Un incredibile luogo nascosto
Sabato 28 maggio 2022 – durata della visita: 1h30min
L’impressionante reticolo delle gallerie della miniera di Montecatini non può non emozionare e affascinare… Una grandiosa struttura che ci riporta all’Ottocento e ci cala nell’atmosfera dei minatori di un tempo! Noi abbiamo prenotato la visita online e siamo rimasti entusiasti di questa perla, poco conosciuta e fuori dai soliti itinerari turistici, ma che merita di essere valorizzata, non solo per l’incredibile spettacolo che offre, ma anche per la bravura e la passione delle guide che accompagnano il visitatore.
Oltre al Museo delle Miniere, vi consigliamo anche di visitare il borgo di Montecatini Val di Cecina e fermarvi per un pranzo o una cena al ristorante Il Buglione…
LA STORIA
Prima di iniziare il tour vero e proprio la nostra guida ci illustra brevemente la storia del luogo: la miniera che vediamo adesso conserva la struttura ottocentesca, ma le prime escavazioni nel sottosuolo di questa zona furono addirittura etrusche. Si trattava, ovviamente, di scavi molto superficiali e dei quali non rimane traccia… Un altro tentativo venne compiuto dalla famiglia dei Medici nel Quattrocento, in cerca di argento, che però non trovarono e così spostarono altrove le ricerche. Nel Seicento, invece, fu un minatore russo a tentare la costruzione di una miniera, ma a causa di una frana morì la metà dei suoi uomini; fu così abbandonato pure questo progetto. Nel 1827 Louis Porte stipulò un contratto con alcuni possidenti montecatinesi; le difficoltà iniziali furono notevoli poiché, acquistati i terreni, scoprì che la miniera per estrarre rame era completamente da costruire. Così scrisse sconsolato al Granduca Leopoldo II perché gli fornisse un ingegnere per il progetto. Egli fece recare a Montecatini due professionisti impiegati nella miniera di Sarzana; il primo di essi si rifiutò di accollarsi l’onere dell’impresa (fatalità volle che morì un mese dopo proprio a Sarzana), mentre l’altro, tedesco, accettò il lavoro e addirittura si impegnò ad imparare l’italiano per riuscire a comunicare con i contadini del luogo. Nonostante la lingua acquisita e l’aver sposato una ragazza locale, la diffidenza degli abitanti non venne mai meno, così decise di assoldare tre minatori facendoli trasferire direttamente dalla Germania. Pian piano il numero dei lavoratori aumentò, includendo sia tedeschi sia toscani, ma mai provenienti da Montecatini! Nel 1888 divenne la miniera di rame più importante d’Europa…
Il terreno instabile, la scarsa quantità di rame rimasta e il costo notevole della lavorazione fecero sì che all’inizio del Novecento il comune di Montecatini preferì concentrarsi sullo zolfo, che prometteva maggiori e più facili guadagni. Nel 1902 privò la miniera di una delle due macchine a vapore, ma i lavoratori decisero di non abbandonare le gallerie, continuando ad autoamministrarsi fino al 1907.
L’ultimo a chiudere il portone fu Aurelio Braschi, che iniziò a lavorare nella falegnameria della miniera a 15 anni e concluse il suo impegno nelle gallerie a 65; rifiutandosi di andare in pensione, rimase in ufficio fino a 85 anni e fu lui a serrare la porta il 12 ottobre 1907. Morì il giorno dopo e il suo funerale fu celebrato grazie alla generosità degli altri minatori.
LA VISITA
L’ingresso dal quale accediamo è lo stesso di un tempo. Protetti dai nostri elmetti gialli, entriamo all’interno dove sono conservati alcuni busti, tra cui quello del conte Demetrio Boutourline, che (quale erede di Francis Joseph Sloane, che a sua volta aveva rilevato le quote di Le Blanc, uno dei primi finanziatori di Louise Porte) detenne la gestione della miniera dal 1873 al 1879. A lui è attribuito un importante miglioramento della vita dei lavoratori, poiché portò le ore in miniera a otto, mentre prima si iniziava all’alba e si concludeva al tramonto.
