Mulin de’ Fossi, Rocca di Vernio, Fiera di San Giuseppe e Vaiano
Domenica 16 aprile 2023
Durante il nostro secondo weekend sull’Appennino Tosco-Emiliano, abbiamo potuto visitare luoghi della parte bolognese, con un bellissimo trekking alle Grotte di Labante, e di quella toscana, scendendo lungo la Val di Bisenzio in un percorso di varie tappe da un mulino ad acqua ancora funzionante, una rocca tra le montagne, un pranzo ad una fiera locale, una badia e una villa…
- VAL DI BISENZIO
- MULIN DE’ FOSSI
- ROCCA DI VERNIO
- FIERA DI SAN GIUSEPPE
- VAIANO
- VILLA VAI AL MULINACCIO
Ci alziamo di buon’ora all’Agriturismo Il Casale Tosco-Emiliano, doveva avevamo già soggiornato e che mai delude per la qualità delle sue camere e la bontà delle proposte culinarie. Dopo una ricca colazione, ci mettiamo in moto: evitiamo l’autostrada e scendiamo lungo la regionale che serpeggia nella Val di Bisenzio, la cui storia antichissima era a me totalmente sconosciuta…
Storia della Valle
Dopo il periodo dei primi insediamenti liguri ed etruschi, cominciò nella valle del Bisenzio la colonizzazione romana. L’organizzazione così formatasi sopravvisse oltre l’Impero romano e determinò i nomi dei primi agglomerati: Vaiano, Savignano, Sofignano, Popigliano, Migliana. Le consorterie feudali trasformarono poi le ville rustiche in casetorri, rocche e castelli.
Nel VII secolo cominciò una progressiva fusione fra la popolazione locale di origine latina e i Longobardi convertiti alla fede cristiana. Insieme ai conti Guidi e Cadolingi, gli Alberti furono i principali signori feudali di origine franca e gli insediamenti della Val di Bisenzio nel XII secolo entrarono a far parte del distretto comunale pratese.
La nostra prima tappa è una visita guidata ad un mulino ad acqua ancora funzionante: durante la Fiera di San Giuseppe a Vernio vengono organizzate alcune attività. Possiamo non approfittarne? Lasciamo l’auto in uno spiazzo poco dopo il mulino e attendiamo l’arrivo degli altri partecipanti.
h. 11.00 Mulin de’ Fossi
Ci accoglie la nostra guida, l’agronomo Luca Maccelli, responsabile dell’Area Forestazione dell’Unione dei Comuni della Val di Bisenzio; solare e impegnato, ci intrattiene innanzitutto in una spiegazione sulla presenza dei mulini nella zona. Il Mulin de’ Fossi o Mulino del Cecconi fu costruito nel 1885 da Pietro Cecconi e appartiene ancora ai suoi discendenti; ristrutturato nel 1935, è l’ultimo della provincia con una macina ancora ad acqua. In realtà, il funzionamento adoperando l’energia idrica avviene quando vi è la possibilità; in mancanza di essa viene utilizzata l’elettricità. Si tratta di un mulino di tipo tradizionale, a pale verticali: la corsa dell’acqua spinge un palo verticale, appunto, che muove le macine. I due modellini che troviamo nell’androne d’ingresso ci spiegano meglio la differenza tra questo tipo di struttura e quella avente una ruota verticale (come il famoso mulino della pubblicità del Mulino Bianco).
In passato l’intera valle era disseminata di mulini, tutti utilizzati per la macinatura delle castagne. La farina ricavata, infatti, oltre alle castagne stesse, sfamavano il popolo, soprattutto qui sull’Appennino. Il castagno è in realtà una specie importata dall’Asia Minore; ha avuto una grande diffusione con i Romani, che sono stati responsabili di esportare questo albero ovunque in Europa fino all’Inghilterra e alla Germania. L’utilizzo del castagno è eccezionale: il legno era utilizzato per costruire edifici e armi e i frutti venivano mangiati: non a caso è noto con il nome popolare di “albero del pane” e in passato esistevano punizioni specifiche per chi tagliava i castagni da frutto.
