15 – Via dei Serragli, 144

Nascosto nell’Oltrarno fiorentino, si apre (solo per chi lo conosce) il Giardino Torrigiani: con i suoi quasi sette ettari ha il primato di più grande giardino privato d’Europa all’interno della cerchia muraria di una città.

All’ingresso ci accoglie la statua di Osiride, sulle cui tavole sono incise le regole da rispettare nel parco; esso, infatti, è aperto al pubblico fin dal 1824.

Già famoso nel Cinquecento come orto botanico, il giardino si espanse notevolmente grazie al marchese Pietro Torrigiani, il quale ereditò le proprietà di famiglia cambiando il proprio cognome (in origine Guadagni) e modificò il parco a partire dai primi dell’Ottocento, conferendo ad esso l’alternanza di giardino all’italiana e all’inglese che vediamo ancora oggi, con statue e architetture di gusto romantico. Durante il periodo napoleonico, i rampolli delle più importanti famiglie italiane erano costretti a soggiornare a Parigi; una delle conseguenze fu che assorbirono parte della cultura francese e che la misero in pratica una volta rientrati in patria. Fu così che il marchese Torrigiani decise di ripensare il giardino in una chiave di percorso esoterico, con un passaggio dalle tenebre alla luce (abbondano i riferimenti massonici).

Giardino Torrigiani - si intravede palazzo tra alberi.
Giardino Torrigiani - spunta il torrino tra alberi.

L’incarico di progettare l’imponente giardino, che all’epoca si estendeva su di una superficie di ben dieci ettari, fu affidato all’architetto Luigi de Cambray Digny, già noto per la ristrutturazione degli Orti Oricellari. Con la sua opera il Digny riesce a combinare gli elementi naturali con quelli artificiali del giardino, rispettandone così la vocazione paesaggistica, ma inserendovi al contempo un itinerario di simbologie legate alla massoneria a cui anche lui era affiliato.

Dopo il Digny, viene chiamato a dirigere i lavori del giardino l’architetto ed ingegnere Gaetano Baccani, già apprezzato per aver progettato il campanile di Santa Croce. Al Baccani si deve la realizzazione del famoso “torrino” in stile neogotico e allusivo allo stemma di famiglia. Alta circa ventidue metri, la torre conservava al suo interno una raccolta di strumenti astronomici, una biblioteca e sulla sommità una terrazza scoperta per l’osservazione del cielo. Per collegare i vari piani della torre, oltre ad una scala elicoidale in pietra, era stata realizzata una sedia meccanica che, attivata da particolari marchingegni, permetteva una sua rapida ascensione fino alla sommità.

Dietro il torrino, che si colloca su una collina artificiale, notiamo un tratto di mura: esse sono il bastione mediceo di difesa fatto erigere da Cosimo I dei Medici nel 1544 contro Siena.

Tranne il bastione mediceo, preesistente, tutte le restanti opere contribuiscono a condurre il visitatore attraverso un complesso itinerario romantico-sentimentale. Anche gli elementi naturali sono stati pensati per seguire questo andamento emotivo, dal cupo “bosco sacro” che cela al suo interno il Sepolcreto, simbolo della fugacità della vita terrena, agli ampi spazi aperti che circondano il Tempietto dell’Arcadia, simbolo di un ideale di vita pastorale.

Giardino Torrigiani - torrino.
Giardino Torrigiani - torrino, statua, piante e giardini.

Le architetture che ritroviamo, di gusto romantico, erano costruite già come rovine; notiamo anche un ponte sopra il torrente Ladone. Nel giardino passa un corso d’acqua sotterraneo che però non è mai affluito in superficie; si tratta di una falda acquifera molto profonda. Dato che era impossibile raggiungerla con gli strumenti del tempo, il Granduca aveva concesso alla famiglia Torrigiani di attingere alle acque in eccesso provenienti dal parco di Boboli; tale privilegio fu però revocato quando Torrigiani vestì una scrofa con i vestiti delle dame del tempo e la liberò in piazza Pitti. Questo scherzo, infatti, offese il Granduca, che lo interpretò come un attacco alla moglie.