Un’altra importante tutela dei minatori è stata l’introduzione di una lavagna con appese le targhette di ciascun lavoratore: alla fine della giornata, il guardiano controllava che fossero tutte e, nel caso in cui qualcuno mancasse all’appello, erano organizzate squadre di ricerca. L’usanza di attaccare e staccare le targhette si riflette oggi sul nostro modo di dire “attacco a lavorare/stacco alle…”.
Notiamo anche il simbolo della miniera, con gli strumenti del lavoro e quello che è chiamato lo “specchio di Venere”, che è sia il segno della donna ma anche quello del rame, perché la tradizione colloca il primo ritrovamento di questo minerale sull’isola di Cipro, che è di Venere. Da questo insieme di racconti e attribuzioni deriva la superstizione che le donne portino sfortuna dentro le miniere…
L’ultima porta prima di addentrarci nel reticolo delle gallerie riporta l’iscrizione di una preghiera che i minatori recitavano quotidianamente; qui erano poste delle Madonne in terracotta, di cui vediamo subito un esemplare. Accanto ad essa è impossibile non notare la lunetta raffigurante un’altra Madonna affiancata da San Sisto, patrono della città, e da Santa Barbara, protettrice dei lavori pericolosi e ben riconoscibile grazie alla presenza della torre dove il padre l’aveva rinchiusa. L’opera era posta sopra un altare al quarto livello della miniera (a 144 metri di profondità), realizzata dalla Manifattura Ginori nel 1853, poiché lì avevano trovato una falda d’acqua potabile; a causa di una frana è stata trasportata qui. Ai piedi di queste due Madonne, così simili eppure così differenti tra loro, vediamo da vicino la lanterna originale che i minatori utilizzavano: a petrolio fino al 1837 e poi alimentata dall’acetilene; ognuno possedeva la propria, che provvedeva a pagare a rate. Purtroppo l’acetilene è molto instabile, e perciò pericoloso, ma i lavoratori lo preferirono perché la fiamma era più difficile da spengere.
La prima galleria in cui entriamo ci sorprende: non è come il nostro immaginario se l’era dipinta! Le pareti, infatti, sono ordinatamente rivestite di mattoni. In effetti, i minatori scavavano le gallerie, le mettevano in sicurezza con centine di ferro e poi le rifinivano con mattoni che producevano in loco.
Passiamo davanti ad una discenderia, con 122 gradini in pietra… La miniera, infatti, si sviluppava su ben nove livelli per un totale di 35 km di estensione e ben 315 m di profondità, ma a causa di una frana adesso possiamo accedere solo fino al quarto, mentre gli ultimi tre sono persino allagati. Purtroppo, manca l’illuminazione e non è attrezzato, quindi per adesso dobbiamo limitarci a fissare questa lunga discesa che sembra puntare dritta nelle viscere della terra.
Proseguiamo per arrivare ad una delle più celebri gallerie di miniera: la cosiddetta pancia della balena! Il nomignolo deriva dall’impressione che assale il visitatore, il quale ha la sensazione di essere all’interno di un enorme cetaceo di pietra e ferro… Intorno alla metà del Novecento, infatti, consultando alcune carte, si era notato che erano stati scavati dei cunicoli laterali rispetto alla galleria principale; credendo che conducessero da qualche parte, erano stati tolti i mattoni per verificare. Purtroppo il risultato fu deludente. La miniera cadde in disuso e i mattoni furono utilizzati progressivamente per costruire case ed edifici in paese. Questo saccheggio ha però anche un risvolto positivo: possiamo vedere le centine di ferro originarie! Per la cronaca, quando la miniera fu aperta, i mattoni non furono l’unica cosa ad essere depredata: dei 500 picconi ne rimangono soltanto due…
Percorriamo la galleria con un senso di rapimento, intimoriti dall’atmosfera e in completo silenzio. Quest’ultimo è un elemento fondamentale all’interno di una miniera: la roccia continua a muoversi e può essere turbata con grande facilità; inoltre, le profondità rocciose ospitano colonie di pipistrelli (ve ne sono qui di tante specie differenti, comprese alcune particolarmente rare e di cui in Italia se ne contano esemplari solo a Montecatini e in Val d’Aosta) e, secondo l’antico regolamento del minatore, non è permesso parlare o distrarsi, perché ciò mancherebbe di rispetto alla miniera.