Fino alla Seconda guerra mondiale, quindi, le castagne sfamavano la popolazione dell’Appennino; negli anni seguenti, però, si andò incontro ad un radicale spopolamento delle campagne e delle montagne. Inoltre, l’industria richiedeva molta materia prima e così l’80% dei castagneti fu tagliato. Gli alberi erano alla base di un’agricoltura di sussistenza che permetteva di vivere in questi luoghi; una volta tagliati, fu chiaro che coloro che erano migrati altrove non sarebbero più tornati. Negli ultimi anni vi è stata una nuova valorizzazione sia della montagna sia della farina di castagne vera e propria; ad esempio, essa è apprezzata anche in conseguenza di una sempre più diffusa sensibilità al glutine (e addirittura celiachia): sono adesso sempre più richiesti i mulini che macinano solo castagne, perché privi di contaminazione. Sinceramente, io che ho questa necessità alimentare, non posso che concordare con quanto viene raccontato…
I numeri che accompagnano la storia della produzione di castagne sono impressionanti e danno un’idea del tracollo del settore: nei secoli la Toscana ha sempre avuto un ruolo dominante, fino ad arrivare ad una produzione di due milioni e mezzo di tonnellate di castagne secche negli anni Trenta del Novecento, con un notevole consumo locale e un’altrettanto notevole esportazione. Dopo la Seconda guerra mondiale il numero arrivava a malapena a trecentomila… Il panorama è ulteriormente peggiorato dal fatto che il castagno è uno dei pochi alberi che necessita continuamente dell’intervento dell’uomo: senza di esso, infatti, la pianta si ammala, si secca e muore.
La farina di castagne è ancora utilizzata, ma come prodotto secondario. La troviamo in alcuni dolci tipici, come il castagnaccio, le frittelle e i necci: io ne sono una grande appassionata e non perdo occasione di assaggiare le prelibatezze in sagre e fiere locali, come quella di Piteglio sull’Appennino Pistoiese. La farina è utile in generale come addensante in merendine e dolci; particolare è l’uso che viene fatto per la birra di castagne, molto apprezzata.
Il problema adesso è che nella Val di Bisenzio delle migliaia di ettari di boschi di castagne censiti nel catasto italiano della fine dell’Ottocento ne sono rimasti circa 150!
I mulini della valle e dell’Appennino in generale sono nati per la macina delle castagne e solo secondariamente per la produzione della farina in generale; oltre a questo scopo primario, i mulini erano usati anche in altri ambiti, come le segherie e la produzione della lana. Perciò, il mulino ad acqua ha fortemente favorito lo sviluppo economico della zona.
Com’è costituito un mulino? Lo vediamo di persona entrando nella sala principale dove sono disposte quattro macine, due elettriche e due ad acqua. Innanzitutto, vi è un deposito, chiamato margone, dove l’acqua del fiume o del torrente si accumula; il mulino, infatti, necessita costantemente di acqua e in questo modo viene garantito di imprimere una forza costante sulle pale, in corrispondenza delle quali ci sono delle uscite. In legno, le pale sono impiantate su assi verticali: l’acqua mette in moto il meccanismo.
La stanza nella quale ci troviamo adesso è priva di acqua, che invece scorre e si accumula sotto di noi: possiamo monitorarla da piccoli schermi collegati a videocamere nell’ambiente sottostante. Ciò che noi vediamo sono le macine: esse girano perché mosse dalle pale, attingono ad un serbatoio di cereali e producono la farina, che è differente a seconda della velocità con cui la macina gira. Più essa va piano e più fine e pregiata è la farina; la pietra utilizzata, inoltre, è dura e particolare, adatta a non rilasciare materiale, scalpellinata a mano con scanalature realizzate in maniera concentrica per trattare il prodotto in modo tale che la farina divenga sempre più fine andando verso l’esterno. Qui la produzione è di poca farina: sono solo 80 i giri ogni ora e questo fa sì che la farina esca fuori dalla macina sempre fredda, pronta per essere insacchettata; le macine moderne, invece, compiono fino a 120 giri l’ora e il prodotto è molto caldo, compromettendone la qualità.
Vi è un’altra importante differenza nella produzione della farina di castagne tradizionale e moderna: ciò che avviene nell’essiccatoio. Esso, detto anche cannicciaia, è un piccolo locale di solito in pietra, occupato per metà dal canniccio, realizzato con legno di castagno. Sotto di esso arde il fuoco e sopra sono poste le castagne. L’essiccazione avviene grazie al fumo, in un processo piuttosto lungo. Un tempo le castagne raccolte erano portate di volta in volta nell’essiccatoio, così da evitare l’umidità; ogni tanto venivano girate. Le castagne diminuiscono di peso e volume in modo impressionante: da un quintale fresco se ne ricava trenta chili secchi! Inoltre, le castagne erano sbucciate grazie ad una semplice azione meccanica: sbattendole all’interno di un sacco; i frutti con problemi, ad esempio quelli bacati, si spaccavano e quindi si faceva già una prima scrematura. Con questo sistema per seccare le castagne si impiegano dai 35 ai 40 giorni… Basti dire che con un ciclo industriale ne sono sufficienti quattro! È ovvio che le castagne perdono di qualità…
Oltre alla nostra guida interviene anche il mugnaio, che ci mostra le macine in azione, ci spiega i tipi di farina prodotti e ci accompagna con paziente esperienza in un mondo per noi quasi sconosciuto, ma molto affascinante.
h. 12.30 Rocca di Vernio
Risalendo la strada dal Mulino, lasciamo l’auto in uno spiazzo e proseguiamo a piedi lungo la Strada Vicinale Sassetta, che in una decina di minuti ci conduce alla nostra tappa successiva… La passeggiata è molto piacevole, con begli scorci sulle montagne e sulla valle.
