Fiabe Libri

FIABE AFRICANE

Un’occasione rara per scoprire un universo quasi sconosciuto

MARZO 2022

A mio parere i libri di favole sono forse i più sottovalutati dalla nostra cultura, dalle abitudini letterarie contemporanee e persino dagli intellettuali. Non solo le persone comuni non leggono praticamente alcun volume di questo genere, ma essi non vengono nemmeno proposti nelle scuole o negli ambienti accademici, come invece accade con i classici teatrali, anche questi davvero poco acquistati e poco letti… L’edizione della collana Einaudi, con prefazione di Italo Calvino, pubblicata per la prima volta a metà del secolo scorso (1955, poi ristampata nel 1994, anno di questo mio libro), è un perfetto esempio di un tentativo non riuscito di far emergere culture, tradizioni, universi differenti rispetto a quello occidentale attraverso la raccolta delle favole. Non stupisce che il mio acquisto provenga sempre dalla libreria Mucho Mojo e sempre in concomitanza con l’incetta di libri che avevo fatto l’anno scorso (insieme a Miti e leggende degli indiani del Sud America) … Il libraio stesso me lo ha presentato come una vera rarità… Non sono del tutto certa di questo, ma di sicuro si tratta di un volume molto particolare.

Fiabe africane - copertina.


Ebbene, “particolare” è il termine più appropriato per descrivere questa raccolta e lo intendo sia in senso positivo sia negativo. Innanzitutto, occorre dire che le favole dell’Africa sono profondamente diverse da quelle che ho letto fino ad ora… Forse si potrebbero trovare somiglianze con quelle dei popoli siberiani, per lo stile conciso e la struttura spesso scarna, talvolta ripetitiva e tipica della tradizione orale. Tuttavia, il modo di raccontare i contenuti di queste storie è unico nel suo genere: emergono gli animali dell’Africa, dal leone alle iene, dai vari tipi di antilopi agli uccelli; le forme tribali dei villaggi; la brutalità a volte insensata, gratuita, della natura e dell’uomo stesso.

Il lettore si immerge in questo universo così distante dalle comodità del proprio divano ed è rapito da un mondo crudo, realista pure nella fantasia, spesso amaro, arido, eppure anche colorato, povero e, potremmo azzardare, quasi “primitivo” nella sua economia, nelle relazioni sociali e nelle strutture gerarchiche.

È chiaro che si tratta di un mondo completamente diverso dal nostro, dalla nostra cultura e, spesso, persino dal nostro sentire. Tale distanza, che inevitabilmente avvertiamo, rende per me meno godibile un volume le cui pretese divulgative e dimostrative sono chiarite fin dalla prefazione. Questa è la più grave pecca della raccolta: non avere un’introduzione che spieghi davvero il mondo che andiamo a scoprire, ma solo note e indicazioni colme di parole accademiche rivolte a specialisti e intenditori della materia, antropologi, etnologi, intellettuali, letterati… Avrei certamente preferito una spiegazione più umile e meno faticosa, che aiutasse a capire, oltre a contrastare teorie antropologiche e letterarie e ad affermare posizioni diverse.

Il libro è organizzato in quattro parti: le favole sono divise secondo i loro contenuti dall’origine dell’uomo e dell’universo ai racconti di animali, da quelli concentrati sull’uomo agli ultimi sulla fatalità del destino. Una nota conclusiva piuttosto macchinosa elenca i popoli africani e le loro caratteristiche principali, mentre più utile e interessante risulta il glossario in cui vengono spiegati i termini lasciati nella lingua originaria all’interno delle favole. L’elenco delle fonti è sinceramente utile solo a mostrare il carattere scientifico della raccolta etnografica ma il lettore comune non ne ricava alcuna informazione.

L’introduzione di Paul Radin, che ha curato la raccolta, è incentrata sulla dimostrazione dell’importanza delle favole africane, contro le teorie che tendono invece a sminuirle. Esse, infatti, sono lo specchio di una letteratura orale di un certo valore artistico e che può essere comparata ai racconti popolari dell’Occidente. La letteratura popolare dell’Africa indigena ha una propria indole specifica, che, nonostante le differenze tra le varie tribù e aree geografiche, possiamo rintracciare ovunque. Simili sono i tipi di intreccio e i contenuti, ma anche gli espedienti letterari, la funzione dei canti, i finali moralistici e le spiegazioni eziologiche. Tratto caratterizzante è un crudo realismo e l’alto grado di consapevole artificio. Il cinismo emerge spesso, anche se non sempre; tuttavia, è difficile trovare tracce di romanticismo e, ancor meno, di sentimentalismo. Non a caso il lettore è destinato ad ingannarsi amaramente se si aspetta che l’eroe della favola finisca col trionfare e che i torti vengano riparati… Perché? La ferocia e l’assassinio per sterile e brutale malvagità ricorrono nelle favole e ci sorprendono. Sono il segno del fatto che questi popoli vivono in un mondo malsicuro e semicaotico, dove i valori sono perduti o in grave crisi.

Fiabe africane - copertina e retro.


L’emergere dell’uomo e della vita contemporanea porta ad una trasformazione delle favole di animali, largamente diffuse in Africa: le bestie assumono tratti umani, si relazionano da pari con uomini e donne e compiono azioni proprio come se lo fossero (es. seminano, viaggiano, parlano).

Un’altra caratteristica dei racconti africani che salta subito agli occhi è la straordinaria efficacia onomatopeica: come suggerisce Calvino nella sua prefazione, sembriamo di fronte ai fumetti di Topolino e “il gergo delle comics americane è spesso modellato su quello dei negri, ricco di modi ed usi ancora di tradizione africana, del tempo del loro esodo di schiavi” (p. VIII).

La funzione eziologica è piuttosto ricorrente nelle favole, ma qui appare spesso in una veste posticcia: la spiegazione del “perché” di aspetti della natura o di usi umani è spesso trattata con ironia consapevole nell’essere appiccicata alla conclusione di una storia complicata. “Ogni volta che Owuo chiude quell’occhio muore un uomo, e disgraziatamente per noi, lui ammicca e lappola in continuazione.” (p. X) Il realismo e l’autoironia sono forse il frutto di una parodia costruita nel tempo tramandando le favole? Oppure esse nascevano già con queste caratteristiche? Di sicuro questi racconti rappresentano una difficoltà nel vivere, gli eccessi dei comportamenti umani e i crudi problemi quotidiani, a cui spesso si cerca di trovare soluzione tramite la furberia, che è un tema ricorrente all’interno di tutta la raccolta e che è simboleggiata spesso dall’animale della lepre.

Nell’approcciarmi a questo libro mi sarei aspettata una maggiore presenza dell’uomo bianco… Invece esso compare di rado, a volte sotto le sembianze di un essere spaventoso, altre attraverso oggetti come i fucili.

Fiabe africane - copertina.



Alla metà del secolo scorso Calvino si interrogava sul futuro delle fiabe africane, strettamente collegato a quello dei popoli, la cui coscienza è da esse rappresentata. A oltre cinquant’anni di distanza, duole ammettere che l’interesse per questo tema non solo non è cresciuto, ma si sono affermate una grande dimenticanza e un allontanamento da tutte le favole in generale, persino dalle nostre. A volte leggere queste raccolte può essere un poco faticoso, specialmente per degli adulti, ma sempre cogliamo qualcosa di noi, qualcosa degli altri uomini, un sentimento trasversale e un’atmosfera eterna.


IL LIBRO
Fiabe africane, a cura di Paul Radin, prefazione di Italo Calvino, Einaudi, Torino, 1994 (prima edizione 1955).


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