parte I

La chiamata intercontinentale presentava sempre qualche problema, per il fuso orario, il computer, la connessione insufficiente, calamità naturali o imperscrutabili volontà divine. Il volto di Rachele si frantumò in un centinaio di pixel e si ricompose in una smorfia, come se quel continuo sgretolarsi le provocasse davvero qualche dolore e l’agonia della conversazione interrotta si protraesse in modo naturale nel fermo immagine che seguiva ogni frammentazione, un nuovo, esasperante silenzio.
Rachele diceva qualcosa ma la voce arrivava gracchiante e meccanica, anch’essa distorta: ci sono distanze che neppure la tecnologia può colmare e luoghi troppo lontani per poter essere penetrati con il solo, magico, ausilio di una connessione wifi. Paolo si irrigidì, pur rimanendo svaccato sul divano, aggrottando le sopracciglia e cercando di cogliere almeno il significato delle parole dette da quella voce così diversa da come la ricordava. Lo schermo del portatile mostrava solo il volto pallido di una donna con la bocca semiaperta, pronta a parlare, tra il rossetto un poco sbavato e le mani interrotte in un gesto a mezz’aria. Paolo odiava quelle immagini fisse non solo perché gli rendevano impossibile comprendere o comunicare, ma anche, e forse soprattuto, perché nello spazio di quei secondi troppo lunghi, poteva analizzare ogni dettaglio della fidanzata: il neo sul mento, gli occhi piccoli e duri, la linea decisa degli zigomi alti e pronunciati, i capelli corvini, lunghi e ricci, disordinati sulle spalle.

Poi, per un qualche miracolo, l’immagine riprese a scorrere e le parole fluirono regolari, chiare, riprendendo un discorso a metà, ma ignare delle impossibilità dell’interlocutore. Le ciglia cariche di mascara sbatterono qualche volta, la testa si inclinò da un lato, mentre qualcuno spegneva la luce nella camera a fianco e Rachele piombava in una penombra fastidiosa, in cui i suoi lineamenti si confondevano. Paolo si avvicinò istintivamente allo schermo, ma non riusciva più a scorgere tutti i particolari, quelli che adesso avrebbe voluto vedere per comprendere cosa dire, come comportarsi. La bocca di Rachele era serrata in una smorfia dura, dolorosa.
“Ma, almeno, hai sentito cosa ti ho detto?” Chiese, la sua voce era stanca, non arrabbiata. Era la voce di chi si è ormai arreso, di chi ha rinunciato a lottare. Quel suono calmo e controllato riecheggiò nella mente di Paolo: un grido di allarme, un segnale di pericolo che scattava troppo tardi, quando la disfatta era già preannunciata ed inevitabile. Avrebbe dovuto fare qualcosa, invece rimase lì, a fissare lo schermo, inebetito, mentre Rachele spostava lo sguardo, verso un punto che Paolo non poteva vedere, lontano dall’obiettivo della telecamera, precluso ad ogni sua indagine. Era il suo nuovo mondo, quello che Rachele stava guardando, la vita che aveva abbracciato quando era salita su un aereo ed era volata a nove fusi orari di distanza, l’esistenza che ora reclamava il suo compenso, il sacrificio di dover recidere i pesi che ancora la intrappolavano in un mondo e in una relazione morta da tempo. Paolo lo capiva e quella consapevolezza, che sentiva da mesi e che non osava ammettere, adesso si accaniva su di lui, finalmente trionfava su ogni altro pensiero e illusione, gli chiudeva la gola e faceva dilagare la paura nei suoi occhi.

“Non hai niente da dire?” Rachele lo fissava ed erano gli stessi occhi con i quali lo aveva guardato allontanandosi oltre i banchi del check-in, uguali a quelli che anni prima lo avevano fissato attraverso la calca nel locale affollato. Era lo sguardo di chi abbraccia il proprio destino.
“Allora ciao.” Fece il gesto di chiudere la conversazione: bastava così poco, ormai, per far scomparire l’altro dalla propria vita! Ma Paolo mugolò, raddrizzandosi sul divano, scoprendo una macchia di caffè sulla maglietta bianca, e Rachele era troppo elegante per fingere di non aver notato quel tentativo di parlare. Attese, la mascella contratta, la testa alta, stagliandosi nell’oscurità che stava pian piano sommergendo la stanza. Paolo si schiarì la voce e scompigliò i capelli, come per aiutarsi a chiarire le idee.
Scopri la fine: leggi la seconda parte!