L’interno della rocca non è visitabile (se non accordandosi con i proprietari), ma il suo palazzo possente è di grande impatto; alcune targhe ci informano di momenti importanti della storia del luogo, come la nascita nel 1106 di Santa Berta, abbadessa benedettina vallombrosana, o il passaggio di proprietà dai Conti Alberti ai Bardi nel Trecento o la presenza della Rocca nel X secolo sotto i Conti Cadolingi. I lunghi restauri che hanno riportato l’edificio allo splendore di un tempo sono stati voluti dal Conte Franco Santellocco e, iniziati nel 1994, sono terminati solo nel 2009.
La strada che abbiamo percorso, completamente asfaltata e che costituisce una deviazione prima di entrare nell’abitato di Sassetta, ci conduce alla zona settentrionale del castello, dove era presente una porta, demolita nel dopoguerra e della quale rimangono solo le tracce degli stipiti.
La Rocca di Vernio dette il nome alla zona e dominava sopra gli abitati di San Quirico e Sasseta; attualmente della struttura fortificata non restano che le tracce, anche se si continua ad indicare come rocca il palazzo comitale e il gruppo di case circostanti, all’interno del castello. Oggi residenza privata, la Rocca ebbe importanza militare come risulta dagli statuti trecenteschi del feudo. In origine il castello era vasto e ben strutturato per la difesa; la parte militare fu però distrutta a più riprese fra XIV e XV secolo durante le lotte che afflissero il territorio di Vernio. I ruderi sono ancora visibili e da questi si può dedurre la vastità del complesso originale. II borghetto medievale è invece intatto e ben conservato. È costituito dalla residenza dei feudatari e da una Cappella dedicata a Sant’Agata, costruita nel 1556 e notevolmente rimaneggiata nel 1706.
La Rocca di Vernio si inserisce all’interno di un percorso costituito da quattro fortificazioni e denominato la Via delle Rocche, che unisce Montemurlo alla Val di Bisenzio. Noi ne avevamo già visitata una: la Rocca di Cerbaia!
L’ora del pranzo si sta avvicinando, come ci ricordano anche le allegre famiglie riunite nell’aia accanto alla rocca, intente ad allestire la tavola per la grigliata domenicale… Riprendiamo la strada del ritorno per dirigerci verso il cuore della Fiera di San Giuseppe…
h. 13.30 Fiera di San Giuseppe (Mercatale)
Secondo la tradizione la Fiera che si svolge ogni anno a Vernio segna l’avvio dei lavori nei campi e della primavera. In origine, infatti, il giorno deputato alla festa era la prima domenica dopo il 19 marzo, ma quest’anno il Comune di Vernio e l’Unione dei Comuni della Val di Bisenzio hanno deciso di posporre la data, così da apprezzare ancor di più l’atmosfera primaverile. La Fiera si è tenuta nel weekend del 15 e 16 aprile, così abbiamo potuto godere anche noi di alcune delle iniziative (la visita guidata al Mulin de’ Fossi), della graziosa spilletta ricordo (adesso attaccata al mio fedele zaino) e del mercato nella piazza centrale di Mercatale.
Il programma ha previsto numerosi eventi, come aperture straordinarie, passeggiate nella natura, laboratori per bambini, oltre al grande mercato che ha posto i propri banchi tra Mercatale di Vernio e San Quirico. Quali prodotti era possibile acquistare? Ovviamente quelli tipici della Val di Bisenzio e zone limitrofe, come miele, formaggio, olio, dolci e salati, articoli da giardino, piante e fiori, persino animali! Mi pare degno di nota il fatto che l’organizzazione e la gestione del Mercato della Fiera siano stati curati da Appennino Slow, partner della manifestazione.
Abbiamo parcheggiato a Mercatale e dato un’occhiata agli stand in piazza: purtroppo per celiaci non c’erano alternative, ma io avevo un fedele panino e mi sono accontentata di un piattino di patatine fritte; Lorenzo, invece, ho preso alcune focacce farcite allo stand dell’Antico Forno Belliti, che vanta oltre un secolo di attività (dal 1901). Prima di ripartire ci siamo fermati al Bar Italia per un caffè e un dolcetto (ne avevano pure alcuni confezionati senza glutine!).
h. 15.30 Vaiano
Vaiano ci accoglie quasi deserto: lasciamo l’auto in una strada laterale alla Badia di San Salvatore e facciamo una passeggiata tra le vie del centro, tra cui la caratteristica Piazzetta della Viaccia. Dopo il caos della Fiera, il silenzio è per noi una vera oasi di pace…
La principale attrazione che vogliamo visitare è la Badia di San Salvatore, edificata nel IX-X secolo e più volte rimaneggiata, con il relativo museo, la cui apertura è prevista per le 16. Rimaniamo piacevolmente colpiti sia dall’esterno della chiesa e della piazza sia dalla ricchezza e dalla cura che caratterizzano le sale espositive. Qui potete leggere l’articolo dedicato.
