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TREKKING TRA I PONTI DELLA FORESTA DI SANT’ANTONIO

Un percorso divertente e particolare sopra Reggello

Sabato 7 ottobre 2023

La Foresta di Sant’Antonio è un luogo magico e tranquillo, dove è possibile passeggiare immersi in un bosco che offre un’incredibile varietà di piante. Il sentiero è molto interessante e divertente. Questa escursione è adatta più o meno a tutti, anche se bisogna prestare grande attenzione se è piovuto perché alcuni tratti possono diventare terribilmente scivolosi. Un altro appunto: sarebbe necessaria una manutenzione dei ponticelli in legno perché presto diverranno completamente inagibili… sarebbe un vero peccato!

Lunghezza complessiva7,1 km
Tempi di percorrenza3h
Dislivello458 m.
Grado di difficoltàFacile
SCHEDA TECNICA

Passato Reggello ci dirigiamo verso Ponte a Enna, dove sorge il complesso della foresteria e del Centro Visite, proprio accanto al torrente Resco di Reggello. Sempre in auto imbocchiamo la ripida salita che si arrampica nel bosco e che dopo poco si ammorbidisce in una comoda forestale; ancora qualche centinaio di metri e troviamo uno spiazzo per parcheggiare, contraddistinto da un bel cartello che promuove le Vie del Castagno.

Dopo aver parcheggiato, proseguiamo a piedi lungo il sentiero, molto ampio, e prendiamo a destra al primo bivio. Guardandoci intorno notiamo subito che siamo immersi in un bosco misto, composto prevalentemente da castagno, frassino ed erica. Il percorso ci condurrà alla scoperta di ecotipi differenti; aumentando l’altitudine, infatti, anche la vegetazione cambia; il versante più basso ed esposto al sole, ad esempio, è dominato da una sorte di macchia mediterranea.

Foresta di Sant'Antonio.
Foresta di Sant'Antonio - Piscolo di Macereto.

Approfondimento: tipi di frassino, carpino e ginestra

Quello che incontriamo sul nostro percorso è il frassino minore, caratterizzato da una foglia composta imparipennata con una gemma apicale di un colore dal crema al grigio. L’altro tipo di frassino, invece, denominato Excelsior, ha una gemma violacea, quasi nera. Il primo produce le foglie e, dopo, i fiori, che sono bianchi e di grandi dimensioni; il secondo mette prima i fiori, viola e poco evidenti, e poi le foglie. Nel nostro ambiente il frassino minore è il più presente.

Un altro albero che possiamo notare in questo tratto di percorso è il carpino, che si distingue in bianco e in nero; in realtà si tratta di due generi diversi, ma molto simili. La foglia è dentellata, priva di peluria; le infruttescenze del carpino nero sono composte da tanti fiori, ciascuno dotato di un seme, mentre il bianco presenta un grappolo composto da tre parti, di cui quella centrale è più lunga. Anche il tronco è diverso: il carpino bianco si contraddistingue per alcuni costoni di colore bianco/grigio. Una caratteristica comune ad entrambi i generi è la presenza di numerosi polloni.

Lungo il sentiero distinguiamo facilmente alcune querce, eriche e ginestre: significa che ci troviamo ad un’altitudine ancora bassa (siamo, infatti, a poco più di 500 m. s.l.m.). La ginestra è una pianta fabacea, perché produce dei baccelli; si distingue in ginestra odorosa, con una sezione cilindrica delle foglie, e ginestra dei carbonai, dotata di una sezione poligonale, che presenta delle specie di scalini.

Il sentiero comincia a salire, contornato anche da felci, che ci accompagneranno per quasi tutto il percorso. Alla biforcazione giriamo a sinistra, in direzione Laterza: il sentiero si stringe e arriviamo subito ad un torrente (sempre il Resco di Reggello). Qui si forma una piccola cascata e una pozza d’acqua, il Pisciolo di Macereto, e inizia la serie di ponticelli di legno che ci accompagneranno per l’intero tragitto di andata.

