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LA BADIA DI PASSIGNANO

Il cuore magico e pulsante dell’ordine dei monaci vallombrosani

Domenica 6 novembre 2022
Durata visita: 1h15min – Offerta libera – cani non ammessi

Durante una gita a pochi chilometri da Firenze, durante la quale ci siamo goduti un bel trekking tra vigne e olivi a Tavarnelle Val di Pesa, abbiamo deciso di visitare la Badia di Passignano, che si riconosce facilmente incastonata tra le colline come una fortificazione medievale, una possente cinta muraria e torrette merlate. Da lontano non si direbbe che si tratta di un monastero vallombrosano, fondamentale per l’ordine poiché custode delle spoglie del santo fondatore, Giovanni Gualberto. Ho prenotato la visita alle ore 15 e ha guidato il tour di circa un’ora e un quarto il priore stesso, che con altri cinque monaci abita l’abbazia. L’ingresso è gratuito, ma è molto gradita un’offerta poiché i costi per il mantenimento dell’enorme struttura e soprattutto la necessità di un restauro di parte di essa sono ingenti… Doniamo volentieri per un luogo incantato, ricco di storia, arte e spiritualità!

Badia di Passignano - esterno.
Badia di Passignano - esterno della Chiesa di San Michele Arcangelo.

La Badia di Passignano deve la propria importanza al fatto che qui visse e morì a metà del XI secolo Giovanni Gualberto, il fondatore dell’ordine dei monaci vallombrosani. La storia del luogo è in realtà persino più antica, ma non sono rimaste tracce della struttura originaria, costruita prima dell’anno Mille e ristrutturata dopo il 1055 dall’abate Leto, al quale fu affidata la responsabilità della comunità vallombrosana appena nata. Nel 1255 il monastero fu incendiato dai fiorentini e undici anni più tardi si avviarono i lavori di restauro, voluti dall’abate Ruggero dei Buondelmonti. Al XIII secolo risalgono alcuni ambienti, ad esempio le cantine e la facciata della chiesa, come anche l’architrave che sorregge il tetto (datata 1286). Nel 1441 don Francesco Altoviti fu nominato abate e decise di ricostruire il monastero, conferendogli l’aspetto rinascimentale che rimane fino ad oggi. L’interno in stile barocco si deve all’ultima modifica strutturale, operata nel 1610.

Nel corso dei secoli il ruolo e l’influenza dell’abbazia fu fondamentale, come testimoniano le numerose opere d’arte conservate all’interno: essa è stata ed è tuttora una meta per il turismo culturale e spirituale. I monaci vallombrosani persero il controllo del monastero per due volte: nel 1810 in seguito alle soppressioni napoleoniche, riprendendolo otto anni più tardi, e nel 1866 quando il governo italiano operò un’importante soppressione religiosa a causa della quale i vallombrosani persero tutti i propri monasteri in Toscana. L’abbazia fu messa in vendita e acquistata da un nobile polacco, che voleva farne una specie di castello: aggiunse, infatti, le torri, inserì gli stemmi nel chiostro, affrescò alcune stanze… Nel 1986 i vallombrosani riuscirono a ricomprare il monastero, ma non i terreni intorno, che erano ben 1260 ettari. I vigneti furono acquistati dagli Antinori, che ebbero però necessità di una cantina: così i monaci affittano la loro, del XIII secolo, dove sono conservate più di 1.100 botti, alcune delle quali contengono vini molto pregiati. Grazie a questo affitto vengono coperte alcune delle numerose spese della Badia.

Badia di Passignano - affreschi di Giuseppe Nassini da Siena.
Badia di Passignano - affreschi di Giuseppe Nassini da Siena.

Iniziamo la nostra visita accedendo dal grande viale alberato ed entrando nella Chiesa di San Michele Arcangelo, con la sua facciata stretta e semplice. Come anticipato, l’interno è in stile barocco; subito vediamo gli affreschi di Giuseppe Nassini da Siena (1709), che ha rappresentato la Madonna del Rosario e il Martirio di Santa Caterina. Accanto alle figure colorate, spiccano dei quadretti monocromi, raffiguranti episodi della vita degli apostoli. Le due opere più importanti sono i dipinti realizzati da artisti della scuola del Ghirlandaio. Michele Tosini è, infatti, l’autore sia della Natività sia dei Tre Arcangeli (1551). In esso il paesaggio sullo sfondo è proprio il paese intorno alla Badia, circondato dai campi coltivati, mentre lo stemma dell’abate Ungaro, il committente, compare su entrambi i quadri. Gli Arcangeli sono raffigurati con la propria divisa e i simboli di riconoscimento.