Uscendo dal paesino di Vaiano possiamo dare un’occhiata alla Fontana dedicata al Bisenzio, intorno al quale, infatti, il borgo si sviluppa. Non si tratta di una grande opera d’arte, ma è stata realizzata dagli insegnanti e dagli studenti dell’Istituto d’Arte di Sesto Fiorentino ed è in grés smaltato, con colori che danno prevalentemente sull’azzurro, a evocare le acque del fiume. Sullo sfondo smaltato brillano alcune pietre dure: acquemarine, turchesi, quarzi rosa e ametiste intervallate da feritoie rotondeggianti, da cui l’acqua zampilla (o dovrebbe zampillare, dato che quando siamo passati noi la fontana non era in funzione).
h. 17.30 Villa Vai al Mulinaccio
Prima di dirigerci verso casa ci fermiamo per un’ultima sosta: a pochi minuti in auto dal centro di Vaiano sorge la villa che fu fatta edificare da Cosimo Sassetti tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento: Villa Vai al Mulinaccio. Purtroppo, possiamo ammirarla solo dall’esterno, ma tanto ci basta per intuirne l’eleganza e la bellezza del giardino…
Questa dimora divenne proprietà degli Strozzi e dal 1661 della famiglia Vai, che ne fece una vasta tenuta con circa trentasei poderi.
Il grande complesso si sviluppa intorno ad un cortile laterale sul quale si affacciano la villa e gli annessi, i locali della falegnameria, quelli per la frangitura delle olive e i lavatoi. Dal cancello possiamo scorgere il giardino murato, realizzato tra il 1737 e il 1738; sul fondo di esso è presente un elegante ninfeo a tre nicchie, ornato da mosaici e madreperle e coronato da vasi in terracotta.
In angolo possiamo notare l’oratorio, costruito intorno al 1722 e dedicato a Sant’Antonio Abate. Al suo interno vi sono alcune statue settecentesche di arte locale pratese che raffigurano Sant’Antonio da Padova con Bambino e una Vergine Assunta in terracotta. Sull’altare si nota una tela raffigurante una Madonna col Bambino tra i Santi Giovanni Evangelista e Sant’Antonio Abate commissionata ad Antonio Marini nel 1845 da Giuseppe Vai.
La villa è adesso di proprietà del Comune di Vaiano ed è utilizzata per eventi e cerimonie; è visitabile in occasioni particolari, ad esempio durante le giornate di apertura delle Case della Memoria. La tenuta, infatti, appartiene a tale circuito in quanto residenza del navigatore Filippo Sassetti (1540-1588). Ci ripromettiamo, quindi, di tornare presto…
Il nostro weekend si è concluso: da non perdere, prima di arrivare a Vaiano, un bellissimo scorcio della Rocca di Cerbaia, che avevamo ammirato da vicino durante uno dei nostri trekking della zona. La Val di Bisenzio è ricca di storia, borghi ameni, tradizioni e perle nascoste, tutte da scoprire!
INFORMAZIONI
- Comune di Vernio: https://www.comune.vernio.po.it/
- Mulin de’ Fossi: https://www.italia-italy.org/loc13806-cosa-vedere-vernio/mulin-de-fossi-vernio
- Rocca di Vernio: https://www.pratoturismo.it/it/cosa/itinerari/Fortificazioni/rocca-di-vernio/
- Fiera di San Giuseppe: https://www.sagretoscane.com/fiere-mercati/po/vernio/antica-fiera-di-san-giuseppe.html
- Antico Forno Belliti: https://restaurantguru.it/Antico-Forno-Belliti-Prato
- Bar Italia: https://www.facebook.com/bar.italia.vernio/?fref=ts
- Vaiano: https://www.pratoturismo.it/it/cosa/luoghi-da-vedere/comune/vaiano/
- Prato Turismo: https://www.pratoturismo.it/it/cosa/luoghi-da-vedere/comune/vaiano/badia-di-san-salvatore-e-museo
- Rete dei Musei di Prato: https://www.retemuseidiprato.it/museo/museo-della-badia-di-vaiano/
- Villa Vai al Mulinaccio: https://www.comune.vaiano.po.it/amministrazione/aree-amministrative/cultura-e-promozione-del-territorio/villa-del-mulinaccio
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