Grandi Classici Libri

“IL BOSCO DEGLI UROGALLI” DI M. RIGONI STERN

Racconti di montagna

Divorato in pochissimi giorni all’inizio di agosto 2022, non potevo che leggere questa raccolta di racconti in montagna, a Cavalese in Trentino, dove abbiamo trascorso alcune settimane di vacanza. Non a caso mia mamma me lo ha regalato proprio il giorno della partenza, portandomelo persino a lavoro il 21 luglio, dopo essersi affannata a trovarlo velocemente ed essendo andata fino alla libreria IBS, in centro a Firenze, perché non aveva il tempo di ordinarlo nel suo negozio di quartiere.

Mario Rigoni Stern, Il bosco degli urogalli.

Prima di questo momento non avevo mai pensato di leggere Rigoni Stern, che conoscevo solo di nome, per il suo romanzo più famoso (e più scolastico), Il sergente nella neve. Sbirciando il libro, ho subito notato l’introduzione di Paolo Cognetti, noto autore di montagna, che mi ha immediatamente ben predisposta e incuriosita; tuttavia, non mi aspettavo qualcosa di particolare…

  1. Sinossi;
  2. L’autore;
  3. Cosa ne penso?

Uno dei tratti che maggiormente mi ha colpita di questa raccolta è la presenza del bosco come un vero protagonista, domina la narrazione in qualità di personaggio vivente; non si tratta di un semplice ambiente, un paesaggio, un contesto, una mera scenografia per l’azione degli uomini. Il bosco è fondativo dell’identità di ciascuno, si insedia all’interno dei narratori e ogni personaggio se lo porta dentro. Determina, quindi, chi sono gli uomini, da quali valori sono mossi e quali relazioni coltivano, come scelgono e come pensano, il modo in cui interpretano la realtà e gli avvenimenti. Il bosco è una cura, una salvezza; è al tempo stesso selvatico e ospitale, per chi sa conoscerlo e lo rispetta quale forza naturale, primitiva e arcana.

Nei racconti la montagna, onnipresente, si intreccia con due temi fondamentali: la guerra, declinata quale ritorno dai lager o nella resistenza dei partigiani, e la caccia in ogni sua declinazione, dalla separazione e dalla mancanza di essa, all’attesa, all’azione vera e propria contro diversi tipi di animali, come gli urogalli, un gallo furbo, la volpe, fino alla conclusione della stagione.

“(…) era per sentirsi parte di quella natura: neve, bosco, freddo, notte, silenzio, animali. Una maniera di vivere che forse in qualche parte del mondo c’è ancora.”

P. 93

Il bosco e la montagna sono presenti persino nei racconti ambientati lontano da essi, come quello che narra dell’emigrazione in America e del ritorno in patria nella vecchiaia oppure la storia incentrata sul concorso pubblico a Roma, in cui la città è diversa e aliena rispetto al paesino di montagna da cui proviene il protagonista, che non riesce a comprendere la capitale finché non identifica l’odore dei suoi alberi…

Sebbene il Sergente nella neve sia stato il primo libro pubblicato in ordine cronologico (1953), Paolo Cognetti sostiene che il vero “atto di nascita del nostro più grande scrittore di montagna” (p. X) sia stato l’uscita de Il bosco degli urogalli, nel 1962. Esso si colloca quale primo esempio di nature writing italiano: Stern amava il bosco selvatico, che per lui era sinonimo di salvezza.

Mario Rigoni Stern, Il bosco degli urogalli.


Lo stile di Rigoni Stern è semplice, diretto, ma non privo di poesia. Non è appesantito da inutili orpelli, ma riesce a descrivere perfettamente ambienti e persone, dipingendoli con semplici e inequivocabili tratti e dimostrandoci come a volte siano sufficienti poche parole, scelte con cura. Ciò che l’autore tratteggia sulla pagina affiora negli occhi del lettore, che procede spedito tra le pagine, con facilità e una certa piacevolezza, la quale non cessa del tutto neppure quando vengono affrontati i temi più duri, tristi, dolorosi… In modo spontaneo e schietto, persino questi diventano comprensibili e alla portata di tutti.