Numerose sono le sculture che animano il giardino; nel grande spiazzo dove ora si trova un giardino all’italiana, erano soliti correre con i cavalli e realizzare spettacoli. Poco distante vediamo il ginnasio utilizzato per le gare ginniche.

Ciò che colpisce grandemente di questo splendido giardino è anche la ricchezza della vegetazione, con un rinomato orto botanico ma anche con piante secolari, cedri, faggi, sequoie e un’imponente quercia, oltre a grandi platani, cipressi e lecci. Ciò è ancor più straordinario se si pensa che il bosco cresce sulla collina costruita con terreno di riporto, creata artificialmente quando venne spianata la parte sottostante del giardino…

Giardino Torrigiani - fiori in primo piano, alberi e prato.
Giardino Torrigiani - finto rudere con colonne e statue.
Giardino Torrigiani - prato con siepi e statue.

PALAZZO GIANFIGLIAZZI BONAPARTE

h. 11.00 – Lungarno Corsini, 4

Luogo adesso di eventi e cerimonie, è un palazzo molto particolare, che nasce nel Quattrocento e viene restaurato completamente negli ultimi 30 anni, dopo un periodo di incuria legato ad un susseguirsi di affitti ad aziende, ristoranti, alberghi e associazioni.

Palazzo Gianfigliazzi per quattro secoli fu la dimora dell’omonima famiglia di potentissimi banchieri. Il nome sembra derivare da un certo Giovanni, figlio di Azzo, che nel 1201, come sindaco del Comune di Firenze, svolse trattative con quello di Siena. In un primo momento i Gianfigliazzi non ebbero cariche nella repubblica fiorentina perché considerati magnati e perché erano di tendenza guelfa ma, a seguito della battaglia di Benevento che segnò il tracollo dei ghibellini, e con la cacciata del Duca di Atene da Firenze alla quale contribuirono validamente, i Gianfigliazzi ebbero onori e cariche.

Fino all’anno 1530 la famiglia ebbe trenta priori e dieci Gonfalonieri, diversi cavalieri a speron d’oro, commissari in guerra e ambasciatori. Costruirono case, logge e torri nel quartiere di Santa Trinita e sembra che fosse anche proprietari delle case attorno alla chiesa. La famiglia dei Gianfigliazzi continuò ad abitare nel palazzo finché non si estinse nel Settecento.

Nel 1825 la dimora fu acquisita da Luigi Bonaparte, uno dei fratelli di Napoleone, già Re di Olanda, il quale vi abitò fino a morte avvenuta nel 1846.

Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - ingresso con poltrone, bel lampadario e decorazioni eleganti.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - panorama sul centro con ponte e ponte vecchio.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - sala dorata con bel lampadario, specchio e stucchi.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - panorama verso le cascine.

In seguito, il Palazzo divenne la sede dell’albergo “Quattro Nazioni” e, come ricorda una lapide sulla facciata, vi soggiornò per circa un mese il letterato Alessandro Manzoni. Durante la permanenza, il Manzoni scrisse all’amico e poeta milanese Tommaso Grossi: ”ho settantun lenzuoli da risciacquare”, riferendosi al motivo per il quale era giunto a Firenze, adeguare alla lingua fiorentina 71 pagine della sua opera più nota: I Promessi Sposi.

Il Palazzo passò poi al nobile Ranieri Lamporecchi, noto avvocato fiorentino e giureconsulto che ricoprì le più alte cariche della magistratura del Granducato di Toscana. Con l’architetto Bartolomeo Silvestri, il Palazzo fu oggetto di un primo consistente intervento di restauro che modificò la disposizione delle finestre in facciata e chiuse il loggiato all’ultimo piano, da cui si ammirava, allora come oggi, uno dei panorami più belli di Firenze.

Nel 1865 il Palazzo pervenne per via matrimoniale al Barone Van der Linden d’Hooghvorst il quale sposò la nobildonna fiorentina Aurora Guadagni, dell’illustre e antica famiglia già nemica dei Medici e poi accolta benevolmente dai Granduchi. Il Barone d’Hooghvorst intraprese una serie di importanti lavori e, pur lasciando immutato lo stile complessivo del Palazzo, ne cambiò molto le dimensioni. Anche l’interno fu modificato, vennero ristrutturati i saloni e furono aggiunti stucchi e dorature per ricondurlo allo stile del tempo e per dar luogo a sontuosi ricevimenti.

Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - mobile scuro, porcellane.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - salone dorato, porcellane e decorazione.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - sala con decorazioni rosate.


Le cronache dell’epoca, infatti, narrano di sfarzosi balli e ricevimenti tenuti a Palazzo, a cui partecipavano aristocratici, uomini di cultura, politici e tutta l’alta società proveniente dall’Italia ma anche dall’estero. Gli arredi erano ricchi, le suppellettili raffinate e i banchetti principeschi, a tal punto che, come riportò un aneddoto del 1870, nel corso di uno di questi eventi, un tavolo crollò sotto il peso del vasellame, delle cristallerie e degli argenti, ma senza il turbamento dei padroni di casa, i quali nel giro di poco tempo fecero imbandire nuovamente i tavoli con ogni raffinatezza, una dimostrazione “voluta”, come dissero le malelingue per dimostrare l’abbondanza che regnava in casa.

La madre del Barone, Emilia d’Oultremont, rimasta vedova, si fece suora e fondò un nuovo ordine religioso, la società di Santa Maria Riparatrice. In viaggio da Roma per il Belgio, fermandosi a far visita al figlio nel palazzo di Firenze, fu collta da paralisi e lì morì nel 1878. Nel 1997 fu proclamata beata da Giovanni Paolo II.

Il Palazzo visse altri passaggi di proprietà; infine, nel 1920 fu acquistato dall’avvocato Aldemiro Campodonico, celebre uomo politico e pubblicista. Oggi sua nipote Maria, Baronessa De Hagenauer, ha provveduto ad un restauro accurato del palazzo e destina il piano nobile a visite guidate, eventi e cerimonie.

Salendo le scale e accendendo alle varie sale si rimane colpiti dall’elegante raffinatezza e dalla ricchezza degli ambienti… Ci ha accolti la stessa Baronessa, che si è intrattenuta a parlare con noi; appare mossa da un genuino interesse per la storia e l’arte e si è comportata come una raffinata padrona di casa, orgogliosa di condividere per qualche ora una parte della propria dimora.

Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - Federica e sua mamma nello specchio; ci sono anche lampadario e decorazioni dorate.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - sala dorata con bel lampadario, specchio e stucchi.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - sala con poltrone blu e decorazioni eleganti.
Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte - sala più scura con parete rossastre.

PALAZZO BARTOLINI SALIMBENI

h. 11.30 – Piazza di Santa Trinita, 1

Uno dei miei palazzi preferiti di tutta Firenze! Esso spicca tra gli altri edifici coevi ed è un esemplare unico del suo genere: lo si capisce fin dalla facciata… Essa è suddivisa in tre livelli, ciascuno con sporgenti marcapiani e cornicioni di coronamento; le finestre rettangolari ad edicola con timpano, colonne o pilastri, le nicchie e i frontoni creano una geometria alternata e simmetrica. Splendido chiaroscuro viene creato dall’uso di pietre diverse (pietra forte, pietra serena e pietra bigia), che movimentano l’insieme.

L’opera è dell’architetto Bartolommeo d’Agnolo, detto Baccio d’Agnolo su commissione di Giovanni Bartolini Salimbeni e fu realizzata tra il 1520 e il 1523. La costruzione costò 5550 fiorini d’oro, una cifra enorme per l’epoca.

La grande bellezza che ci colpisce oggi non ebbe, però, lo stesso effetto sui contemporanei, ai quali non piacque affatto! Così, l’architetto rispose alle critiche incidendo sull’architrave del portone d’ingresso la frase in latino “Carpere promptius quam imitari (più facile da biasimare che da imitare)”. Sulla facciata, oltre al leone unghiato, stemma della famiglia, possiamo vedere anche un’altra scritta: “Per non dormire”… Cosa significa questo messaggio sibillino? Il riferimento è ad un avo del committente: egli aveva invitato a cena vari mercanti e li aveva addormentati con l’oppio, così da arrivare per primo al mercato e acquistare senza concorrenza le partite di bozzoli che gli occorrevano.