Badia di Passignano - Michele Tosini.
Badia di Passignano - Michele Tosini, Natività.
Badia di Passignano - Michele Tosini, Tre Arcangeli.

La separazione tra il luogo per il popolo e quello riservato agli ecclesiastici è tipica delle chiese monastiche. I dipinti ornano proprio questo punto, che noi oltrepassiamo per ritrovarci nel cinquecentesco coro ligneo, dove solo il clero poteva accedere; le sedute sono ornate da scritte in greco e in ebraico, con i nomi dei Salmi. Ciò indica la specificità dell’ambiente dedicato alla preghiera, ma anche di alta cultura. Uno dei professori, infatti, fu addirittura Galileo Galilei e si dice che Amerigo Vespucci studiasse nel collegio. Sotto i nostri piedi, al centro, una lapide indica la tomba di San Giovanni Gualberto.

Oltre il coro sono evidenti le modifiche operate nel Seicento. Sul transetto si aprono tre cappelle, di cui la prima è dedicata al fondatore dell’ordine vallombrosano. L’affresco di sinistra è chiamato Ricognizione (1581): rappresenta il momento in cui avvenne riconoscimento delle ossa del santo. Nel 1580 infatti, furono ultimati i lavori della cappella, destinata ad ospitare le sue spoglie; prima di deporvele, però, verificarono con un apposito studio che i resti fossero di Giovanni Gualberto. Questo è l’episodio che vediamo nell’affresco: il momento in cui l’abate riconosce il Santo, mentre i fedeli, nella parete accanto, assistono. Tra di essi emerge un volto particolare: si tratta dello stesso pittore, Alessandro Allori, con i capelli e la barba bianchi, che si è inserito tra il pubblico. L’architettura alle spalle è la medesima della chiesa, con le sue decorazioni marmoree e l’imponente coro. Sopra sono raffigurati in dei quadretti tre miracoli di Giovanni Gualberto, il santo ammalato assistito da un angelo e, infine, la sua morte.

Badia di Passignano - Alessandro Allori, Ricognizione.
Badia di Passignano - Alessandro Allori, Ricognizione.

La cappella centrale è dedicata a San Michele Arcangelo, dove è conservata un’opera di Domenico Cresti, detto Passignano, poiché originario di qui (XVI secolo). L’altare in finto marmo (1698) è realizzato con gesso colorato, secondo una tecnica che andava di moda nel periodo. La statua di San Michele Arcangelo, datata intorno al 1100, è un esempio di arte longobarda ed era ubicata sul tetto della chiesa; fu poi portata all’interno, dove possiamo ammirare la figura monolitica che con una mano uccide il drago, mentre con l’altra tiene l’universo, del quale il Santo è protettore.

L’ultima cappella, a destra, è quella di San Atto, un monaco vallombrosano di origine spagnola, famoso poiché il suo corpo fu ritrovato intatto dopo ben 250 anni. Proprio a questo episodio fa riferimento l’affresco centrale, di maggiori dimensioni, mentre i dipinti che gli sono da contorno raffigurano la partenza del santo da Santiago, il suo arrivo nel monastero vallombrosano, il suo percorso come monaco e poi come vescovo di Pistoia, l’incontro con il papa… L’autore è Benedetto Veli (1609).

Badia di Passignano - cappella di San Michele Arcangelo.
Badia di Passignano - Benedetto Veli, affreschi di San Atto.
Badia di Passignano - Benedetto Veli, affreschi di San Atto.