Sbuchiamo nel punto di raccolta, sotto Pozzo Alfredo, ovvero il secondo pozzo di estrazione. Una macchina a vapore azionava i cestelli che scendevano e salivano attraverso il pozzo in verticale. Nei punti di raccolta il personale addetto ruotava i cestelli con appositi strumenti, così da incastrarli nella parete in alcuni buchi nel muro: in questo modo il materiale veniva catapultato fuori. Il vero e proprio rame era estratto solo nella galleria del sesto livello, ma potevano essere utili pure i composti, che erano trasportati lungo il pozzo, insieme ai materiali di scarto. Prima dei 18 anni i ragazzi potevano lavorare esclusivamente all’esterno della miniera, in falegnameria e nelle caldaie, mentre fino a 21 dovevano compiere una sorta di stage nei punti di raccolta: riempivano i carrelli e osservavano i minatori. Dovevano poi superare un test col quale dimostravano non solo di aver imparato correttamente, ma anche di essere affidabili… In gergo dicevano che dovevano mostrare “fiuto per la roccia”. Se tutto andava bene, i giovani si univano agli altri minatori, circa 150 in questa miniera, che erano divisi in quadre da sei con un caporeparto.
Nella nostra visita vediamo Galleria Luisa e, in fondo, una falda d’acqua che si estingue e cade nel Pozzo Alfredo.
Ci colpisce un particolare: questa parte della miniera è stata riportata in vita nel 2009; la parete che ci troviamo a guardare era in quegli anni completamente compatta, mentre adesso è solcata da una grande frattura… c’è una faglia! Ci troviamo, quindi, in una miniera vera e propria, così come era un tempo e con tutti i possibili imprevisti di allora. Capiamo bene perché le miniere di rame adesso sono a cielo aperto…
Torniamo un po’ indietro e ci infiliamo in una galleria utilizzata per il binario per il trasporto degli scarti. Usciamo all’aperto e siamo colpiti dal forte sbalzo termico… Il nostro tour esterno parte dalle laverie, dove avveniva la lavorazione del minerale grezzo estratto. Questa è una delle zone maggiormente colpite durante la Seconda guerra mondiale, perché divenne il fulcro della resistenza con i partigiani nascosti tra le colline. Sono andati completamente persi la parte superiore di questi ambienti e una ciminiera, mentre l’altra è stata fortemente danneggiata. Nelle laverie arrivava il materiale proveniente da Pozzo Alfredo: era spaccato con picconi e poi bruciato; l’edificio della parte sopraelevata, infatti, conteneva le caldaie. Lo scopo era quello di separare i vari componenti e ciò che era così ottenuto veniva centrifugato per creare una polvere e poi trasportato nelle vasche di decantazione. Il rame veniva setacciato da bambini fino ai dieci anni, che andavano a scuola proprio accanto alla miniera. Si trattava di una vera a propria comunità, con persino un teatro.
Dopo averlo essiccato al sole e grazie al calore delle caldaie, il materiale era posto in barili e venduto ogni lunedì come polvere di rame. Tanto di ciò che è stato estratto qui è stato utilizzato in Inghilterra grazie ai commerci del porto di Livorno.
Ci guardiamo intorno sotto la luce accecante di mezzogiorno: vediamo i buchi delle macchine a vapore e la ciminiera dietro di essi, la terrazza dove si trovava l’imbuto per essiccare, la torretta e gli edifici amministrativi, nei cui uffici è nata ufficialmente la società Montecatini, una delle maggiori industrie europee, confluita poi nella celebre Montedison. Dietro si erigevano le case dei proprietari, mentre sopra l’ingresso della miniera si trovava una foresteria per ospitare i minatori che non potevano tornare a casa per la notte. Oltre questa struttura, era stato progettato un parco eolico e una diga, detta Il Muraglione, che però non funzionò mai a causa di un terreno poco adatto.