Foresta di Sant'Antonio - Lorenzino.
Foresta di Sant'Antonio - sentiero n. 15.

Come anticipato, le strutture sono pericolanti, alcune marcite e coperte di muschi, altre un po’ più solide: occorre prestare grande attenzione e, quando è possibile, è più sicuro preferire i guadi sui torrenti… In ogni caso, il sentiero beneficia molto di questi ponti, che lo rendono più divertente e gradevole.

Passata la prima pozza d’acqua, dopo la località denominata Lorenzino, dove c’è un bello slargo e una foresta di faggi, cominciamo a seguire costeggiando un altro torrente, il Borro di Sant’Antonio. Siamo in una zona dove prevalgono trote e gamberi, del tipo autoctono, adesso sempre più raro perché sostituito dal gambero rosso.

Lungo la salita incontriamo alcune piante di belladonna, utilizzata in omeopatia ma anche potente veleno, e di leccio, che ci indica la presenza di una flora tipica della macchia mediterranea: ciò non deve stupirci, perché siamo sul versante esposto al sole e la temperatura, effettivamente, è piuttosto calda. Proseguendo, sempre accanto al torrente, la zona diventa più fredda e ombrosa; scompare, così, la macchia mediterranea.

Incrociamo un bivio, ma ci manteniamo sul sentiero n. 15 (direzione Case Sant’Antonio a 1,6 km) che corre accanto al Borro e lo attraversa in più punti con scenografici ponticelli. Nel sottobosco spuntano alcuni fiorellini rosa: sono ciclamini e gerani selvatici!

Foresta di Sant'Antonio - sentiero n. 15.
Foresta di Sant'Antonio - Lorenzo.
Foresta di Sant'Antonio - sentiero n. 15.

Passato un grande faggio, proseguiamo ancora dritto e, dopo un’ultima salita un po’ più ripida, sbuchiamo sulla strada forestale principale, che prendiamo a sinistra, dove troviamo subito il Pisciolo di Sant’Antonio (870 m. s.l.m.), non particolarmente bello, ma piacevole.

Una decina di minuti dopo siamo arrivati alle Case di Sant’Antonio; gli edifici sono in ristrutturazione, ma una parte del rifugio è ancora aperto e ben curato. Ci fermiamo per il nostro pranzo ai tavoli da picnic sotto alcuni grandi Abeti di Douglas o douglasie.

FORESTA DI SANT’ANTONIO

Presso il rifugio si trovano alcuni pannelli illustrativi che raccontano storia e caratteristiche della Foresta di Sant’Antonio, che si estende sulla parte sud-ovest della catena del Pratomagno e appartiene al complesso forestale di Vallombrosa. Come abbiamo avuto modo di notare, l’area protetta si sviluppa su una pendice a morfologia accidentata, con caratteristici ripidi pendii, balzi rocciosi e impluvi profondi che portano a valle le impetuose acque dei ruscelli montani verso il torrente Resco. A questi devono aggiungersi i numerosi borri, tra cui quello di S. Antonio, della Rota, delle Fornaci e della Stufa.

Qual è la storia della Foresta di Sant’Antonio? In verità, non ce n’è una ben definita. Una prima porzione di terreni fu donata, intorno all’anno Mille, da famiglie nobili, tra cui i conti Guidi, e dal monastero di Sant’Ilario a Fiano ai monaci di Vallombrosa, che fondarono il proprio ordine monastico nel 1039, con Giovanni Gualberto.

Pertanto, le vicende selvicolturali e storiche di questa foresta hanno seguito quelle del complesso più ampio a cui apparteneva: la foresta di Vallombrosa, gestita dai monaci. I terreni erano composti prevalentemente da cerri e faggete e nel 1586 i monaci realizzarono un primo catasto forestale, da cui si evince che qui i boschi erano formati da cerri, frassini, carpini, faggi e castagni, fondamentali nell’alimentazione di uomini e animali.