Non ci stupisce che la scrittura di Stern fosse particolarmente amata da Primo Levi, il quale gli scrisse una lettera di complimenti, poiché egli andava “ad inserirsi in un vuoto, in una lacuna della nostra letteratura, così povera di esperienze di vita e di odore di natura. (…) così si deve scrivere, è il modo più serio e onesto e, se si guarda bene, in un certo modo anche il più facile.” (p. X) Queste parole segnarono l’inizio di un’amicizia fondata sulla condivisione di valori comuni, sulla necessità di ricordare e testimoniare gli orrori vissuti durante la Seconda guerra mondiale, ma anche sul piacere delle relazioni umane e della montagna.

Come Primo Levi, anche Rigoni Stern si inserisce all’interno della letteratura dedicata alla memoria della Seconda guerra mondiale, in particolare al ritorno del soldato in patria. Tuttavia, lo fa in modo molto particolare, attingendo all’esempio di Hemingway. La formazione letteraria di Stern, infatti, iniziò solo dopo la guerra, quando divenne responsabile della biblioteca degli ex combattenti di Asiago, suo paese natale. Così conobbe e si innamorò di Hemingway, da cui prese a modello la lingua limpida e spoglia, ma si rispecchiò anche nell’idea che la natura, fosse essa la foresta o l’oceano, potesse guarire, accogliere, fortificare.

Mario Rigoni Stern, Il bosco degli urogalli.

Stern, dunque, guardò da un lato alla letteratura americana, con Hemingway ma anche Thoreau, Melville, London, e dall’altro a quella russa di Tolstoj, Turgenev e Čhecov. La sua scrittura non è facilmente collocabile nel panorama della letteratura italiana del secolo scorso, ma appartiene, piuttosto, a quella delle Alpi, zona di mescolanze e internazionalismo.
Stern rimase fedele alle sue montagne: pur invitato a trasferirsi a Milano, scelse di rimanere nel suo piccolo paese, dove si sposò e costruì una famiglia, abbandonando il progetto di emigrare in Australia come altri compaesani, e condusse una vita ordinaria, impiegato all’ufficio delle imposte e poi al catasto. La sua fu una scelta anche di protesta: mentre le montagne si spopolavano, decise di rimanere e resistere.

Oltre cinquant’anni dopo, non possiamo che essere lieti di tale caparbietà, che ci ha permesso di godere di racconti come quelli qui pubblicati. Essi sono anche un monito a chi siamo, in connessione con la natura, il bosco, gli animali; siamo umani, ma la nostra esistenza può continuare solo in dialogo con quella del mondo che ci ospita, che dobbiamo rispettare e con il quale dobbiamo vivere in equilibrio. Solo così potremo salvarci, persino da noi stessi.

L’AUTORE

Nato ad Asiago nel 1921, dove morirà 87 anni più tardi, si arruolò tra gli Alpini e combatté durante la Seconda guerra mondiale in Francia, Albania, Grecia e Russia. Durante la tragica ritirata del 1943 fu fatto prigioniero e trascorse due anni nei lager. Fuggito e tornato in patria, divenne impiegato e si costruì una famiglia; dal 1970 si dedicò esclusivamente alla sua attività di scrittore.

SINOSSI

La raccolta unisce 12 storie di cacciatori, animali selvatici, cani e montagna. Nei diversi racconti emerge il bosco, tanto amato da Stern, narrato insieme alla caccia all’alba o nel gelo della notte oppure declinato quale luogo di ritorno dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale.

IL LIBRO

Mario Rigoni Stern, Il bosco degli urogalli, Einaudi, Torino, 2022.
> https://www.einaudi.it/catalogo-libri/narrativa-italiana/narrativa-italiana-del-novecento/il-bosco-degli-urogalli-mario-rigoni-stern-9788806257538/


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