Torniamo adesso verso l’ingresso della chiesa e sotto l’organo apriamo una porticina a sinistra e scendiamo in una stanza spoglia ma suggestiva. Siamo adesso all’interno del monastero, dove ancora perdura la clausura. La stanza era la sala del capitolo, dove i monaci si riunivano quotidianamente, svolgevano le elezioni e operavano i cambi di nome. Adesso lo spazio è utilizzato per tenere al sicuro alcune importanti opere. Al centro subito colpisce l’attenzione il crocifisso ligneo attribuito a Michelangelo: i critici sostengono che potrebbe trattarsi di una delle prime opere. Sulla parete due affreschi del Ghirlandaio rappresentano l’Annunciazione e la Resurrezione. L’ultima coppia di dipinti presenti in sala sono affreschi staccati dall’esterno, già molto danneggiati; fu uno dei discepoli del Ghirlandaio a realizzarli nel Quattrocento. Le cronache narrano che Ghirlandaio fu particolarmente attivo nel monastero e a lui fu commissionato un crocifisso ligneo da portare in processione; l’artista decise di demandare il compito ad uno dei suoi studenti, Michelangelo. Purtroppo, non abbiamo prove della veridicità del racconto, ma gli ultimi studi sono sempre più certi sulla correttezza dell’attribuzione. Inoltre, il crocifisso era sicuramente portato in processione, come dimostra lo stato di usura.

Badia di Passignano - statua di San Michele Arcangelo, 1100 circa.
Badia di Passignano - Ghirlandaio, Resurrezione.
Badia di Passignano - Michelangelo, Crocifissione.
Badia di Passignano - Ghirlandaio, Annunciazione.

Usciamo nel chiostro, che ci ammalia con la sua quiete e la sua perfetta armonia… Sotto riposano le botti con il vino degli Antinori, mentre la parte superiore del chiostro è del 1470. Il pozzo (1450) è ancora attivo e da qui si attinge l’acqua per annaffiare il giardino. Da una finestra aperta possiamo scorgere gli affreschi del primo piano, che necessiterebbero di un restauro. La loggia superiore fu progettata dall’architetto Jacopo Rosselli e fu dipinta alla fine del Quattrocento da Filippo di Antonio Filippelli, che raffigurò scene della Vita di San Benedetto. Nel 1734 un’imbiancatura di calce ricoprì gli affreschi, che furono portati alla luce nel XX secolo.

Badia di Passignano - scuola del Ghirlandaio.
Badia di Passignano - chiostro.

Entriamo in una stanza dove ci accoglie una graziosa ricostruzione in scala della Badia; la decorazione della sala era stata progettata dal conte polacco, che volle dipingere pareti e soffitto, coprendo gli affreschi cinquecenteschi. Il medesimo problema si presenta nel refettorio, dove è ancora in corso un’importante ristrutturazione costata circa 600.000 euro. Nel 1870, infatti, la nuova decorazione coprì gli affreschi cinquecenteschi dei santi. Per fortuna la maggior parte delle pitture sono ancora integre, mentre le parti mancanti sono state ricostruite e integrate.

Il refettorio è celebre per il cenacolo dipinto da Ghirlandaio nel 1476: si tratta di una delle sue prime opere, realizzata quando aveva 26 anni e con l’aiuto del fratello. L’affresco dell’ultima cena fu utilizzato come modello anche da Leonardo da Vinci quando dipinse il cenacolo di Sant’Ambrogio a Milano. Le due lunette furono dipinte da Bernardo Rosselli (1472): Adamo ed Eva sono cacciati dall’Eden e la rivalità di Caino e Abele sfocia in tragedia. Ci soffermiamo un momento sull’affresco del Ghirlandaio, che lo ha costruito perfettamente creando con le ombre i medesimi giochi dati dalla luce reale che passa dalle tre finestre. Esse sono presenti nel dipinto: le vediamo riflesse sulle bottiglie. Ciò significa che l’opera fu pensata e studiata per essere inserita in questa specifica sede. Cristo, con aria preoccupata, sta benedicendo dopo aver annunciato che uno dei presenti lo tradirà. Giovanni è accanto a lui, semisdraiato sulla tovaglia, mentre San Pietro assume un’espressione arrabbiata, determinato a proteggere Cristo con il coltello che stringe in mano. Giuda, dall’altro lato del tavolo e senza aureola, si colloca fuori dal gruppo per sua volontà. Giuda stesso si è autoescluso.

Badia di Passignano - Domenico e Davide Ghirlandaio, Ultima cena.
Badia di Passignano - Bernardo Rosselli, Adamo ed Eva.
Badia di Passignano - refettorio.
Badia di Passignano - Bernardo Rosselli, Caino e Abele.