Foresta di Sant'Antonio - sentiero n. 15.
Foresta di Sant'Antonio - mantide.

L’abete non aveva una grande espansione, ma quando nella seconda metà del Seicento questo legname diventò oggetto di un importante commercio, i monaci iniziarono ad estenderne la coltivazione, soprattutto nella zona a nord della foresta di Vallombrosa. La sezione di Sant’Antonio, dove predominavano le latifoglie, fu trascurata e i boschi di faggio dimenticati.

Nel 1860 la Toscana fu annessa al Regno di Sardegna e le proprietà dei monaci vallombrosani, compresa la foresta, furono trasferite alla Direzione Generale del Demanio con la creazione dei primi demani forestali, dichiarati poi inalienabili. La prima e la Seconda guerra mondiale, con la forte richiesta di legname, furono la causa dei continui tagli a raso realizzati nella foresta che interessarono soprattutto le abetine, ma anche le faggete ed i castagneti. Dopo le distruzioni causate dalle guerre, negli anni 43/44 due violenti incendi distrussero quasi completamente 154 ettari di boschi di faggi della sezione di Sant’Antonio. Nel 1975 l’intera foresta di Sant’Antonio, di 1.059 ettari, fu consegnata dallo Stato alla Regione Toscana, separandosi definitivamente dalla foresta di Vallombrosa e diventando foresta demaniale regionale. Nel 1977 fu nuovamente trasferita alla Comunità Montana del Pratomagno, ente locale, poi alla Comunità Montana della Montagna Fiorentina e infine all’Unione dei Comuni della Montagna Fiorentina. Nel 1997 il Comune di Reggello ha istituito l’ANPIL della Foresta di Sant’Antonio.

Foresta di Sant'Antonio - Pisciolo di Sant'Antonio.
Foresta di Sant'Antonio - Case Sant'Antonio.

CASE SANT’ANTONIO

Questo rifugio, a 937 m. s.l.m., è nato in realtà come eremo dei frati di Vallombrosa, un luogo per coloro che desideravano coltivare una vita ancora più ascetica e solitaria. Nel 1599 questi edifici cessarono la loro funzione, fu creato un podere e l’intero complesso prese il nome di Case Sant’Antonio.

Dopo secoli di abbandono, le varie costruzioni sono state oggetto di un restauro, che ha recuperato il piccolo chiostro e il locale adibito ad oratorio. La statua del santo protettore, invece, è stata spostata dall’eremo all’Abbazia di Vallombrosa. Gli edifici sono ora oggetto di nuove modifiche e riqualificazione.

Foresta di Sant'Antonio - sentiero R7.
Foresta di Sant'Antonio - Pisciolo di Macereto.
Gambero.

Dopo esserci rifocillati imbocchiamo la via del ritorno scendendo da un altro sentiero, che compie un piccolo anello. Proprio davanti al rifugio vi è l’indicazione per Sgardoggia (1 km), lungo il percorso R7, detto anche “Sentiero delle capre”. Il sentiero, purtroppo, non è ben tenuto ed è molto ripido… Dato che questa zona è esposta al sole e il clima è più caldo, troviamo nuovamente piante della macchia mediterranea, come querce ed eriche. In un punto vi è un forte stacco ed entriamo in una parte ombrosa, dove crescono le douglasie, qui importate e piantate dall’uomo.

Proseguiamo sul sentiero R7, sempre maltenuto, e, arrivati ad un torrente, il Borro delle Fornaci, svoltiamo a sinistra. Attraversiamo un ponte, che ci appare molto più pericolante degli altri, e poco dopo sbuchiamo sul sentiero dell’andata, sopra località Lorenzino, dov’era il bivio con l’indicazione per Case di Sant’Antonia a 1,6 km.

Il ritorno è sul medesimo sentiero, ma ci fermiamo un momento per notare i grandi gamberi che abitano le pozze d’acqua: sono impressionanti!

INFORMAZIONI


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