Ci spostiamo accanto alla ciminiera, dedicata a Louis Porte e costruita con i medesimi mattoncini delle gallerie… Non può sfuggire la ricerca anche estetica che ha determinato la creazione di questo luogo, così ordinato e pulito, persino piacevole nella sua semplicità. La base della ciminiera è realizzata in una pietra molto presente nel territorio e che gli abitanti chiamano familiarmente la loro montecatinese.
Continuiamo a salire in un piccolo giardinetto realizzato come un terrazzamento e ammiriamo dall’alto la vista degli ambienti della miniera scoperchiati. Accanto, invaso dalla vegetazione e ornato dai fiori gialli delle ginestre fiorentine, resiste Pozzo Luigi, creato nel 1830 e primo pozzo di estrazione, che però non arriva ai livelli più profondi (per essi fu appositamente realizzato Pozzo Alfredo nel 1850). Lo sfortunato Luigi è franato su se stesso, ma mantiene la sua imponenza.
Dopo una salita arriviamo all’ultima parte della nostra visita: la punta di Pozzo Alfredo, che, come una torretta domina i resti delle mura circostanti. Quando entriamo rimaniamo sorpresi dallo spettacolo offerto, che mai avremmo potuto immaginare! La macchina a vapore azionava il montacarichi, del quale vediamo due mastelli di grandi dimensioni ed uno piccolo. Ma come comunicavano all’interno della miniera? Usavano i suoni con una specie di codice morse molto semplice, facendo tintinnare delle campane presenti qui in superficie e sui vari livelli: un suono significava che il carico era pieno e in movimento, due che il mastello era vuoto e si muoveva, tre che era fermo per esser scaricato o riempito e quattro per un minatore ferito che stava salendo. Occorrevano 30-40 minuti per arrivare in superficie… Era un suono che tutti i minatori speravano di non udire mai.
Una piccola curiosità: nel 1843 la moglie del Granduca Leopoldo II, Maria Antonia, desiderava visitare la miniera. I minatori, però, temevano che portasse sfortuna e, non potendo opporsi alla sua volontà, decisero di introdurla nell’unico luogo dove loro non passavano mai, ovvero Pozzo Alfredo. Si racconta che la granduchessa fu calata fino al quinto livello della miniera, dove vide i minatori intenti al lavoro e ne rimase estasiata (parole di un giornale dell’epoca). Non solo: ricevette anche un regalo, poiché una delle gallerie fu a lei dedicata. In realtà, il condotto che porta il suo nome non è altro che la più importante fogna della miniera, la galleria cinque, usata per lo scolo delle acque reflue…
Fuori dalla torretta, individuiamo con l’aiuto della guida gli ambienti dove si trovava la falegnameria, il cui tetto in legno non è giunto fino a noi. In questo luogo particolarmente suggestivo si celebrano adesso i matrimoni civili, motivo per il quale è stato deciso di ricostruire i tre merli danneggiati.
Osserviamo con attenzione il pavimento e notiamo come le pietre brillino al sole… Merito della selagite, pietra locale, il cui nome deriva dal greco, con il significato di illuminare. Nello stesso materiale sono scolpite le statue disposte ai piedi della torretta, sul prato: ci soffermiamo sull’opera di Alessandro Marzetti, che nel 2001 partecipò ad un simposio realizzando la scultura denominata Utensile. Essa rappresenta un minatore in ginocchio, con la testa inserita nel piccone, segno della fedeltà al proprio lavoro; la testa si moltiplica in tre facce, poiché non si entrava mai da soli in miniera e ciascuno doveva guardare davanti a sé ma anche intorno per svolgere il proprio lavoro e vegliare sulla vita dei compagni.