Palazzo Bartolini Salimbeni - facciata inquadrata dalla piazza.
Palazzo Bartolini Salimbeni - cortile con statua, colonne grigie e decorazioni bianche.
Palazzo Bartolini Salimbeni inquadrato dall'alto e con la colonna di fronte.

Il palazzo divenne dal 1839 un albergo, la cui insegna “Locanda del Nord” deturpò per anni la facciata; qui alloggiarono illustri personaggi del tempo, come gli scrittori Henry James (Ritratto di signora) e Herman Melville (Moby-Dick). Passò a diversi proprietari, fino ad arrivare ai Principi Colonna di Stigliano; fu restaurato nel 1962 da Pietro Sampaolesi ed è ora sede della Collezione Roberto Casamonti.

Nel cortile si possono ammirare gli sgraffiti a grottesco di Andrea di Cosimo Feltrini che eseguì dopo avere studiato a Roma le rovine affrescate della Domus Aurea, il famoso Palazzo di Nerone, che erano state appena scoperte e chiamate dal popolo grotte, da cui lo stile che ne prese appunto il nome. In essi il motivo dei papaveri e il motto (“Per non dormire”) appaiono ripetutamente.

ANTICA TORRE TORNABUONI

h.12.00 – Via de’ Tornabuoni, 1

Entriamo nell’hotel Antica Torre, lussuoso ed elegante; prendiamo l’ascensore sulla destra e saliamo fino all’ultimo piano, dove si trova il bar dell’albergo. Appena le porte si aprono, subito siamo accolti dal panorama, che si allarga a 360 gradi non appena facciamo qualche passo verso le terrazze… Siamo sui tetti di Firenze e la vista mozzafiato abbraccia il Duomo, il fiume Arno e i monumenti del centro e dell’Oltrarno. La città si mostra in tutto il proprio splendore: la cupola, le colline di Fiesole e Settignano, il Ponte Santa Trinita e la chiesa di San Miniato, il Forte Belvedere e Palazzo Pitti; e ancora, Palazzo Vecchio e, vicinissimo, il campanile di Santa Trinita…

Il bar è arredato con gusto, abbinando armoniosamente artigianato, tradizione, design e contemporaneità. Ulteriore spunto di bellezza ed eleganza sono le piante fiorite e perfettamente curate.

Questa casa-torre, con la sua tipica architettura medievale, fu costruita nella metà del XIII secolo dalla famiglia guelfa dei Ruggerini e da essi passò alla famiglia dei Fastelli o Pietrobono; nei primi del 1300 fu acquistata dai Gianfigliazzi e rimase la loro residenza fino alla fine del 1700.

Dall’inizio del ‘900 e fino alla Seconda guerra mondiale, gli aristocratici e letterati inglesi, affascinati da Firenze, elessero i locali dell’Antica Torre Tornabuoni come loro residenza preferita: il palazzo fu infatti sede della “Pensione Piccioli”. Chiusa dopo la guerra, la Pensione Piccioli riaprì nel 2001, come Residenza d’Epoca con la denominazione di “Antica Torre di Via Tornabuoni 1”, a cui fece seguito, nel 2008, la Residenza d’Epoca “Palazzo Gianfigliazzi di Via Tornabuoni 1”: grazie alle attente ristrutturazioni, che ne hanno salvaguardato tutto il fascino originario, gli ambienti suggestivi del palazzo di via Tornabuoni hanno ripreso vita e calore. Di certo merita una visita e, magari, anche una sosta per un cocktail o un brunch…

Antica Torre Tornabuoni - terrazza con tavoli e panorama sul duomo.
Antica Torre Tornabuoni - terrazza con tavoli e poltroncine.
Antica Torre Tornabuoni - panorama su Firenze verso le Cascine.
Antica Torre Tornabuoni - merli e panorama sul piazzale.

QUI la seconda parte del nostro itinerario:
Palazzo Leopardi, le terrazze di Palazzo Pucci,
Palazzo Ximenes Panciatichi e Palazzo Antellesi…

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