Giorgio Vasari, parlando del cenacolo, scrive che Ghirlandaio se ne andò senza completare la sua prima opera, poiché suo fratello Davide aveva litigato duramente con un monaco che non dava loro cibo sufficiente e pagava male. Ma è vero? Dalla contabilità del monastero non risulta; tuttavia, se confrontiamo questa Ultima cena con quelle di Ognissanti e di San Marco notiamo qualcosa di diverso. Innanzitutto, la tovaglia non ha alcun tipo di decorazione né piega, ma è bianca, immobile e rettangolare. Inoltre, le bottiglie di sinistra non sono finite: non hanno acqua o vino all’interno. Chiarisce tutto il fatto che Ghirlandaio ha lasciato qui gli strumenti di lavoro: un compasso, una fune di piombo e un pennello, che sono dipinti nel fregio.

Prima di uscire nuovamente nel chiostro, notiamo il pulpito in pietra serena del Quattrocento, dal quale i monaci si affacciavano per leggere ai confratelli libri edificanti. Accanto, individuiamo una piccola porta che conduce al piano superiore.

Badia di Passignano - affreschi.
Badia di Passignano - Domenico e Davide Ghirlandaio, Ultima cena.

Dal chiostro passiamo alla cucina monumentale, la cui struttura è rimasta invariata dal 1450. Al centro, un mastodontico tavolo in pietra serena del Seicento affianca il camino quattrocentesco. Un tempo i monaci erano più di 35 e qui si cucinava per tutti loro! Sotto il camino, infatti, vi è un forno per il pane e, sopra, sono ricavati ben cinque posti per il fuoco; tutto intorno, le panche in pietra sporgenti dal muro erano usate per scaldarsi. Dato che i monaci malati e anziani abitavano al terzo piano, che era il più caldo, e non scendevano per i pasti, il cibo veniva portato loro tramite una specie di ascensore, ovvero un cestello passante nel buco sul soffitto. La cucina viene utilizzata ancora oggi, anche se in minima parte.

Torniamo per l’ultima volta nel chiostro e da questa angolatura ammiriamo il campanile del Trecento e una copia della statua di San Michele, posizionata sul tetto. Possiamo anche vedere da vicino un antico orologio dell’Ottocento, usato per le campane.

Badia di Passignano - giardino all'italiana.
Badia di Passignano - giardino all'italiana.
Badia di Passignano - chiostro e campanile.
Badia di Passignano - torretta.

Stiamo per arrivare ad uno dei miei ambienti preferiti… Il chiostro era il centro di tutta la vita monastica e da qui si passava per mangiare, cucinare, pregare e lavorare. I monaci vallombrosani, infatti, conducono una vita semi contemplativa: escono dall’abbazia solo per procurarsi il cibo che non producono internamente e per aiutare i parroci vicini. Il motto Ora et Labora, “prega e lavora”, viene declinato oggi con piccoli e continui restauri interni per conservare una struttura davvero mastodontica…

Da uno stretto corridoio aperto nel XVI secolo che inizia con una porta a vetri dell’Ottocento e si conclude con una di epoca medievale, arriviamo ad un luogo davvero magico: il giardino all’italiana! Completamente curato dai monaci, esso è composto da una fontana centrale e geometriche siepi… A lato, ci vengono indicate la foresteria e la piccola parrocchia. Liberi sull’erba vivono in armonia conigli, galline e tacchini, mentre se ci affacciamo dal parapetto vediamo gli orti coltivati.

Badia di Passignano - giardino all'italiana.
Badia di Passignano - giardino all'italiana.
Badia di Passignano - giardino all'italiana.

La pace e la tranquillità regnano sovrani e ci pare impossibile che tutta questa perfetta meraviglia sia creata solo dall’instancabile lavoro di un gruppo molto ridotto di monaci. Il priore, infatti, ci spiega come adesso siano in 6, di cui solo 3 operativi! Tutti gli oneri ricadono su di loro, che devono occuparsi di ogni guasto, visita, cura, pulizia… Oltre a ciò, la Badia necessiterebbe di importanti restauri, come quelli operati nel refettorio, i quali però sono molto costosi. La volontà è quella di trovare i fondi principalmente dalle offerte, poiché è fermo desiderio dei monaci continuare a permettere un accesso libero alla struttura. Tra il lusso della tenuta Antinori e i prezzi esorbitanti del ristorante di fronte al monastero, esso ci appare come una roccaforte di operosa e seria morale… La nostra speranza è che realtà come questa possano continuare ad esistere.


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