La nostra visita si conclude qui, ma per i più curiosi è possibile affacciarsi oltre il grande parcheggio e vedere la fine del binario degli scarti che penzola nel vuoto: tutti i materiali vennero gettati qui e rendono particolare il paesaggio. Il binario, infatti, correva dove ora ci sono i posti auto, partendo dalle laverie.
Tornati alla biglietteria per restituire i caschi vediamo alcuni attrezzi del mestiere e degli esemplari di minerali, che rendono persino più concreta la nostra esperienza nella miniera. La speranza è che in futuro il museo possa essere ampliato e che sia possibile visitare altri livelli e spazi… Per adesso, ci dispiace che i visitatori non siano molti come meriterebbe: noi abbiamo fatto la visita da soli! Una bella occasione per scoprire la miniera è offerta dagli eventi organizzati durante l’estate, come spettacoli teatrali e cene/picnic a lume di candela.
La fortuna e la storia della Miniera di Montecatini Val di Cecina fu strettamente legata a quella della vicina Niccioleta, nota adesso per la strage nazifascista consumata dalle SS tedesche il 13 e 14 giugno 1944. Vale la pena passare per la strada e ammirare gli imponenti resti arrugginiti delle grandi strutture di questa impressionante miniera…
MONTECATINI VAL DI CECINA
Usciti arricchiti ed emozionati dalla visita al Museo delle Miniere, arriviamo fino al piccolo ma grazioso borgo di Montecatini… La strada serpeggia tra la vegetazione e offre qualche bello scorcio sul paese e sulle campagne circostanti.
A parte la visita al borgo, vi diamo due consigli.
Il primo è quello di soffermarsi un momento all’Oratorio di Santa Barbara, proprio accanto alla miniera (non è nemmeno necessario prendere l’auto): fu costruito nel 1787 al posto di una precedente cappella. La dedica a Santa Barbara, patrona dei minatori, risale al restauro del 1851 ad opera dei proprietari della miniera, che l’arricchirono con alcune opere d’arte. La vera chicca, secondo me, è la lunetta sul portale della chiesa, in maiolica in stile robbiano, raffigurante la Madonna con ai lati, oranti, Santa Barbara (riconoscibile dalla Torre e dalla palma del martirio, entrambi attributi tipici della Santa) e San Sisto. Vi ricorda niente? È proprio la copia dell’opera posta sull’altare della cappella ipogea al quarto livello della miniera! L’oratorio è stato recentemente restaurato (2005) e oggi fa parte del complesso del Museo delle Miniere.
L’altro consiglio riguarda il pranzo (o la cena): nonostante uno dei ristoranti più gettonati e con cucina più casereccia sia La Terrazza sul Borgo, noi abbiamo preferito Il Buglione, che offre diverse alternative anche vegetariane e senza glutine. In un ambiente molto gradevole e ospitale, i piatti sono tradizionali e i sapori autentici, veraci, ma con un guizzo di creatività e di inventiva. Le polpette vegetariane con maionese vegana (antipasto) sono squisite… Ed io ho scelto anche una pasta (senza glutine) con un sugo gustosissimo ai pomodori pachino al forno e stracciatella! Meno caotico e turistico, è una sosta ideale…
In conclusione, questa zona della Val di Cecina, che offre anche dolci e struggenti panorami, è tutta da scoprire e meriterebbe una gita, magari in bicicletta!
INFORMAZIONI
- Museo delle Miniere: https://www.museodelleminieremontecatini.it/
- La Selagite e Alessandro Marzetti: https://www.volterracity.com/selagite-alessandro-marzetti-montecatini/
- Miniera di Niccioleta: https://maremma-magazine.it/in-evidenza/niccioleta-un-tipico-villaggio-minerario-pieno-di-storia-nel-cuore-delle-colline-metallifere/
- Montecatini Val di Cecina: https://www.comune.montecatini.pi.it/it-it/home
- Musei Val di Cecina: http://www.museivaldicecina.it/it/museo_delle_miniere.php
- Ristorante Il Buglione: https://www.ilbuglione.it/
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